Il ‘viaggio’ nel cinema, dagli albori ad oggi

di Danilo Altese

Sin dai suoi primissimi esordi, il cinema ha mostrato un perspicuo interesse verso il concetto polisemantico di “viaggio”. Probabilmente per due ragioni di fondo: in primo luogo, il lessema “viaggio” contiene fra i suoi semi nucleari l’idea di spostamento e, ipso facto, l’idea di movimento, uno dei fattori specifici dell’arte cinematografica (Il vocabolo “cinema” deriva dal greco ??????, “movimento”), e dunque per una sorta di autoreferenzialità, il cinema delle origini propone al suo pubblico tutto ciò che per analogia possa rimandare alle prerogative del nuovo mass medium; d’altro canto, la settima arte, nata come fenomeno da baraccone, per attrarre lo spettatore e per ottenere viepiù credito, si pone sin da subito come un dispositivo in grado di offrire una fuga dalla realtà municipale, un mezzo di trasporto figurativo diretto verso mete altrimenti irraggiungibili, come dimostrano anche i nomi “trascendenti” delle prime sale cinematografiche (identici in tutto il mondo!): Lux, Splendor, Excelsior, Astra, Eden, Paradise – “nomi che irradiano luci paradisiache producendo un «effetto Nirvana» con pochi centesimi. E per gli amanti dei viaggi esotici c’è la Pagode, l’Alhambra, l’Eldorado.

Più che di indicatori geografici, i nomi delle sale acquisiscono la funzione di luoghi utopici nel cuore delle città.” Insomma, il cinematografo costituisce nell’immaginario collettivo dei proto-“icononauti” la possibilità di vedere ciò che prima si poteva solo immaginare; “il grande venditore di immagini” (il fortunato epiteto si deve ad A. Laffay), è un convoglio fantasmagorico che viaggia verso ignoti territori e produce inconsuete visioni.

Non è forse un caso che uno dei primissimi e più famosi cortometraggi proiettati all’indomani della data ufficiale della nascita del cinema (1895) sia proprio L’Arrivée d’un train en gare de La Ciotat (A. e L. Lumière, 1896), che mostra appunto il viaggio di un treno fino alla stazione.

Se il viaggio è un tema ricorrente nella filmografia delle origini – si pensi ai fantastici viaggi di G. Méliès (Le Voyage dans la Lune, 1902; Voyage à travers l’impossible, 1904; Voyage de noces en ballon, 1908; À la conquête du pôle, 1912) – i mezzi di trasporto, e il treno in primis, che del viaggio sono emblemi, costituiscono spesso il luogo precipuo della diegesi, come avviene in The Kiss in the Tunnel (1899) di G. A. Smith, in The Great Train Robbery (1903) di E. Porter, in The Life of Charles Peace (1905) di W. Haggar, ecc.

Con il treno non può mancare la ferrovia, “personaggio intimamente legato al progressivo imporsi, in seno al cinema primitivo, di una concezione più dinamica, più aggressiva, più padronale della rappresentazione. La ferrovia, d’altra parte, stava entrando solo allora nella sua età dell’oro. Da poco tempo infatti era diventata il mezzo di trasporto «moderno» per eccellenza, che avrebbe permesso all’uomo” di viaggiare verso nuovi scenari sconosciuti, verso luoghi esotici e remoti.

Secondo N. Burch, la scelta del treno e della ferrovia presenta una duplice motivazione: se da un lato, a livello sociologico, si vuole offrire alle masse lo spettacolo del progresso industriale, dall’altro, a livello prettamente cinematografico, il treno in corsa verso l’obiettivo della cinepresa ricrea una straordinaria profondità di campo che a sua volta produce un effetto di realtà quasi tridimensionale. “E la ferrovia, con il suo movimento rettilineo e penetrante, immagine formidabile della «conquista industriale di nuovi spazi» (a un tempo figurativi e geografici), sarà un segno spettacolare che attraversa l’intera storia del cinema, da The Great Train Robbery fino a Das Stahltier, passando per La Roue, The Iron Horse, Turksib, La Bête humaine.”

Stazioni, ferrovie, treni e vagoni, come tutti gli elementi profilmici, svolgono spesso un ruolo chiave nello sviluppo narrativo e poetico del film: non sono puri e semplici contenitori spaziali, ma assumono invece funzioni estetiche nonché metaforiche e simboliche, contribuendo così alla produzione di senso che contraddistingue ogni opera di creatività. In certi casi, ricoprono segnatamente un ruolo narrativo e una rilevanza semantica di prim’ordine, costituendosi come dei veri e propri attanti Pertanto, la scelta di ambientare un intero film, un segmento o soltanto una scena, in un preciso ambiente non è quasi mai casuale, ma serve appunto a corroborare il passaggio dal livello denotativo al livello connotativo del testo filmico, aggiungendo così un valore significativo supplementare.

Dal 28 dicembre 1895 ad oggi, sia che abbia percorso l’intera durata di un film, sia che ne abbia ospitato solo alcune inquadrature, sia che abbia attraversato lo schermo per incidere sull’andamento della trama, il treno ha ininterrottamente viaggiato nel cinema, passando per gran parte della filmografia mondiale.

Basti ricordare film come Shanghai Express (J. Von Sternberg, USA, 1932), Ritrovarsi (P. Sturges, USA 1942), Sete (I. Bergman Sve. 1949), Il sapore del riso al tè verde (Y. Ozu, Giap. 1952), Quel treno per Yuma (D. Daves, USA 1957), Il treno della notte (J. Kawalerowicz, Pol. 1959), A 007, dalla Russia con amore (T. Young, GB 1963), Il treno (J. Frankenheimer, USA-Fr.-It. 1964), Vagone-letto per assassini (Costa.Gavras, Fr. 1965), Treni strettamente sorvegliati (J. Menzel, Cecosl. 1966), Trans-Europ-Express – A pelle nuda (A. Robbe-Grillet, Fr. 1966), C’era una volta il West (S. Leone, It. 1968), Una sera… un treno (A. Delvaux, Fr.-Belg. 1968), Assassinio sull’Orient Express (S. Lumet, GB 1974), Cassandra Crossing (G. P. Cosmatos, GB-It.-RFT 1977), Quell’oscuro oggetto del desiderio (L. Buñuel, Fr. 1977), Café Express (N. Loy, It. 1980), Daniele prende il treno (P. Sándor, Ung. 1982), A trenta secondi dalla fine (A. Kon?alovskij, USA 1985), In viaggio con Alberto (A. Joffé, Fr. 1990), Pomodori verdi fritti, alla fermata del treno (J. Avnet, USA 1991), Dead Man (J. Jarmush, USA-Germ.-Giap. 1995), Train de vie – Un treno per vivere (R. Mihaileanu, Fr.-Belg.-Ol. 1998), Tickets (E. Olmi, A. Kiarostami, K. Loach, It.-GB 2005), Il treno per il Darjeeling (W. Anderson, USA 2007), Hachiko – Il tuo migliore amico (L. Hallström, USA, 2009).

Foto in altro tratta da cinema.newsfan.it

Foto in basso a destra tratta da it.paperblog.com

 

 

 


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