Formazione, la strana storia dell’Efal provinciale di Messina e Catania

ASSUME I CONTORNI DI UNA STORIA DAL SAPORE KAFKHIANO. DA UN LATO I LAVORATORI CHE PROTESTANO E SI RIFIUTANO DI LAVORARE GRATIS. DALL’ALTRO IL GOVERNO REGIONALE CHE DISTRATTO PARE ATTENDERE I RISULTATI DELLA MAGISTRATURA

L’Efal provinciale di Messina è ente credibile e meritevole del finanziamento per l’avvio delle attività formative finanziate con il Piano giovani, almeno secondo il Governo regionale che ha assegnato oltre un milione di euro di finanziamenti all’ente messinese.

Non è così, però, per i ventotto lavoratori che, costituitisi in comitato spontaneo, sono entrati in sciopero ad oltranza ed hanno scritto al presidente, Rosario Crocetta, e l’assessore alla Istruzione e Formazione professionale, Nelli Scilabra, per chiedere l’intervento diretto nei confronti dell’ente accusando di reiterate violazioni amministrative e contabili.

I dipendenti non percepiscono le spettanze pari a nove mensilità, maturate tra il 2008 ed il 2012, come sancito dalla diffida accertativa dell’Ispettorato provinciale di Messina. Ed ancora il personale dipendente ha maturato e non riscosso le mensilità dal febbraio del 2013 ad oggi, oltre agli arretrati contrattuali relativi al periodo 1998/2003. Una situazione chiara che avrebbe meritato interventi immediati per arginare la gestione fallimentare dell’Ente messinese. Però…

Ad onor del vero, nel rivolgersi al Governo regionale, i lavoratori dovrebbero sapere che si tratta degli stessi interlocutori istituzionali che avrebbero dovuto, attraverso gli uffici centrali e periferici dell’amministrazione regionale, controllare l’attività dell’Efal ed impedire il perdurare degli inadempimenti perpetrati fino ad oggi. Gli stessi interlocutori istituzionali che hanno, al contrario, premiato l’ente finanziandolo ed autorizzandolo all’avvio delle attività formative anche per l’anno 2013/2014.

Di fronte a tale scenario a cosa serve l’appello dei ventotto lavoratori? Per dovere di cronaca riportiamo il passaggio della lettera dove i dipendenti dell’Efal chiedono giustizia agli interlocutori del Governo regionale.

“Nella infinita attesa che gli organi competenti giungano ad accertare e sanzionare eventuali illeciti commessi dall’Ente, i lavoratori, avviluppati nel dramma della sopravvivenza quotidiana, rivolgono il loro appello al Presidente della Regione Rosario Crocetta e all’Assessore all’Istruzione e Formazione Nelly Scilabra affinché, in linea di coerenza con il loro programma di governo improntato alla realizzazioni di drastici cambiamenti nella gestione della Formazione professionale in Sicilia, intervengano in tempi brevi per porre fine ad una situazione di scandaloso immobilismo in cui le vittime sacrificali sono, ancora una volta, i lavoratori e le loro famiglie”.

Per come sono incastrate le cose appare sempre più verosimile che le risposte possano arrivare dalla magistratura che, anche in questo caso, starebbe operando meticolosamente per accertare i fatti.

Ripercorriamo le tappe che hanno portato i ventotto lavoratori dell’Efal ad intraprendere la strada dello sciopero ad oltranza interessando, con una lettera dove vengono denunciate le inadempienze continue e perpetrate dell’ente a danno del personale dipendente, il presidente della Regione Crocetta e l’assessore Scilabra. E partiamo proprio dal riferire come il 9 dicembre 2013 l’Efal abbia ottenuto un finanziamento di oltre un milione di euro per la nuova attività formativa, che però non è mai stata avviata.

Eppure lo stato di salute dell’Ente non faceva pensare affatto ad una assegnazione da parte della Regione siciliana di oltre un milione di euro, ed aggiungiamo che gli uffici dell’assessorato non potevano non sapere. Diversi erano stati i segnali che qualcosa all’Efal di Messina proprio non andava. Anzi, a ripercorrere i fatti, ripresi sia nella lettera firmata dai lavoratori che richiamati in un verbale di assemblea dei dipendenti riunitisi in comitato spontaneo. Fatti che dimostrano come l’Efal, con ogni probabilità, avrebbe dovuto essere revocato già da alcuni mesi, definanziato ed il personale assegnato magari al Ciapi di Priolo, oppure ricollocato presso altri enti formativi virtuosi.

