La Sicilia tra la vittoria di Orlando e il vento dell’antipolitica

Si parla tanto, in queste settimane, di antipolitica. Indicando in Beppe Grillo e nel suo Movimento 5 Stelle i protagonisti di una nuova stagione di ‘qualunquismo’. Proveremo a dimostrare che le cose stanno esattamente al contrario. I ‘qualunquisti’ e portatori dell’antipolitica sono i partiti politici tradizionali. Mentre Grillo propone un modello politico – che potrà essere pure discutibile – ma ha il merito di essere democratico. E di non dipendere dal denaro rubato ai cittadini.

Il parlamento nazionale che oggi esprime e sostiene il Governo Monti si è insediato nel 2008. In pratica, a meno che – e noi ne saremmo felici – Monti e la sua ‘banda’ non vengano cacciati prima, dovremmo andare a votare il prossimo anno.

Come i lettori ricorderanno, nella primavera del 2008 si diceva che una delle prime ‘emergenze’ da affrontare era quella di liberare l’Italia da una legge elettorale pessima: il cosiddetto ‘Porcellum’. Si tratta delle legge elettorale che consente alle segreterie dei partiti romani di ‘nominare’ i parlamentari della Camera e del Senato. In pratica, i cittadini italiani non eleggono i propri rappresentanti in parlamento, ma sono costretti a mandare a Roma i candidati ‘segnalati’ dai partiti. Di fatto, l’esatto contrario della democrazia.

Da quattro anni i partiti – i rappresentanti di Pdl, Pd, Lega, Udc, adesso anche Fli – si baloccano su varie possibili riforme elettorali con varie formule: maggioritario alla francese, quadruplo turno alla tedesca, salto in lungo alla finlandese, ‘sogliola’ all’americana e via continuando. Alla resa dei conti, dopo quattro anni, di concreto non c’è nulla. E non ci sarà nulla.

Perché chi controlla i partiti politici italiani non ha alcuna voglia di cambiare l’attuale legge elettorale. Per un motivo semplice: perché nella stragrande maggioranza dei casi, a controllare questi partiti sono gli stessi politici che, già nella seconda metà degli anni ‘80 del secolo scorso, calcavano le scene del parlamento italiano. Con l’eccezione di Berlusconi, che è arrivato nel 1994 (ma era presente già allora, dietro la figura di Bettino Craxi), i vari D’Alema, Veltroni, Bersani, Bossi, Fini, Casini non erano, alla fine degli anni ‘80, tutti parlamentari della Prima Repubblica?

Se la legge elettorale dovesse cambiare, ridando al popolo la possibilità di scegliere democraticamente i propri rappresentanti, i primi a non essere eletti sarebbero proprio questi signori. Che, di conseguenza, si terranno questa legge elettorale che gli consentirà di realizzare due obiettivi. Primo: essere rieletti in parlamento. Secondo: ‘segnalare’ nel nuovo parlamento un’altra ‘orda’ di parlamentari-camerieri che saranno al loro servizio. Il tutto a scapito della popolazione italiana che, ancora una volta, non avrà la possibilità di eleggere democraticamente i propri rappresentanti in parlamento.

Che significa questo? Che i partiti politici tradizionali del nostro Paese non hanno alcuna voglia di rinnovarsi e di rinnovare la politica. E un partito che non si rinnova è già morto. E infatti i vari Pdl, Pd, Fli, Udc sono già politicamente morti (discorso diverso per la Lega che ha un legame particolare con i propri elettori e che, nonostante la crisi che, non a caso, ha colpito la vecchia nomenclatura del partito, sta provando a rinnovarsi a partire dal radicamento che ha acquisito nel territorio, soprattutto con i sindaci).

C’è di più. Lungi dal discutere e approvare una nuova legge elettorale, i partiti tradizionali del nostro Paese, nell’ultimo anno, non hanno trovato di meglio che accapiglirsi sul come intendono ‘fottersi’ i soldi dei finnziamento pubblico da erogare agli stessi partiti. Scusate la parola ma, con tutta la buona volontà, non ne troviamo una più calzante. Come commentare le ruberie di alcuni dirigenti di partito, peraltro oggetto di indagini della magistratura?

Come avete potuto notare, la vera ‘antipolitica’ non è impersonata da Grillo, ma è rappresentata dal Pdl, dal Pd, dall’Udc, da Fli e, per certi versi, anche dalla Lega. Il Movimento 5 Stelle è solo l’effetto di partiti vecchi e sputtanati che ormai si avvitano su se stessi.

Il vento impetuoso dell’antipolitica si avverte anche in Sicilia. Dove il Pdl è ormai in caduta libera. E dove il Pd si è infognato nel sostegno a un governo regionale che, al di là delle vicissitudini giudiziarie del presidente Raffaele Lombardo, segna pesantemente il passo. I risultati elettorali delle elezioni amministrative ne sono la prova palmare.

A Palermo il partito del presidente della Regione – l’Mpa – è fermo al 7 per cento. Un risultato che definire disastroso è poco. Questo perché Lombardo – caso unico nella storia dell’Autonomia siciliana – ha dato vita a una giunta regionale nella quale tutti gli assessori rispondono a lui personalmente e non ai partiti. Ebbene, con tutto il potere nelle mani, gli elettori siciliani – e, in particolare, quelli palermitani – lo hanno penalizzato. Perché?

