Lavori all’Ars e hai fatto il militare? Dal presidente Cascio un premio speciale…

Con molta probabilità, l’attuale Consiglio di presidenza dell’Assemblea regionale siciliana passerà alla storia come il più generoso in assoluto verso i dipendenti: tanto generoso da concedere a 28 alti burocrati del Parlamento dell’Isola un’indennità che il Tar, il Tribunale amministrativo regionale, gli aveva negato.

Per completezza d’informazione verso i nostri lettori, anche a rischio di annoiare chi è già abbondantemente ‘allatinato’ sui ‘piaceri e i misteri’ dell’Ars, ricordiamo che il Consiglio di presidenza non è altro che una sorta di ‘consiglio di amministrazione’ del Parlamento siciliano. Ne fanno parte il presidente dell’Ars – ruolo che in questa legislatura è stato ricoperto da Francesco Cascio – tre deputati questori e tre deputati segretari.

Questi sette parlamentari – che vengono eletti ad inizio di ogni legislatura – sono, chiamiamoli così, gli amministratori di Palazzo Reale, sede dell’Ars. Il ruolo di presidente di questo particolare ‘consiglio di amministrazione’ – che si chiama Consiglio di presidenza – viene esercitato dal presidente dell’Ars: ruolo che, come già ricordato, in questi quattro anni, è stato ricoperto da Francesco Cascio.

Adesso, cari lettori di Link Sicilia, andiamo a vedere cosa hanno combinato questi ‘galantuomini’. Come abbiamo già sottolineato, l’attuale Consiglio di presidenza dell’Ars ha riconosciuto a 28 alti burocrati, in via transattiva, ciò che il Tar gli aveva negato. In via transattivi significa che Cascio e i sei componenti del Consiglio di presidenza dell’Ars si sono seduti attorno a un tavolo e hanno raggiunto un accordo: tale accordo, per dirla in soldoni, non è altro che lo ‘sdivacamento’ di un bel po’ di ‘moneta’ (soldi o denaro o, ancora, piccioli, per dirla alla siciliana) nelle tasche di questi 28 alti burocrati dell’Ars.

Questa storia un po’ surreale – che di reale, alla fine, ha solo il denaro pagato dagli ignari contribuenti siciliani – comincia alla fine degli anni ’90, quando questi 28 alti burocrati parlamentari chiedono al Tar Sicilia il riconoscimento, ai fini economici, del servizio militare di leva prestato prima del 1987. Il Tar respinge il ricorso. Questo avviene nel 1999.

Il 13 settembre del 2000 i 28 burocrati propongono ricorso al Consiglio di giustizia amministrativo (Cga), in Sicilia organo di appello del Tar. Questo ricorso, in verità, è un po’ strano, se è vero che nei dieci anni successivi i soggetti ricorrenti (parliamo sempre dei 28 burocrati dell’Ars) non si attivano. In pratica, nonostante il Cga non fissi l’udienza di trattazione, i ricorrenti, come direbbero i giuristi, “non coltivano l’impugnativa”. In parole più semplici, si ‘nni futtinu…

Ora, com’è certamente noto alle parti in causa, l’inattività per oltre dieci anni produce la cosiddetta perenzione del giudizio. Questa strana formula linguistica altro non è che la morte giuridica del processo. Di fatto, il consolidamento della sentenza di primo grado del Tar che, come già accennato, aveva negato la ‘panella’ ai 28 burocrati dell’Ars, dando loro torto.

Purtuttavia, l’attuale Consiglio di presidenza dell’Ars, presieduto da Cascio – un Consiglio di presidenza che, a quanto si racconta, ama molto i panini con le panelle, ‘mastica’ molta medicina, ma non sembra particolarmente innamorato del diritto, specie di quello amministrativo – il 23 dicembre 2010 decreta il riconoscimento, ai 28 alti burocrati, di quanto il Tar aveva loro negato , a fronte della rinuncia del giudizio davanti al Cga.

Cosa decretano Cascio & company? Oltre all’aumento di stipendio, un bonus fino a un massimo di un anno di retribuzione, secondo l’anno di assunzione di ogni burocrate. Una pacchia.

Insomma: due anni fa, per questi alti burocrati, deve essere stato un ‘Grande Natale’: con il presidente Cascio nel ruolo, per l’appunto, di Babbo Natale.
Sulla base di quale artifizio meta-giuridico i 28 super burocrati dell’Ars si sono ‘ammuccati’ la panella’, complice un complice Consiglio di presidenza dell’Ars? In questo ci soccorre Scipio Da Castro con i suoi celebri ‘Avvertimenti a Marco Antonio Colonna quando andò Viceré in Sicilia”. In un passo di questi ‘Avvertimenti’ celebrati da Leonardo Sciascia nel libro che apre la raccolta di saggi de “La corda pazza”, si dice che “i siciliani diventano temerari quando amministrano la cosa pubblica..”. (a sinistra, foto tratta da ebay.it)

E cosa c’è – e torniamo al nostro tema – di più temerario di una mancata notificazione di perenzione da parte di improbabili e impalpabili autorità come motivazione-giustificazione della concessione di questi soldi, in barba alla sentenza del Tar e alla perenzione? Della serie: vero, i dieci anni sono passati, il processo è giuridicamente morto, ma nessuno ha avvertito i 28 alti burocrati e il Consiglio di presidenza dell’Ars…

A noi, detto con sincerità, questa motivazione ci ricorda un altro personaggio di Sciascia, l’Abate Vella, il protagonista de “Il Consiglio d’Egitto”. Ci rendiamo conto che stiamo rischiando di trasformare i 28 alti burocrati e tutto l’attuale Consiglio di presidenza in un covo di ‘intellettuali’: ma è un rischio che vogliamo correre, perché a noi, questa storia della mancata dichiarazione di perenzione, ci sembra una trovata da “Arabica impostura”.

Detto questo, chiediamo ai 28 alti burocrati che si sono messi in tasca questi soldi – con in testa l’attuale segretario generale dell’Ars, Giovanni Tomasello, e il segretario generale aggiunto, Paolo Modica-: ma veramente avevate bisogno di intascare questa maggiorazione della vostra indennità, che a onor del vero a noi non sembra scarsa: anzi!

Non vi sembra di avere esagerato? Prendersi una barca di soldi – voi che già, ogni mese, vi portate a casa un transatlantico di soldi – non suona come un’offesa ai tanti siciliani che non riescono a mettere d’accordo il pranzo con la cena?

C’è un’altra cosa che ci crea problemi. Questo giornale sta provando a difendere l’Autonomia siciliana dagli attacchi furibondi di chi identifica la ‘Malasignoria’ della politica siciliana degli ultimi vent’anni – e del nostro triste e tristo tempo – con la stessa Autonomia. L’ultimo attacco è arrivato qualche giorno fa da Francesco Merlo. Noi proviamo a ribattere che un conto sono le Istituzioni autonomistiche e altra e ben diversa cosa sono – purtroppo, in molti casi – gli uomini che le rappresentano.

Ma quando, oltre alle manchevolezze di una politica siciliana che lascia molto a desiderare, ci ricordano che, grazie all’Autonomia, invece dello sviluppo dell’economia siciliana, si sono sviluppati i conti correnti degli alti burocrati dell’Ars che cosa dobbiamo rispondere?

 

 

 


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