Iva: l’ultimo aumento dell’aliquota ha fatto crollare i consumi e ha ridotto il gettito. Il Governo Letta lo sa?

LA CGIA DI MESTRE, DATI ALLA MANO, DIMOSTRA CHE, IN ITALIA, UN ULTERIORE AUMENTO DELL’IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO PRODURREBBE SOLO DANNI

Ci sembra molto interessante un articolo che leggiamo sul quotidiano on line Controlacrisi. Tema: l’Iva, l’imposta sul valore aggiunto.

Oggi, in Europa, l’Italia è ai primi posti tra i Paesi che applicano l’aliquota più elevata. Ci fanno compagnia la Spagna e il Belgio. Il tema è attuale perché il Governo Letta, pur avendo trovato a chi far pagare l’abolizione dell’Imu – su probabile input dell’Unione Europea – si accinge ad aumentare l’Iva di un altro punto a partire dal prossimo 1 ottobre.

“La CGIA – leggiamo nell’articolo pubblicato da Controlacrisi – ricorda che l’introduzione dell’Imposta sul valore aggiunto è avvenuta ben 40 anni fa: in questo periodo di tempo l’aliquota ordinaria è variata ben 8 volte raggiungendo il valore massimo del 21%, quello attualmente in vigore. L’ultimo ritocco è avvenuto nel 2011: tuttavia, nonostante l’aliquota ordinaria sia salita dal 20 al 21%, il gettito Iva ha subito un progressivo calo”.

Insomma, lo Stato prova a ‘succhiare’ soldi agl’italiani aumentando l’Iva, ma gli stessi italiani – massacrati, peraltro da altre tasse – acquistano sempre meno beni. Una riduzione della domanda al consumo più che proporzionale all’aumento dell’Iva. Di conseguenza, il gettito dell’Imposta sul valore aggiunto diminuisce.

“Certo – segnala il segretario della CGIA Bortolussi – la situazione economica generale ha influito moltissimo su questo risultato, tuttavia anche l’incremento dell’aliquota ha contribuito a penalizzare il gettito complessivo dell’Imposta sul valore aggiunto”.

La CGIA di Mestre ha analizzato l’andamento tenuto in questi 40 anni dall’aliquota ordinaria dell’Iva nei principali Paesi che attualmente costituiscono l’area dell’euro. Per appurare che, dal 1973 al gennaio di quest’anno, “l’incremento più importante si è registrato proprio in Italia. Nel 1973 l’aliquota era al 12% e ora si attesta al 21%, con un aumento di ben 9 punti. Seguono la Germania, con una variazione di + 8 punti (era all’11%, adesso si attesta al 19%), l’Olanda, con un aumento di 5 punti (16% nel 1973, 21% nel 2013), l’Austria e il Belgio, con degli aumenti registrati nel periodo preso in esame rispettivamente del +4 e del +3”.

“Se è vero che in questi 40 anni – conclude Bortolussi – abbiamo registrato l’incremento d’aliquota più significativo, è altresì vero che nel 1973 quella applicata in Italia era, ad esclusione della Germania, la più contenuta. Tuttavia, se l’aumento previsto dal prossimo mese di ottobre non verrà scongiurato, i consumatori italiani si troveranno a subire l’aliquota Iva ordinaria più elevata tra tutti i principali Paesi dell’area dell’euro, con il pericolo che questa decisione penalizzi ancor più la domanda interna che in questi ultimi anni ha subito delle contrazioni pesantissime. Si pensi che nel 2012 i consumi delle famiglie italiane sono crollati del 4,2% e quelli relativi ai beni durevoli quasi del 13%”.

Insomma, sembra dire la CGIA di Mestre, il Governo Letta, se vuole, può aumentare di un punto l’Iva, ma non si aspetti un aumento del gettito fiscale. Anzi…

 


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