Russia, crollano borsa e rublo

LA SITUAZIONE D’INCERTEZZA AGGRAVA LA POSIZIONE DEI MERCATI RUSSI. L’AUMENTO DEL TASSO D’INTERESSE RIDUCE LA CADUTA DELLA MONETA DI MOSCA, MA AUMENTA LE PERDITE DEL MERCATO AZIONARIO

 

 

di Gabriele Bonafede

Con l’ulteriore ribasso di oggi di 1,5% (-2,8 % in tarda mattinata nel MICEX), la borsa di Mosca perde qualcosa come il 19%  circa dall’inizio dell’anno. Si tratta di un crollo segnato soprattutto dall’impatto della crisi ucraina e la decisione di utilizzare la linea dura con l’invasione militare della Crimea da parte di forze armate russe.

Qualcuno disse: “La rivoluzione non è un pranzo di gala”

Il crollo della borsa di Mosca è stato amplificato dalla contemporanea frana del rublo, al quale la Banca centrale russa ha dovuto rispondere con un repentino rialzo dei tassi d’interesse di alcuni giorni fa: dal 5,5% al 7,00%, al fine di limitare le perdite sul mercato dei cambi. Il rublo ha perso infatti il 10,8% del proprio valore rispetto all’Euro dall’inizio dell’anno. Con una discesa repentina dal momento in cui si è aggravata la crisi ucraina, la debolezza del rublo si è confermata con l’intervento militare in Crimea. Solo con il rialzo dei tassi, e verosimilmente con operazioni d’acquisto massiccio del rublo, la Banca centrale russa ha limitato le perdite nel cambio monetario del rublo.

Questo rialzo del tasso d’interesse, se ha preservato parte del valore del rublo, sta anche avendo un impatto negativo sulle performance della borsa di Mosca, già in difficoltà per via della fuga di capitali verso l’estero in un clima d’incertezza dovuto ai movimenti militari e il pericolo di sanzioni.

Miliziani pro Russia in Crimea

Sebbene le stesse sanzioni siano ancora in discussione nel dettaglio, e non possono certo impedire un intervento armato in Crimea e forse anche in Ucraina orientale e meridionale, esse iniziano a farsi sentire sui mercati. Non è un segreto che l’economia russa, ancora molto inefficiente nel panorama industriale e penalizzata da una distribuzione dei redditi molto ineguale, è fortemente asimmetrica: dipende in maniera eccessiva dall’esportazione di energia, principalmente gas e petrolio.

Mentre gli Usa sono chiaramente indipendenti dall’energia russa, l’UE si avvantaggia al momento degli stock accumulati grazie a un inverno tiepido. L’UE, in caso di sanzioni con la chiusura delle importazioni d’energia dalla Russia, avrebbe inoltre il tempo di reperire almeno una parte dell’energia di cui necessita su altri mercati. Viceversa, la Russia non potrebbe facilmente vendere il proprio surplus di energia ad altri partner. Anche il mercato cinese, in questo momento meno vigoroso che in passato, non è detto che possa costituire una valida alternativa.

Carri armati russi ai confini dell’Ucraina

La Cina, preoccupata dai propri indipendentisti (Tibet e Taiwan) non ha infatti dato pieno appoggio alla politica interventista russa a favore dell’indipendenza (o annessione) della Crimea. Semmai il governo cinese ha fatto capire di sostenere il principio dell’inviolabilità dei confini nazionali, compresi quelli ucraini.

I mercati stanno dunque “scontando”, o per meglio dire, anticipando, questi assestamenti, con in più l’ovvia fuga di capitali dalla Russia operata da chi non si fida dei prossimi eventi. Gli operatori sono al momento in una postura di forte vendita degli asset russi, siano essi operatori russi oppure occidentali. La cosa potrebbe durare per un certo periodo di tempo, con momentanei rimbalzi, ma con un trend generale che sembra in discesa.


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