Elezioni: la rivolta ‘silenziosa’ della Cisl siciliana…

La Cisl, è noto, è schierata in sostegno della coalizione di Mario Monti, Pierferdinando Casini e Gianfranco Fini. E lo si è visto due giorni fa, a Palermo, quando al Politeama è arrivato il Presidente del Consiglio uscente, se è vero che a riempire il Teatro è stata, per lo più, l’organizzazione sindacale. Tutto a posto, allora? No. Al contrario, tutto fuori posto.

Perché, a giudicare dalle voci di corridoio non tutti, nelle Cisl siciliana (ma a quanto pare non solo nella Cisl siciliana), considerano l’alleanza con Monti valida sotto il profilo politico e, soprattutto, elettorale. Anzi, dopo le notizie arrivate in quest’ultima settimana di campagna elettorale, l’alleanza Cisl-Monti, in Sicilia, sembra piuttosto indigesta. Proviamo a descrivere quello che potrebbe succedere.

L’alleanza Monti-Cisl, ovviamente, è stata decisa a Roma. Fa parte di un ampio accordo politico tra il leader del Pd, Bersani, il leader dell’Udc. Casini, e lo stesso Monti. Divisi per colpire insieme uniti. Ovvero per governare l’Italia insieme dopo le elezioni.

Sennonché, come si vocifera già da qualche settimana – e come ha scritto ieri Affaritaliani.it – la coalizione di Monti sembra in grande affanno. In pratica, non è detto che raggiungerà il 10 per cento, soglia indispensabile, in base all’attuale legge elettorale di Camera e Senato (Porcellium), per avere propri rappresentanti in Parlamento.

Il partito di Fini, Futuro e Libertà, non vola (anzi, precipita…); l’Udc di Casini ieri veniva dato al 3 per cento o giù di lì. Monti, sotto il profilo elettorale, è un mistero (è la prima volta che si presenta al cospetto degli elettori). Ma non è un mistero che il Professore venga considerato “L’uomo delle tasse”: e, in genere, chi si presenta con questo biglietto da visita non prende molti voti. Tutt’altro.

In Sicilia, detto per inciso, non tutta la Cisl è schierata con Monti. Un ‘pezzo’ di questa organizzazione sindacale è rimasta legata al Pd (basti pensare al segretario regionale del Pd, Giuseppe Lupo, a Sergio D’Antoni e ad altri dirigenti). Le novità degli ultimi giorni danno, nella nostra Isola, come vincente il centrosinistra. Non, sia chiaro, per merito del Pd siciliano, ma per merito del Megafono, il Movimento del presidente della Regione, Rosario Crocetta, che sta letteralmente spopolando nei territori.

A differenza del Pd, che si muove con quello che resta dell’organizzazione del vecchio Pci (Lega delle cooperative, Cna e altre organizzazioni più o meno ‘Sovietiche’) e con i parlamentari, Crocetta si è mosso nel territorio, in stile Beppe Grillo, dialogando direttamente con la gente attraverso centinaia di Circoli in suo nome sorti negli ultimi due mesi in tutta la Sicilia.

Il Pd ha dato poca importanza a questo fenomeno. Ora, invece, ne ha paura: la paura che il Megafono di Crocetta batta il Pd al Senato e si prenda 8-9 seggi, lasciando al Partito democratico due o tre seggi.

In tutta questa storia Giuseppe Lumia, per sfuggire alle primarie del Pd, dove non sarebbe stato eletto, si è candidato nel Megafono, determinando il paradosso di una parte dell’elettorato del Pd che raccoglie voti, di fatto, contro il Pd. Da qui i malumori che, in queste ore, attraversano il Pd siciliano. Con dirigenti che criticano apertamente l’operato di Lumia, giudicato colpevole di aver creato un ‘mostro’ – Crocetta – che il Pd non controlla più.

A complicare il quadro, l’azione dei ‘farisei’ dello stesso Pd siciliano che, con la sponda romana, hanno sbattuto fuori dalle liste Mirello Crisafulli a Enna e Nino Papania a Trapani. I due, ovviamente, non sono molto felici di essere stati fatti fuori (politicamente, s’intende). E ai due – ai quali tutto si può dire, tranne che non sappiano come si fa campagna elettorale – in queste ore sarebbe stato chiesto un impegno supplementare per sostenere la ‘causa’ del Pd: cioè di quel Partito che li ha messi alla porta. Che è come dire ai capponi quindici giorni prima di Natale: ragazzi, facciamoci una passeggiata insieme che a Natale siamo tutti a tavola…

In questo scenario confuso ed incerto si inserisce la vicenda della Cisl siciliana. Che il segretario nazionale, Raffaele Bonanni, ha spinto tra le braccia, un po’ fragili, di Monti, Casini e Fini.

Visto che il Partito democratico, in Sicilia, per una somma di fattori ‘avversi’ (e in parte provocati dalla non eccelsa lungimiranza dei vertici regionali di questo Partito), contribuirà a battere, con molta probabilità, il centrodestra, rischiando, però, di prendere meno voti del Megafono di Crocetta, aleggia una domanda: non sarebbe più logico mettere da parte Monti, Casini e Fini e votare, magari al Senato (e forse anche alla Camera), per il Pd?

La domanda è tutt’altro che campata in aria. Anzi.

Ah dimenticavamo: il ‘casino’ sarebbe arrivato anche a Roma. Dove, dopo le elezioni, all’internbo della stessa Cisl, c’è chi sarebbe già pronto a chiedere a Bonanni conto e ragione di una scelta politica ed elettorale due volte sbagliata. Sbagliata (ed è uno) perché non si costringe un’organizzazione sindacale a votare per un Governo – il Governo Monti – che ha calpestato i diritti dei lavoratori. Sbagliata (ed è due) perché la Cisl, di solito, salta sul carro dei vincitori e non su quello dei perdenti…

 

 


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