Semplice: perché l’attuale presidente della Regione non ha capito che il vento è cambiato. Il clientelismo, come abbiamo scritto nei giorni scorsi, in Sicilia non paga più in termini elettorali. Lombardo, nei due giorni precedenti il voto (se per questo anche nel giorno del voto), si è esibito in chilometriche interviste spiegando che lui difende i 50 mila precari siciliani che debbono essere ‘stabilizzati’ (cioè assunti a tempo indeterminato nella pubblica amministrazione). Con molta probabilità, negli anni ‘80 e ‘90 – e, volendo, fino a due tre anni fa – la gente di Sicilia gli sarebbe andata dietro votandolo.

Ora, invece, i siciliani non lo votano più. Per due buoni motivi. In primo luogo perché hanno capito che soldi pubblici per creare e stabilizzare nuovi precari non ce ne sono più. In secondo luogo – cosa ancora più importante – famiglie e imprese della Sicilia hanno capito che Roma non erogherà più risorse per i precari. E che i 50 mila precari cari a Lombardo, alla sua giunta e alla sua maggioranza (Pd compreso) verrano pagati con i soldi delle imprese siciliane che stanno chiudendo perché colpite dalla crisi e dalle famiglie siciliane che, nella stragrande maggioranza dei casi, non riescono ad arrivare alla fine del mese. Da qui la sconfitta di Lombardo e del suo sistema di potere superato dalla storia.

Questo, grosso modo, lo scenario nazionale e siciliano. E se, a livello nazionale, la speranza di salvezza non può certo essere rappresentata da un sistema di partiti tradizionali ormai morti perché incapaci di rinnovarsi, se Grillo, nel giro di un anno, è destinato a diventare un leader politico centrale del nostro Paese, in Sicilia l’evoluzione potrebbe essere leggermente diversa.

In Sicilia si registrano tre novità. Il ritorno di Leoluca Orlando, ‘vissuto’ come una speranza per Palermo e per tutta l’Isola. La presenza del Movimento 5 Stelle di Grillo destinata a crescere. Lo spazio per una sinistra vera che potrebbe nascere sulle ceneri del Pd.

La crisi del Pd siciliano è irreversibile. Con l’eccezione di ‘isole felici’ (per esempio Enna e Caltagirone), peraltro bistrattate, in questo partito la base non conta assolutamente nulla. Basti pensare che, in tre anni, non sono nemmeno riusciti a bandire un referendum per stabilire se appoggiare o meno il governo Lombardo. Il Pd siciliano, di fatto, è ormai, in buona parte, una sommatoria informe di comitati di affari più  meno politici. In questo partito, chi prova a parlare di valori viene preso per stupido. L’unica cosa che conta è l’appoggio al governo Lombardo. Anche in presenza di ombre pesanti. Come già detto,gli affari prima di tuutto.

Pur di tutelare i propri affari che hanno in comune con il presidente della Regione Lombardo, i vertici siciliani di questo partito non hanno esitato a gettare a mare la candidatura a sindaco di Palermo di Rita Borsellino. E se non fosse intervenuto Leoluca Orlando si sarebbero presi Palermo e l’avrebbero ‘lombardizzata’ con appalti facili, consulenti e clientele varie.

Con la vittoria di Orlando, la sinistra lontana dal Pd – che ha partecipato attivamente a questa vittoria – ha a disposizione grandi spazi di manovra. A Palermo e nel resto della Sicilia. Deve solo usarli. Magari accogliendo le tante persone per bene della base del Pd che sono in sofferenza perché costrette a identificarsi con il governo Lombardo.

Ci sono anche i ‘grillini’. Non è vero che alle recenti elezioni non hanno avuto successo. Non hanno sfondato perché, in Sicilia, la spesa pubblica improduttiva residuale tiene ancora in piedi almeno una parte del vecchio sistema dei partiti tradizionali. Ma è solo questione di tempo. Perché il futuro gioca a sfavore dei vecchi partiti.

Berlusconi non dovrebbe più foraggiare il Pdl siciliano e Grande Sud di Miccichè. Mentre il commissario dello Stato e la Corte dei Conti, limitandosi soltanto a chiedere al Governo della Regione e all’Ars il rispetto minimo dei vincoli di bilancio, hanno di fatto bloccato un sistema politico truffaldino che vivacchiava sulle entrate gonfiate, sul ritardo incredibile nei pagamenti per ‘giustificare’, almeno in termini di ‘cassa’, le stesse entrate fittizie, e su promesse e aspettative altrettanto truffaldine.

A proposito di promesse & truffe, un esempio ‘classico’ è rappresentanto dai 286 milioni di euro dell’Avviso 20, cioè dalla finta formazione professionale gestita direttamente da partiti e sindacati.

Governo regionale e partiti politici – naturalmente di maggioranza, ma anche, in minima parte, di opposizione – contano di gestire le campagne elettorali delle prossime elezioni politiche e delle prossime elezioni regionali proprio con i fondi della formazione professionale. Per questo è importante che l’Avviso 20 venga ‘bocciato’ dalla Corte dei Conti: questo si configurerebbe come il colpo di grazia non della formazione professionale siciliana, che è già in crisi, ma del sistema truffaldino dei partiti siciliani che vorrebbe continuare a sostenersi con la formazione professionale finta pagata – cosa ancora più scandalosa! – addirittura con i fondi europei!

Davanti a una vecchia società politica ormai in dissoluzione – forte anche della vittoria di Orlando, di una sinistra esterna e lontana (per fortuna) dal Pd siciliano e di un Movimento 5 Stelle che, piano piano, si va affermando – la Sicilia deve provare a cercare una strada che non può essere quella dei partiti politici tradizionali. Coniugando una nuova stagione di lotta concreta alla mafia e di rilancio della propria Autonomia. Ed è questa la grande scommessa dell’immediato. Su questi temi torneremo nei prossimi giorni.

 

 


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