Invece ad aprile 2013 la Regione avvia il procedimento di revoca dell’accreditamento ed a dicembre dello stesso anno assegna oltre un milione di euro pur nello stato precario in cui riversavano i lavoratori senza lavoro e senza spettanze. Un fatto grave che deve far riflettere tutti. Non è così che si fa la ‘rivoluzione’ della formazione professionale, questa assomiglia più ad una macelleria sociale.

Dicevamo che gli uffici non potevano non sapere dato che, già nell’aprile del 2013, l’Amministrazione regionale aveva avviato il procedimento di revoca dell’accreditamento nei confronti dell’Ente, concedendo al medesimo il termine perentorio di 30 giorni per il deposito di ‘memorie e documenti difensivi”. È trascorso un anno da quel momento ed il tempo trascorso è servito solamente per scoprire che non solo l’ente non ha superato le criticità relative alle gravi irregolarità amministrative e contabili, ma ha addirittura ottenuto, a mo’ di premio, oltre un milione di euro da gestire. Sì, proprio così, un premio assegnato dalla Regione siciliana a chi non paga nessuno, né lo Stato (in riferimento è alla situazione debitoria nei confronti dell’Inps di Messina), né i dipendenti od i terzi fornitori.

È possibile che in un clima di caccia alle streghe si finanzi un ente che non paga lo Stato? E i controlli? La mano destra non sa quello che fa la mano sinistra? ? forse questa la rivoluzione legale e trasparente dell’esecutivo Crocetta?

Lo ripetiamo, se da un lato gli uffici dell’Amministrazione regionale hanno proceduto all’accertamento di un debito in capo all’Efal relativo a tre mensilità maturate nell’anno 2011, sulle nove complessivamente rivendicate dal personale per il periodo 2008/2013, come possono autorizzare l’accesso dell’ente al finanziamento a valere sul Piano giovani?

Circostanza davvero strana ed allarmante, perché getta una montagna di fango sul sistema di controllo che sistematicamente si incepperebbe. E allora c’è da chiedersi: la mancata vigilanza è un caso fatale oppure volontà di qualcuno? I fatti dimostrerebbero, intanto, come gli uffici non riescano ad accorgersi che un ente in via di revoca dell’accreditamento e con una pesante diffida accertativa da parte degli ispettori del Lavoro di Messina non possa e non debba essere destinatario di nemmeno un euro di finanziamento.

Era chiara e risaputa all’Amministrazione regionale la grave situazione debitoria dell’ente, sia nei confronti di terzi, sia – specialmente – nei confronti del personale, a titolo di retribuzioni e di contributi previdenziali: questi ultimi addirittura nemmeno comunicati all’INPS a far data dal mese di agosto 2013. Eppure non sarebbero bastati né il procedimento di revoca avviato nell’aprile 2013, né la diffida accertativa sulle irregolarità amministrative e contabili.

Anche l’azione dei sindacati Uil e Cisl, che attraverso le rappresentanze aziendali hanno più volte sensibilizzato le istituzioni preposte al controllo circa lo stato precario dei lavoratori, è servita a poco.

Per una situazione similare e forse meno ingarbugliata il Governo regionale però non ha esitato a chiudere l’Ial Sicilia, il più grande ente formativo siciliano gestore di oltre ventuno milioni di finanziamento per l’erogazione di attività formative con l’utilizzo di oltre seicento unità lavorative. C’è da chiedersi: quale il significato di questa diversa velocità nell’azione amministrativa? Non è che gli enti di formazione abbiano diversi pesi a seconda di chi ci sta dietro? I tempi relativi alla chiusura e revoca dell’accreditamento dipendono forse dal colore politico dell’ente?

Proprio un anno fa il presidente della Regione, Rosario Crocetta, annunciava al mondo intero la fine di un era nel mondo della formazione professionale in Sicilia e l’inizio della rivoluzione nel settore, appassionando gli operatori e l’opinione pubblica. “È finito il pozzo di San Patrizio”, aveva dichiarato soddisfatto il governatore che, con la fedelissima assessora alla Formazione professionale Scilabra avevano mostrato il pugno di ferro contro enti di formazione e affaristi che spadroneggiavano in un settore caratterizzato dal più totale caos, sia nei finanziamenti sia nei corsi che nel rispetto delle disposizioni normative in vigore.

Con orgoglio il governatore aveva sbandierato i primi dati sulla pulizia iniziata nella formazione professionale. “235 gli enti già cancellati, su più di 2.200, e sono già 43 quelli che hanno il procedimento in corso per inadempienze retributive verso i lavoratori”, si leggeva sui giornali dell’epoca”. E poi cos’è successo? Nel caso dell’Efal provinciale di Messina i fatti non dimostrano quanto affermato più volte dal presidente Crocetta. Altro che rivoluzione!

