Il taglio delle pensioni ai regionali: non si possono colpire i diritti acquisiti. Ma lo faranno…

L’INGHIPPO CHE CONSENTIRA’ LA PUBBLICAZIONE E L’APPLICAZIONE DI UNA LEGGE REGIONALE INCOSTITUZIONALE E’ TUTTO NELLA STRANA CONDIZIONE IN CUI SI TROVA OGGI L”UFFICIO DEL COMMISSARIO DELLO STATO PER LA SICILIA…

Saremo, come al solito, un po’ testardi: ma a noi i discorsi del presidente della Regione, Rosario Crocetta, e dei ‘giuristi’ che lo consigliano non ci convincono proprio.

Ieri, a Sala d’Ercole, il presidente dell’Ars, onorevole Giovanni Ardizzone, che nell’attuale agone politico ha il ‘grande difetto’ di aver studiato Giurisprudenza, ha detto una cosa che non avrebbe dovuto nemmeno dire nel Parlamento siciliano: e cioè che il tetto degli stipendi dei dipendenti regionali non può essere inferiore a quello dei dipendenti pubblici dello Stato, perché una legge regionale che prevede una cosa del genere viola l’articolo 14 dello Statuto siciliano.

Invece la legge è stata approvata lo stesso. Forse perché ormai, all’Ars, le leggi le ‘pensano’ i chimici e i filosofi. E sempre da queste due categorie ‘benemerite’ deve essere arrivata l’articolo di legge che taglia le pensioni di chi è già in quiescenza!

Stando alla Legge, un diritto acquisito non può essere messo in discussione. Invece, ieri, Sala d’Ercole, oltre ad aver violato l’articolo 14 dello Statuto, ha anche violato un principio cardine del nostro ordinamento: ha ridotto le pensioni di un certo numero di dipendenti regionali già in pensione.

Attenzione: qui il tema non è se ridurre o meno le indennità e le pensioni. Il tema è la modalità, totalmente fuori legge, con la quale si sta procedendo.

Il tetto di 160 mila euro introdotto in Sicilia è più basso del tetto introdotto dal Governo Renzi, che è pari a 250 mila euro. D’accordo, parliamo di dirigenti: ma perché i dirigenti della Sicilia dovrebbero guadagnare meno dei dirigenti nazionali?

Sulle pensioni, poi, la violazione è ancora più pesante, perché si tratta, come già accennato, di un diritto acquisito.

Che succederà, adesso? Proviamo a indovinare.

La legge regionale che introduce il tetto alle retribuzioni e riduce le pensioni è incostituzionale. Ma sull’Ufficio del Commissario dello Stato pesa il bizzarro pronunciamento – che a quanto pare si sta rilevando ‘opportuno’ – della Corte Costituzionale che, con un ritardi di oltre 60 anni, ha scoperto che, con il ‘seppellimento’ dell’Alta Corte per la Sicilia, anche l’Ufficio del Commissario dello Stato va messo in discussione.

In attesa che la Corte Costituzionale si pronunci sull’Ufficio del Commissario dello Stato per la Sicilia, lo stesso Ufficio, tra qualche giorno, potrebbe inviare a Roma la legge approvata ieri dall’Ars. Voi pensate che qualcuno, a Roma, certifichi l’oggettiva incostituzionalità di una legge regionale che viola l’articolo 14 dello Statuto e si mette sotto i piedi il diritto acquisito da chi è già in pensione?

Morale: Roma lascerà passare in cavalleria in 5 giorni. E una legge incostituzionale verrà pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Regione.

Attenzione: lo Stato, lasciando trascorrere cinque giorni, non avallerà l’incostituzionalità della legge. Di fatto, se ciò accadrà, si limiterà a scaricare sulle spalle della Giurisdizione il compito di stabilire chi ha ragione e chi ha torto. Perché, ovviamente, soprattutto sul taglio delle pensioni, si abbatterà una pioggia di ricorsi.

Ovviamente, la legge approvata ieri da Sala d’Ercole entrerà in vigore. I dipendenti della Regione – in questo caso alcuni dirigenti – si ‘sciropperanno’ il tetto dei 160 mila euro l’anno. E potrebbero presentare anche ricorso.

Ai pensionati “d’oro”, come li ha chiamati il presidente della Regione, Rosario Crocetta, verranno tagliate le pensioni. E questi – ci possiamo mettere la firma – presenteranno ricorso (potrebbero essere quasi 200 o giù di lì).

Lo scorso febbraio, commentando i ‘numeri’ della ‘bozza di Bilancio e Finanziaria 2014, abbiamo ipotizzato che i soldi per pagare i circa 100 mila precari sparsi tra Uffici della Regione e uffici del Comune (i precari delle ex Province siciliane sono stati abbandonati del tutto) non li avrebbe tirati fuori lo Stato, ma sarebbero stati presi, in parte, dalle tasche dei dipendenti regionali.

La nostra previsione si è rivelata esatta: da un anno la stragrande maggioranza dei dirigenti regionali è senza contratto. Ora si tagliano gli stipendi ai dirigenti.

Quello che non abbiamo previsto – perché, in effetti, non abbiamo la ‘fantasia’ per pensare che una violazione di legge possa essere trasformata in legge regionale – è che a pagare sarebbero stati chiamati anche i pensionati. In questo, lo dobbiamo dire con onestà intellettuale, la ‘fantasia’ del Governo Crocetta e quella dei suoi ‘giuristi’ è andata ben al di là della nostra fantasia. 

Come finirà? Se in Italia c’è ancora uno Stato di diritto, i pensionati non potranno non avere riconosciuto i propri diritti.

p.s.

Tutto questo ‘casino’ delle pensioni regionali nasce dal fatto che non c’è un fondo pensioni della Regione. O meglio: c’è, è stato ripristinato nel 2009. Ma la Regione siciliana non l’ha mai fatto funzionare come dovrebbe. Il risultato è che le pensioni dei dipendenti regionali si pagano con il Bilancio della stessa Regione. Un’anomalia introdotta ai tempi di Piersanti Mattarella e mai sanata.

Il taglio alle pensioni è anche una sorta di ‘punizione’ per quei dirigenti regionali del passato che non hanno mai pensato a costituire un vero fondo pensioni per tutelare se stessi. Non che avrebbero dovuto prevedere l’arrivo di Crocetta e dei suoi ‘giuristi’. Ma una maggiore autotutela avrebbero potuto ipotizzarla.

 


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