La Sicilia, la rivolta (in sordina) dei Forconi e l’onorata società

PERCHE’, OGGI, NELLA NOSTRA ISOLA, CHI PROTESTA CONTRO IL POTERE COSTITUITO VIENE SUBITO ETICHETTATO COME MAFIOSO? CHI GOVERNA QUESTO MECCANISMO DEMONICO?

In tutta l’Italia dilaga la rivolta dei Forconi. Tranne che in una Regione: la Sicilia. E dire che questo Movimento è nato proprio nella nostra Isola. Basti ricordare il gennaio del 2012, quando il popolo di Mariano Ferro bloccò per una settimana tutt’e nove le province.
Oggi, invece, nulla. Non c’è da stupirsi. Nel ‘Regno della mafia’ – là dove la mafia, spesso, si mescola con lo Stato, come dimostra il processo sulla trattativa tra mafia e Stato in corso a Palermo – può succedere anche questo: può succedere che la sacrosanta protesta rimanga con le ali tarpate.
Solo qualche blocco. Solo qualche piccolo corteo. Nulla in confronto a quello che sta succedendo nel resto d’Italia.
Si dà la colpa al Ministri Angelino Alfano e Giampiero D’Alia, che avrebbero allertato Prefetti e Questori. Che avrebbero a propria volta minacciato multe salatissime e tintinnar di manette. Ma questo spiega solo in parte i problemi dei Forconi in Sicilia. Proviamo a ragionare su quello che è successo – anzi, per essere precisi, su quello che non è successo – oggi in Sicilia.
Certo, le minacce dei Prefetti e dei Questori hanno pesato. Ma ancora più pensante è il messaggio lanciato dalle ‘vecchia Sicilia’, oggi più forte che mai.
Mai, come oggi, la mafia è stata così forte. Forse, per cercare un periodo della storia siciliana in cui la mafia dettava legge dobbiamo risalire agli anni ’50 e ’60 del secolo scorso. Anche se oggi il potere di quest’organizzazione si manifesta con modalità molto diverse rispetto al passato.
In primo luogo, è cambiata la manifestazione visibile di questo potere. I Don Calò Vizzini e i Genco Russo sono solo un ricordo. Ed è lontana anche la mafia degli anni ’80 e ’90. Oggi questi personaggi si presentano come persone che godono di elevato prestigio sociale, impegnati, anche, in attività antimafiose. La trasformazione è stata perfetta. Anche se, in qualche caso, è stata scoperta qualche figura di secondo e terzo piano, organica alle cosche, che si presentava come esponente di associazioni antiracket.
Una trasformazione quasi perfetta, dicevamo. Con saldi legami con la Sicilia che oggi conta. Recitando benissimo la parte di chi è impegnato al servizio della legalità. Tanto che ormai, in Sicilia, è del tutto normale vedere questi personaggi nei settori più importanti della società. Agganciati là dove c’è denaro, preferibilmente pubblico.
Oggi il vero ‘potere’, in Sicilia, controlla tutto quello che conta: acqua (che non a caso rimane nelle mani dei privati), rifiuti, sanità, i grandi investimenti nell’energia (si pensi al mega centro agro-fotovoltaico di Gela-Butera, dove le ombre sono tante), i fondi europei (che, a parte il Fesr, si spendono tutti con modalità spesso oscure).
Quindi i centri commerciali (nella nostra Isola se ne contano tanti, come se i siciliani dovessero passare tutto il tempo a fare shopping…), assunzioni nella pubblica amministrazione mediante il ricorso al precariato (come mai nessuna autorità dello Stato, in Sicilia, ha mai indagato sulle modalità con le quali, soprattutto nei Comuni, sono stati ‘intruppati’ i precari?), le liquidazioni di grandi cespiti regionali e, se qualche amministratore comunale alza troppo la testa per denunciare affari loschi, il pirandelliano scioglimento dei Comuni per mafia…  