Eppure i presupposti per l’immediata revoca dell’accreditamento si rilevano da quanto accaduto. Violazione delle norme, disapplicazione degli istituti del Contratto collettivo di lavoro del settore, mancato riconoscimento delle retribuzioni al personale dipendente, mancato versamento degli oneri all’INPS e pare anche una nuova assunzione in barba al blocco al 31 dicembre 2008 sancito da una delibera di giunta regionale del giugno 2013. Un miscuglio esplosivo che però non ha sortito alcun effetto.

Anzi, l’Efal alla fine del 2013 è stato finanziato con circa un milione di euro. Mah! Non facciamo che dietro e eventuali e probabili strane resistenze sulla revoca dell’accreditamento all’Efal di Messina, il suo rallentamento nell’iter amministrativo finalizzato alla chiusura, vi sia dietro il condizionamento di qualcuno più o meno riconducibile sempre al PD, il partito che governa la Formazione in Sicilia? Alcune indiscrezioni porterebbero al tentativo dell’attuale amministratore unico dell’ente, l’avvocato Enrico Favara, volto a vendere l’Efal di Messina alla stessa società che ha aveva già acquistato nel 2012 l’ente provinciale di Catania. Sarà così?

È davvero strana la storia dell’Efal provinciale di Messina. Proviamo a far luce su alcuni aspetti davvero interessanti. Vediamo di capirci qualcosa, dato che oltre a Messina risulta attivo un filone d’inchiesta presso la procura della Repubblica di Catania che potrebbe, verosimilmente, toccare anche questa vicenda. Tanto per cambiare è sempre la Provincia di Messina al centro delle inchieste sulla gestione allegra della Formazione professionale.

Questa volta Francantonio Genovese, l’asso piglia tutto, l’esponente di spicco del PD siciliano e messinese, proprio non c’entra nulla con le vicende dell’Efal provinciale di Messina. Sì, proprio perché l’Efal provinciale di Messina non è citata nella lunga ordinanza del giudice Gianni De Marco, ovvero la richiesta di custodia cautelare avanzata nei confronti del parlamentare Genovese.

L’Efal provinciale di Messina però ha a che fare con la sorte toccata alla cugina di Catania, posta frettolosamente in liquidazione e ceduta ad una società cooperativa catanese. Pare proprio che l’Efal provinciale di Messina in una certo qual modo possa entrare di diritto nella galassia degli enti formativi, a vario titolo, gestiti da esponenti riconducibili al Partito Democratico, questa volta di Catania. E qua sarebbe centrale il ruolo dell’avvocato Enrico Favara.

Il professionista attualmente, come dicevamo, è amministratore unico dell’Efal provinciale di Messina dopo essere subentrato al presidente Nicolò Papa. Stessa carica ricoperta dal Favara anche nella società FM Forma Mentis Catania che, insieme a St&T, St Ricerca, St Formazione, Gps e la cooperativa Reti costituiscono il Consorzio Strec che si dice essere molto vicino ad una storica organizzazione sindacale ed al PD etneo.

L’anello di congiunzione dei rapporti politici e familiari, all’interno del quale l’avvocato Favara gestisce a Messina l’Efal ed a Catania la società cooperativa FM Forma Mentis, è proprio il Consorzio Strec. Una sorta di contenitore dove affluiscono, direttamente e attraverso le strutture consorziate, migliaia di ore formative corrispondenti a milioni di euro da gestire. Società del Consorzio Strec molto chiacchierate per la gestione dei corsi di formazione professionale.

È un caso che sia stata la società cooperativa FM Forma Mentis a subentrare nelle attività formative all’Efal provinciale di Catania? La cessione di ramo d’azienda tra l’Efal e la subentrante società cooperativa FM Forma Mentis è avvenuto in diversi passaggi, tutti accolti dall’assessorato regionale all’Istruzione ed alla Formazione professionale. È con decreto dirigenziale n.1083 del 26 marzo 2012 che il dipartimento regionale della Formazione professionale prende atto dell’avvenuta cessione del ramo d’azienda dall’organismo Efal provinciale di Catania alla società cooperativa FM Forma Mentis con sede in Catania, come da atto pubblico redatto dal notaio Paolo Di Giorgi.

La presa d’atto della avvenuta cessione, al completamento dell’iter istruttorio, arriva il 26 aprile 2012 con il decreto dirigenziale n.51 a firma della dottoressa Maria Letizia Di Liberti, dirigente generale dell’Agenzia regionale per l’Impiego, l’orientamento, i servizi e le attività formative.

