Confindustria Sicilia, il valzer degli industriali senza industrie

DA CINQUE ANNI CONTROLLANO L’ASSESSORATO ALLE ATTIVITA’ PRODUTTIVE. IN CINQUE ANNI NON HANNO MAI PRESENTATO UN PIANO PER IL RILANCIO DEL SETTORE MANIFATTURIERO NELL’ISOLA. L’UNICA COSA CHE SANNO FARE E’ VIVERE ABBARBICATI ALLA SPESA PUBBLICA. E SUCCHIANO, SUCCHIANO, SUCCHIANO… DALL’IRSAP AI RIFIUTI, PER CITARE SOLO DUE ESEMPI

Corre voce, con riferimento alla riforma del sistema di formazione professionale, secondo la quale verrebbe assegnato a Confindustria Sicilia il compito di organizzare i corsi formativi dei lavoratori.

Questa esperienza, in verità, non è nuova, perché in passato, circa una ventina di anni addietro e forse più, fu sperimentata con gli esiti occupazionali che tutti abbiamo presenti: zero.

Addirittura in coincidenza di quel periodo, se non ricordiamo male, la Fiat dovendo avviare la produzione della Panda a Termini Imerese preferì formare i lavoratori addetti a tale produzione da sé, pur di non utilizzare la formazione professionale made in Sicily versione industriali siciliani in cattedra.

Ora, al di la delle rimembranze più o meno precise, la questione che intendiamo affrontare riguarda il ruolo di Confindustria Sicilia nel Governo della Regione. Intanto va rilevato che l’organizzazione imprenditoriale è già alla guida della Regione siciliana da almeno 5 anni, prima con il Governo regionale di Raffaele Lombardo, assessore Marco Venturi; da un anno con l’attuale Governo di Rosario Crocetta, con Linda Vancheri assessore alle Attività produttive.

Ebbene, tutti questi anni non sono stati sufficienti a varare un piano di sviluppo delle attività manifatturiere (cioè industriale), né abbiamo potuto partecipare ad un dibattito che prefigurasse una politica complessiva di sviluppo delle attività industriali (cioè manifatturiere).

Stante questo quadro politico e di governo, la domanda nasce spontanea: qual è il contributo che Confindustria Sicilia ha portato nella politica siciliana attraverso la sua presenza diretta nel Governo della Regione?

Una cosa l’abbiamo capita: l’occupazione stabile, da parte degli ‘industriali’ siciliani dell’Irsap – l’Istituto regionale delle attività produttive – con annesse le liquidazioni delle vecchie Asi. Un cespite finanziario di tutto rispetto da gestire nell’assenza totale di qualsivoglia idea di programma industriale e/o dell’intrapresa manifatturiera.

Di grazia, il Governo della Regione e segnatamente l’assessore alle Attività produttive ci vogliono dire quale sarebbe il disegno di sviluppo economico e produttivo che l’Irsap dovrebbe poi realizzare?

Noi amiamo insistere sul concetto di manifattura per la ragione che ci ostiniamo a ritenere che l’unica attività economica che produce valore aggiunto e quindi occupazione e ricchezza sia proprio l’attività di trasformazione delle materie prime in prodotti finiti o semilavorati.

Tema economico che riteniamo in Confindustria Sicilia non sia molto di casa, atteso che di industrie – fatta eccezione per quelle nazionali, pubbliche e private, che hanno impianti di produzione di beni e servizi nella nostra Isola – non ce ne siano molte tra le loro associate.

Ma la conquista di servizi pubblici da gestire da parte di Confindustria non si ferma qui. Oltre alla formazione professionale, questi signori hanno gettato gli occhi sull‘Ast, l’Azienda siciliana dei trasporti, sull’acqua – che, non a caso, è ancora nelle salde mani dei privati – e sui rifiuti urbani. Come si può facilmente constatare, tutte attività che producono valore aggiunto e che competono con il mercato globale…

E meno male che gli industriali come dottrina guida delle loro attività privilegiano il libero mercato, cioè il mercato senza regole. Dottrina che nelle teorie economiche viene definita liberista. Teoria basata sul principio che il mercato, sede della competizione, le regole se le dà da se stesso. E’ la libera concorrenza che determina le regole e l’equilibrio economico.

In Sicilia, invece, Confindustria si appropria delle attività di servizio pubblico (acqua, rifiuti urbani, trasporti e quote importanti della sanità) che operano in assenza di concorrenze e del rischio di mercato. Questa sì che è una bella prova di economia liberista!

Già da quanto abbiamo appena esposto si può trarre un primo assunto: il contributo culturale di Confindustria Sicilia al Governo della Regione siciliana è un’economia di servizi, senza industria, protetta e magari assistita. Tutto va bene purché l’impegno finanziario sia di origine pubblica. Insomma, un’economia per lo più parassitaria, dove l’ ‘impresa’ si fa sui soldi dei contribuenti.

Questa filosofia economica si è affermata in occasione della discarica dei rifiuti di Siculiana ad opera dell’industriale Giuseppe Catanzaro. Una discarica pubblica che, attraverso percorsi indecifrabili, è diventata privata ed ha assunto il valore di modello, tanto da far assurgere il titolare di questa operazione al rango di vice presidente di Confindustria Sicilia!

Ecco, questa è la linea vincente per fare uscire l’economia siciliana e la Sicilia tutta dal sottosviluppo dell’Obiettivo Uno, prima, e dall’area della Convergenza europea ora.

Questa è la vicenda politica che va in scena, purtroppo senza successo, in Sicilia. L’autore di questa rappresentazione è esterno alla recita (leggi: senatore Beppe Lumia), ma tra gli interpreti, uno emerge su tutti, il protagonista presidente della Regione, Rosario Crocetta. Al quale per la sua esibizione va senz’altro un ‘bravo Rosario!’.

 


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