Antimafia, il pensiero del Procuratore Lari (che attacca la stampa) e quello dei suoi colleghi Tona e Morvillo…

TOCCA I FILI DELL’ALTA TENSIONE CHI OGGI OSA CRITICARE CONFINDUSTRIA SICILIA.

Tocca i fili dell’alta tensione chi osa criticare Confindustria Sicilia, i suoi affari e l’occupazione sistematica di tutti i posti di comando degli enti economici regionali. Ormai lo sappiamo. Il leit-motive è sempre lo stesso: hanno la patente dell’antimafia, chi non li ossequia sta come minimo con la mafia o comunque dalla parte del torto.

Ne sa qualcosa Piero Agen, Presidente di Confcommercio Sicilia. Il quale dopo avere saputo che il presidente di Confindustria Trapani, Gregory Bongiorno, ha denunciato i proprio estortori ammettendo di aver pagato per anni il pizzo, ha scritto su Facebook: ”Ho appena ascoltato su Radio regione interviste e dichiarazioni che mi lasciano allibito: chi nel 2013 denuncia il racket, dopo aver pagato fino al 2007 ed aver smesso solo perché, casualmente, avevano, allora, incarcerato gli estortori, diventa un esempio e si ha anche il coraggio di citare, senza vergognarsi, Libero Grassi che già nel 1993 scriveva un messaggio che non poteva non toccare il cuore e la mente delle persone perbene ed in possesso di un minimo di attributi”. Continua Agen: ”Messaggio che invece , evidentemente, in quel di Trapani non era giunto!”.

Considerazioni abbastanza ovvie che hanno scatenato la reazione dei padroni dell’antimafia che hanno definito offensive le parole di Agen e hanno espresso “grande sconcerto”. Per Confindustria ”Agen piuttosto che cercare argomenti per delegittimare chi denuncia, guardi all’interno della sua associazione e troverà tante vittime del racket che non vanno offese ma aiutate: e se trovasse fra i suoi iscritti o i dirigenti un rappresentante di una famiglia notoriamente mafiosa, come gli Ercolano di Catania, farebbe bene a liberarsene”.

Non solo. Oggi arriva pure l’assist (del tutto involontario, ne siamo certi) di Sergio Lari, Procuratore della Repubblica di Caltanissetta (città del leader degli industriali siciliani, Antonello Montante). Il quale. evidentemente informato da chi si ritiene intoccabile, ha detto che “in Sicilia è in corso una campagna di delegittimazione della vera antimafia da parte di centri occulti che vogliono screditare chi fa antimafia con i fatti, come Confindustria, Fai e Addiopizzo”.

Lo ha dichiarato  intervenendo ad un convegno sulle stragi di mafia, a Chianciano Terme. Ma il magistrato, ospite dell’incontro insieme al presidente di Confindustria Sicilia, Antonello Montante, come si legge sull’Agenzia di stampa Italpress alle 10.27, è andato oltre sostenendo che i centri occulti “si servono dei nuovi mezzi di comunicazione come i blog, i social network e alcuni siti di informazione on line che sono incontrollabili. Questo è il primo passo per poi passare agli attentati ed alle stragi”.

Parole che lasciano un po’ perplessi: cosa vuole dire? Che i blog e i siti d’informazione andrebbero controllati come in Cina? Che sono stati  i siti di informazione, i blog e i social network, a causare le stragi? Pensavamo ci fosse di mezzo lo Stato e che Falcone e Borsellino, ad esempio, avessero nemici acerrimi  proprio nel Csm.

Mah…

In ogni caso la sicumera con cui Lari difende i detentori della propaganda antimafia appare non solo inopportuna rispetto al suo ruolo (in terra di Sicilia non si può escludere che domani una inchiesta coinvolga le gente di cui parla, e sarebbe imbarazzante per lui giustificare queste parole), ma cozza terribilmente con quanto sostenuto da altri suoi colleghi (oltre che con il principio della libertà di stampa e di pensiero).  Celebre, ad esempio, un articolo di Giovambattista Tona:

“Viviamo l’epoca del pressappoco e tutti siamo più o meno  antimafia. Persino gli imputati di associazione mafiosa ammettono che la  mafia esiste, ma dicono che loro non ne fanno parte; anzi sono  d’accordo sul fatto che bisogna perseguirla”, scriveva il giudice su la Repubblica lo scorso Aprile-

Leonardo Sciascia che additava nei professionisti dell’antimafia il  rischio di un’altra élite capace di replicare la forma di un  potere arbitrario occultato sotto nobili bandiere, oggi dovrebbe  assistere ad un fenomeno molto esteso e molto più complesso  di quello che, pure, con grande anticipo, aveva intuito.

Nel suo famoso articolo del 10 gennaio 1988, il grande scrittore aveva segnalato  come esempio «attuale ed effettuale» dell’antimafia  come strumento di potere incontrastato e incontrastabile la  nomina di Paolo Borsellino a Procuratore di Marsala a preferenza  di altri magistrati anche più anziani.

La storia di Borsellino (quella che Sciascia non poté  scrivere) ha dimostrato la differenza tra i professionisti  dell’antimafia e i carrieristi dell’antimafia; i primi,  checché ne dicesse Sciascia, sono quelli che la mafia la contrastano veramente, con competenza e con sacrificio; i secondi, che talvolta appaiono professionisti ma hanno la quinta elementare in materia di antimafia, contrastano la mafia senza rischi e con vantaggio o addirittura chiacchierano, pontificano e  basta così.

Dello stesso tenore il pensiero di Alfredo Morvillo, anche lui magistrato, nonché fratello di Francesca, moglie di Giovanni Falcone, morta con lui nella strage di Capaci: “C’è molta antimafia di facciata in Sicilia, moltissima, di posizioni intransigenti ne vedo raramente C’è chi ha sacrificato la vita mentre oggi c’è un esercito di altre persone che fin quando si parla di esternazioni verbali è in prima fila cercando visibilità o vantaggi”.

Dubbi che molti magistrati non nascondono, in occasione delle commemorazione delle stragi, ad esempio.

Insomma a quanto pare i dubbi sul mondo dell’antimafia in Sicilia non sono solo sui blog o sui siti di informazione.Forse Lari, che pure ha mostrato un certo coraggio con le sue inchieste su via D’Amelio,  non lo sa.

Il faro della Commissione Antimafia sulla lobby politico-imprenditoriale che detta legge a Crocetta


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