Va da sé che, in questa Sicilia dove tutto risponde a una regia, uno sciopero come quello dei Forconi non può essere tollerato. Nel gennaio del 2012 la mafia – quella vera, la borghesia mafiosa, oggi sempre meno invisibile e sempre più presente – era forte, ma non forte come lo è oggi. E, in ogni caso, venne presa alla sprovvista. Ma ventidue mesi fa – chi ha un po’ di memoria lo dovrebbe ricordare – andò in scena il tentativo di infangare i Forconi siciliani con le infiltrazioni mafiose, tanto per gradire… 
Una mossa astuta. Studiata a tavolino per seminare il dubbio. Avallata, in parte, da quello che resta dell’ormai demenziale sinistra siciliana che, non a caso, ha ‘partorito, per la presidenza della Regione, un personaggio come Rosario Crocetta. Preoccupandosi di mettergli accanto – soprattutto nei settori strategici: ad esempio la sanità – i simboli dell’antimafia.
Certo, nella sanità pubblica siciliana ne stanno succedendo di tutti i colori (proprio stasera pubblichiamo alcune considerazioni, non esattamente inattuali, su quello che la ‘vecchia Sicilia’ riesce a fare nella sanità pubblica). Ma c’è la ‘garanzia’ che la ‘bomba’ non scoppierà (il ‘caso’ Humanitas è scoppiato perché la divisione della ‘polpetta’ è stata fatta male, forse qualche azziccaforchette di troppo…).
Direte: e il Governo della Regione? E’ cambiato tutto, rispetto al passato. Negli anni ’50, ’60 e ’70, in Sicilia, mafia e Governi ‘dialogavano’. C’erano Governi regionali forti e mafia altrettanto forte.
Dopo quegli anni c’è la sola anomalia di Piersanti Mattarella, che cercò di tagliare la strada ai mafiosi a partire dalla riforma della pubblica amministrazione (non a caso ancora oggi l’argomento è in discussione: ma se ne discute e basta: la mafia non accetta che venga meno la vischiosità burocratica: vischiosità delle procedure amministrativa che comunque resta una ‘garanzia’ per la politica e per la stessa burocrazia: politica e burocrazia che, non a caso, non sono certo rimaste fuori, per esempio, dal Piano di sviluppo rurale). Non a caso, infine, Piersanti Mattarella venne ucciso.
E oggi? Oggi, il Governo regionale non governa. A governare pensano ‘altri’. Cosa controlla, allora, l’attuale esecutivo regionale? Poco a nulla. Subisce e si lascia cullare dall’incedere degli eventi ritmati da altre ‘mani’.
L’unica anomalia è rappresentata dall’assessore Nicolò Marino, novello Davide contro tanti agguerriti Golia. Un ingranaggio inceppato. Un ‘Forcone’ che è riuscito a superare le barriere di protezione che il vero potere siciliano ha “ammucchiato in discesa, a difesa della propria celebrazione”, per dirla con Fabrizio De Andrè.
In queste condizioni non è facie protestare. Perché i mafiosi, come lascia intendere oggi in un’intervista al Fatto quotidiano Mariano Ferro ci mettono poco o nulla a ‘infiltrare’ il movimento per ‘pirandelleggiare’ tutto con il contrario di tutto.
Un potere demoniaco? Solo gli stupidi negano il potere demoniaco di certi personaggi siciliani che si auto-dipingono e che vengono definiti “puri come le colombe”. Dimenticando che il precetto evangelico associa a questa categoria, almeno a certe condizioni, altre tre parole: furbi come serpenti: in questo caso non per salvarsi dalle tentazioni del male, ma per sguazzarci dentro…

In Sicilia anche i disabili in piazza. Ugl Polizia ai politici:”Adesso toglietevi voi il casco”     
L’Italia si ferma/ Torino, poliziotti tra applausi si tolgono i caschi: “Siete come noi” VD     

 


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