Egregio direttore,
Io e il mio gatto: un pezzo di caciocavallo per due…
Egregio direttore,
Le scrivo per rappresentarle un fatto increscioso accadutomi ieri. Sono rimasto solo in casa. E ho deciso di mangiare un bel piatto di spaghetti.
Avevo messo da parte tre pomodori San Marzano che ‘parlavano’. In padella ho messo tre spicchi d’aglio rosso di Nubia – non so se mi spiego – tagliati a pezzi piccoli. Olio d’oliva cremoso, di Castelvetrano, naturalmente extra vergine: quattro cucchiai abbondanti. E un pizzico di peperoncino della mia pianta. E quattro foglie di basilico, appena raccolto dalla terrazza.
Ho messo sul fuoco l’acqua. Ho soffritto l’aglio, ho messo il pomodoro a tocchetti, il peperoncino e ho lasciato rosolare per qualche minuto.
Ho buttato giù la pasta e – qui l’errore imperdonabile – ho tirato fuori il pezzo di caciocavallo stagionato con la ‘goccia’. Conservato lontano dal frigorifero. Saranno stati 40, forse 50 grammi. Avrebbe dovuto essere il tocco finale ai 150 grammi di spaghetti numero 5.
Ho apparecchiato la tavola: piatto, posate, bicchiere, vino rosso, tovagliolo di carta, grattuggia.
Cucina e stanza da pranzo sono confinanti. Prima di allontanarmi in cucina ho dato un’occhiata ai tre gatti: dormivano.
Mi sono chiesto: porto con me il formaggio in cucina? Era avvolto nel cellofan. Mi sono detto: “Non lo possono aprire. E poi stanno dormendo!”.
Sono andato in cucina. La pasta mi chiedeva ancora un minuto di cottura. Al dente va bene, ma senza esagerare. Ho rimesso sul fuoco il pomodoro soffritto. Ho dato un’occhiata alla tavola: tutto a posto. Ho guardato i gatti: dormivano. E poi, mi sono detto, ricordando i cartoni animati che vedevo in tv da bambino, sono i topi a mangiare il formaggio, non i gatti.
Velocemente – mi parlava il cuore – ho scolato la pasta e l’ho gettata nella padella per mantecarla. Avrò impiegato un minuto e mezzo? Due minuti? Due minuti e mezzo?
So solo che quando con la padella tra le mani mi sono diretto nella stanza da pranzo i gatti sul divano erano due. Ho guardato verso la tavola: il cellofan era sulla tavola, il pezzo di caciocavallo era sparito!
E’ stato un colpo!
Ho cercato disperatamente il gatto. Si era nascosto in un’altra stanza. Il caciovacallo con la goccia era quasi finito. C’era solo la crosta. Una vigliaccata.
Lo sa che significa immaginare per oltre mezz’ora i miei spaghetti con tre pomodori San Marzano che ‘parlavano’, soffritti con l’aglio rosso di Nubia, un pizzico di peperoncino, quattro foglie di basilico appena raccolto, conditi con il caciocavallo stagionato con la ‘goccia’? Riesce a immaginare che significa vedere sfumare, in un minuto, il tocco finale, cioè il caciocavallo?
Che devo fare con questo gatto?
Risposta
Che vuole fare? Il gatto ha fatto semplicemente quello che sa fare: il gatto. E poi, scusi: chi gliel’ha detto che i topi mangiano il formaggio e i gatti no?
Detto questo, ha tutta la nostra solidarietà: vedere sfumare il caciocavallo stagionato – per giunta con la ‘goccia’ – in un piatto di spaghetti con pomodoro San Marzano deve essere stato un ‘colpo durissimo’.
Inutile dirle che il formaggio avrebbe dovuto portarlo con sé in cucina, perché ormai il danno è fatto. Ma il danno l’ha fatto lei, non il gatto. Lo ripetiamo: il gatto ha fatto il suo mestiere.
Lei, anzi, l’ha disturbato andandolo a scovare sotto la poltrona mentre si godeva il suo caciocavallo stagionato. Il gatto l’avrà già perdonato. Così come lei perdonerà ‘lui’.