La Società cooperativa FM Forma Mentis pur essendo stata costituita nel 2008 sembra iniziare ad operare concretamente a partire dal 2012. E la circostanza si collega perfettamente con l’operazione di acquisizione dell’Efal provinciale di Catania, quando, con il citato decreto dirigenziale, ne ingloba finanziamenti e ore formative. Ed è davvero strano pensare che possa trattarsi di una casuale coincidenza se FM Forma Mentis, con sede in via Ughetti, ha una convenzione con la ST&T, che ha sede proprio in Via Ughetti, per seguire l’orientamento didattico.

Inoltre, affermano fonti giornalistiche, che la liquidazione dell’Efal sia controllata e guidata da personale interno alla St&T e che qualche settimana addietro qualcuno ha tentato, invano, di cedere l’Efal a qualche ente del consorzio Strec. Questo spiegherebbe i notevoli ritardi dell’Efal messinese nell’avviare le attività formative nonostante l’ottenimento del cospicuo finanziamento di oltre un milione di euro.

Del resto, l’Efal di Catania, ente di formazione ormai in liquidazione e notoriamente legato al Movimento per l’Autonomia (Mpa) di Raffaele Lombardo, è profanazione statutaria, come ogni sede provinciale dell’ente formativo, del Movimento cristiano lavoratori (Mcl) che peraltro provvede, a tutti i livelli e su scala nazionale, regionale e provinciale alla designazione del presidente alla guida dell’ente di formazione.

Lo stesso Efal al centro della bufera ed i cui finanziamenti in Sicilia sono stati convogliati nei conti personali dei presidenti. Ente di formazione dell’Mcl che ha avuto tra le sue fila anche l’architetto Giuseppe Liga, detenuto per associazione mafiosa, e Carmelo Reale già presidente provinciale dell’Efal catanese e fidatissimo dell’ex presidente della Regione siciliana Raffaele Lombardo. Lo stesso ha ricoperto contemporaneamente il ruolo di direttore del personale al comune durante la sindacatura di Umberto Scapagnini ed alla Provincia proprio con Lombardo presidente e arrestato nel 2010 per lo scandalo Servizi Sociali. Sempre il consorzio Strec è al centro degli intrecci curiosi delle società cooperative Reti e St&T, due società di formazione documentalmente dirette da parenti e amici.

Si raqcconta che tra il 2003 ed il 2007, quando governatore della Sicilia era Totò Cuffaro e Gianni Villari era parlamentare regionale, la società cooperativa Reti ha ottenuto finanziamenti per circa un milione seicentosessantamila euro. Tra i personaggi di spicco passati dalla gestione della citata cooperativa, anche Giacomo Rota, sindacalista della Filt-Cgil e marito di Concetta Raia, deputato all’Assemblea regionale siciliana. Concetta Raia, deputata regionale del PD, già sostenitrice strenua del Governo Lombardo, a suo tempo subentrò proprio al marito nel consiglio di amministrazione di Reti quando questi le lasciò il posto.

La storia recente ci ricorda che è stato proprio Gianni Villari ad essere sostituito da Concetta Raia all’Ars. La società cooperativa Reti condivide sede legale e operativa, dirigenza e intreccio sindacale- familiare con l’altra società di formazione, la St&T. I due enti, come ricordavamo, formano il consorzio, denominato Strec, società consortile a responsabilità limitata, di cui Reti detiene il 40 per cento delle quote e St&T il restante 60.

Oggi Sterc, secondo quanto riportato dal quotidiano sudpress.it, sarebbe il consorzio scatola cinese della Cgil etnea, con ai vertici mogli e figli del gruppo dominante della Camera del Lavoro di Catania. Il consiglio di amministrazione sarebbe composto dagli stessi nomi ai vertici di Reti e St&T, con qualche differenza nella distribuzione degli incarichi.

Le pagine di cronaca giudiziaria, sempre più numerose nel settore della Formazione professionale, vanno assumendo i contorni della vera riforma della Formazione professionale. Quella che a parole più volte ha annunciato il presidente Crocetta. Il dubbio è che, attraverso l’azione efficace di contrasto alla criminalità attuata dalle autorità competenti, l’esecutivo regionale si adagi per puntare successivamente a risalire la china dalle macerie. Potrà mai la giustizia riformare il settore? Quello è compito che ricade nell’azione politica di un governo eletto dai cittadini per governare.

Eppure gli strumenti di controllo e vigilanza non ne sono mai mancati sia al Governo regionale che al parlamento siciliano per far luce sulla gestione dei fondi pubblici e sul perseguimento di finalità istituzionali come l’erogazione della formazione professionale ai siciliani.

I fatti che costellano l’esperienza dell’Efal di Messina confermano il fallimento del Governo regionale sul versante dei controlli e delle procedure amministrative di contrasto a comportamenti inadempienti da parte di taluni enti formativi.


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