Si insedia e giura il nuovo consiglio comunale di Catania: tra fiori e applausi (e un solo no), eletti presidente e vice

L’aula non è mai stata così affollata. I vigili urbani a dirigere il traffico. Baci e abbracci e selfie di rito. I vestiti eleganti delle feste, qualcuno arriva con un mazzo di fiori. Qualche minuto prima delle 11, il consigliere anziano (non un anagrafico, ma elettorale) Daniele Bottino prende in mano la campanella: invita tutti a fare silenzio e i consiglieri a prendere posto. Serviranno ancora decine e decine di minuti perché l’invito venga colto. Mentre, intanto, si litiga per il posto migliore. Sono le immagini dall’insediamento del nuovo consiglio comunale di Catania, dopo le elezioni di fine maggio.

Alle 11 inizia un appello informale. Ritardatari Andrea barresi e Paola Parisi, tutti e due di Fratelli d’Italia. La seduta si può aprire. Ognuno al loro posto ci sono il sindaco Enrico Trantino, la giunta, il presidente dell’Ars Gaetano Galvagno, alcuni deputati regionali tra cui Marco Falcone, Giuseppe Castiglione e Giuseppe Lombardo. C’è anche l’ex assessore alla Sanità Ruggero Razza. «Volevo ringraziare i quasi 2400 catanesi che mi hanno votato e che mi hanno dato l’onore di presiedere questa seduta – esordisce Bottino – Abbiamo di fronte molte sfide e il dovere di riuscire a vincerle». Pensa alle periferie e al centro storico. Le sue priorità sono la sicurezza, il decoro e la pulizia. «Sono cresciuto a pane e politica, conosco le difficoltà dei territori e dei catanesi che soffrono: pensiamo a chi ha di meno, a chi lotta per la normalità», conclude.

Si può procede con il giuramento dei consiglieri e del sindaco. Ogni giuramento, un applauso. In alcuni casi scroscianti, in altri più timidi. Dopo alcuni nomi partono anche i cori, sebbene non proprio da stadio. Così per 36 volte in rigoroso ordine alfabetico per quasi 20 lunghissimi minuti. C’è chi ha giurato talmente tante volte che va spedito e chi, più incerto, legge. Si passa alla presa d’atto del giuramento per alzata di mano. Le mani si alzano tutte e l’applauso è collettivo. È il momento di passare al secondo punto all’ordine del giorno: il giuramento del sindaco Trantino. Si alza, indossa la fascia tricolore e – a due mesi e mezzo dalle elezioni e un numero pari di emergenze intercorse – giura. «Il consiglio è il filtro tra la cittadinanza e l’amministrazione, la sentinella della città – dice il primo cittadino – Intendo interpretare il mio ruolo prendendomi cura della città: la mia non è una carica, ma un incarico. Catania – sottolinea – è una città che ha sofferto ma non si è mai fatta piegare dalle calamità del passato e non si farà piegare da mancanza di acqua, energia elettrica o incendi. Siamo più forti di qualunque sventura ci possa capitare. L’obiettivo è fare rinascere la città che è piegata alla logica della rassegnazione, dell’indolenza e della pigrizia», conclude.

E di nuovo alzate di mano e verifiche. Così si arriva al sesto punto: l’elezione del presidente del consiglio comunale con scrutinio segreto. Il primo ad andare a votare, seguendo l’ordine alfabetico, è proprio Sebastiano Anastasi, neo-eletto. «Mi pare troppo entusiasta», commenta un signore dal pubblico. Eppure aveva ragione il consigliere: bastano 19 preferenze per l’elezione e per lui, mezzora dopo, nell’urna si contano 32 voti. Ci sono schede con il nome e cognome per esteso, altre col nome puntato, altre ancora col secondo nome: una varietà che potrebbe essere utile a capire da dove arrivano i voti, sulla carta segreti. Scatta l’applauso e si aprono gli abbracci. «Ora u putiemu cutturiare», è il primo commento dal pubblico. «È gravissimo che una città come Catania sia stata più di due mesi senza Consiglio – dice Anastasi prendendo la parola – finalmente ci apprestiamo a ripartire. Le risorse del Comune sono ridotte ma non dobbiamo fare prevalere la logica dei freddi numeri. Dobbiamo lottare per non trasformarci in semplici ratificatori. Questa – conclude – è la città di Verga, di Bellini, di Fava e di Agata. Non dobbiamo dimenticarlo».

Dopo una pausa, si riprende per l’elezione del vicepresidente vicario: Riccardo Pellegrino. Mentre leggono il suo nome e cognome (anche in questo caso, declinato sulle schede in vari modi) resta con lo sguardo abbassato, seduto al suo posto. Quando l’elezione è fatta (con 28 preferenze), scatta l’applauso. Unica voce fuori dal coro a votare contro la presa d’atto è Gianina Ciancio, consigliera del M5s. Così la seconda carica più importante del civico concesso va al consigliere di Forza Italia (1730 voti alla tornata elettorale di maggio) che, al momento, è impegnato anche in un’altra aula: quella del tribunale dove sta affrontando un processo in cui è imputato per corruzione elettorale. «Oggi mi commuovo perché rivivo le emozioni vissute nel 2013 e diventa motivo di grande responsabilità – dice Pellegrino – Consentitemi di fare un ringraziamento al nostro grande leader Silvio Berlusconi. Un ringraziamento a Marco Falcone e a tutti coloro che hanno spinto per questa vice presidenza. Un ringraziamento particolare anche alla mia famiglia, qui presente, che mi ha cresciuto nonostante le difficoltà di questa città. Rappresentare i cittadini per me è una grande responsabilità». Poco dopo le 14.30 arriva anche la definizione della terza carica, il vicepresidente, anche questa alla maggioranza: a essere eletto vicepresidente vicario con 29 voti è Salvatore Giuffrida della Nuova democrazia cristiana. «Il pranzo oramai è stato compromesso – scherza – Voglio ringraziare tutti per questa carica importante che rafforza il mio senso di responsabilità».


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