L’acqua in Sicilia? “Cosa loro” è…

I promotori del disegno di legge d’iniziativa popolare per il ritorno alla gestione pubblica dell’acqua in Sicilia non ci stanno. E, dopo la giravolta del Governo di Rosario Crocetta che, dopo aver appoggiato, in campagna elettorale, la gestione pubblica dell’acqua, si è convertito alla gestione privata, passano alL’attacco. Lo fanno con un comunicato dai toni molto duri, non risparmiandi critiche al presidente della Regione.

“A due anni esatti dal referendum popolare che ha sancito la volontà dei siciliani di avere una gestione pubblica delle risorse idriche – scrivono nel comunicato i promotori del disegno di legge d’iniziativa popolare – la IV Commissione Ambiente e Territorio dell’Ars ha ‘accantonato’ secondo prassi” parlamentare il testo di legge di Iniziativa Popolare e Consiliare, assumendo come testo base il disegno di legge del Governo, che azzera sei anni di mobilitazioni a favore della gestione pubblica delle risorse idriche”.

I promotori del disegno di legge di iniziativa Popolare e Consiliare hanno partecipato alle audizioni in IV Commissione legislativa dell’Ars del 19 e del 26 giugno.

“Nella seduta di ieri abbiamo chiesto che il disegno di legge di Iniziativa Popolare e Consiliare non venga incardinato a quello del Governo ma che prosegua il proprio percorso parlamentare come previsto dalla legge 1/04.”

Secondo i promotori, il testo presentato dal Governo regionale di Rosario Crocetta “elude in modo pilatesco l’indicazione politica dei referendum del 2011 con cui la maggioranza dei siciliani si espresse con il 97,9 % a favore dell’Acqua pubblica. Cosa ancor più grave, ignora la portata democratica della grande e continuativa mobilitazione popolare e degli enti locali che ha portato alla stesura del testo di legge di iniziativa Popolare e dei Consigli Comunali presentato già nel 2010, accompagnato dalla deliberazione di 135 Consigli Comunali e del Consiglio Provinciale di Messina, e da 35.000 firme dei cittadini, con il quale si disegnava una riforma complessiva ed organica del ciclo delle acque attraverso l’istituzione dell’autorità di bacino, nel rispetto della normativa comunitaria”.

“In sintesi – denunciano i Promotori – il disegno di legge Crocetta non prevede la ripubblicizzazione, ma mantiene le tre forme di gestione già previste dalla legge Galli, (misto, privato, pubblico) ed il sovrambito privatizzato al 75% ed in mano alla multinazionale francese Veolia. Non tiene conto dell’art. 14 dello Statuto della Regione che ha rango costituzionale e che assegna “competenza esclusiva in materia di Acque Pubbliche”.

Non sono previsti gli strumenti di partecipazione e controllo sugli atti fondamentali di pianificazione, programmazione e gestione, che assicurerebbero un governo democratico del settore nel rispetto della Convenzione ‘Aarhus’ in materia di accesso, partecipazione, informazione e in materia di giustizia ambientale”.

“In questi anni – scrivono ancora i Promotori – ci siamo confrontati sia con il Governo Cuffaro che con quello Lombardo che condividevano una contrarietà ‘ideologica’ alla gestione pubblica dell’Acqua. Ciò che troviamo stridente è il fatto che malgrado il Presidente Crocetta abbia centrato la sua campagna elettorale anche sulla ripubblicizzazione, nel testo presentato non si trovi alcuna indicazione che vada in questo senso, e che il confronto più volte richiesto dai promotori della legge, ha avuto luogo solo dopo la presentazione del testo del Governo”.

In Sicilia, sin dai tempi del feudo, l’acqua è sempre stata controllata in modo ‘militare’ dalla mafia. La situazione non è mai cambiata. La sola differenza è che, oggi, rispetto agli anni del feudo e  dei gabelloti e, andando più avanti nel tempo, rispetto agli anni delle lotte portate avanti, per esempio, da Danilo Dolci, la mafia veste i panni di moderne società private, in poche parole, di ‘colletti bianchi’.

Un’altra caratteristica della mafia odierna è il rispetto ‘formale’ della legge. Chi, oggi, vuole a tutti i costi gestire l’acqua privatamente, facendola pagare a caro prezzo ai cittadini, cita dotte sentenze e formule giuridiche con richiami alla Costituzione e anche i pronunciamenti dell’Unione Europea.

Non solo. Se, un tempo, la mafia, per difendere i propri interessi, si identificava nella ‘sicilianità’, oggi la stessa mafia dei ‘colletti bianchi’ con basi operative in mezza Europa nega la specificità siciliana e non esita a calpestare lo Statuto siciliano. Di fatto, è un cambiamento storico.

Siamo davanti, insomma, a un pericolosissimo fenomeno internazionalizzato che si avvale di abilissimi ‘Azzeccagarbugli’.

La Sicilia è uno dei terreni di scontro. Qui i privati sono entrati alla grande nei primi anni del 2000, quando in Italia governava Berlusconi. Oggi, nonostante un referendum vinto dai fautori dell’acqua pubblica e nonostante un grande movimento popolare che si batte sempre per l’acqua pubblica, i privati non vogliono mollare la presa. E il fatto che abbiano ‘convinto’ il Governo regionale a cambiare opinione dà la misura di quanto questi personaggi siano forti, potenti e prepotenti.


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