Il programma della serata, a cura di Grazia Pulvirenti e Renata Gambino

Facoltà di Lingue e Letterature straniere – teatro Stabile di Catania

 

Giornata della memoria

venerdì 27 gennaio 2006, ore 20.00 – Auditorium del Monastero dei Benedettini, Piazza Dante 32

 

 

«Ti offro, uomo, la mia memoria…»

a cura di Renata Gambino e Grazia Pulvirenti

programma musicale di Riccardo Insolia

Con

Mariella Lo Giudice, Alessandra Palladino,

Salvo Piro, Davide Sbrogiò, Agostino Zumbo

Salvatore Rinaldi, pianoforte – Ester Chines, soprano –

Graziella Concas, pianoforte

Mario Scirè Chianetta, chitarra – Daniela Giusto, mezzosoprano –

Josè Mobilia, percussioni

Ensemble di clarinetti «Calamus» –

Coro della Camerata Polifonica Siciliana

Giovanni Ferrauto, direttore

 

 

PROGRAMMA

 

Felix Mendelssohn, da Lieder ohne Worte  n. 5 op. 67

 

Nelly Sachs, Se i profeti irrompessero

 

Felix Mendelssohn,  da Lieder ohne Worte n. 1 op. 102

 

Elie Wiesel, Preghiera di Elhanan da L’Oblio

 

John Williams, Schindler’s list theme

 

Salvatore Quasimodo, Impercettibile il tempo, Auschwitz

 

Arnold Schönberg, Drei Lieder op. 2 per soprano e pianoforte

 

Bertolt Brecht, Il rogo dei libri

Czeslaw Milosz, Scadenze da Il castigo della speranza

 

Mario Castelnuovo-Tedesco, Baladilla de los tres rios

da Romancero gitano, per coro e chitarra su testo di Federico García Lorca

 

Elie Wiesel, Grisha figlio mio da Il testamento del poeta assassinato

 

Traditional Jewish

KolynRebn’s WaltzBay a Glezele Mashke

 

Elie Wiesel, Non è nei suoi gesti

Richard Dehmel, Verso il sole

 

Giovanni Ferrauto, Tre melodie ebraiche per coro e ensemble

 

 

 

___________

Si ringrazia per la cortese collaborazione l’Istituto Musicale «Vincenzo Bellini» di Catania.

 

 

 

 

 

 

Dolore e denuncia. La Storia pesa come un macigno sulla coscienza d’Europa. Non cesserà l’interrogativo, ossessivo come una condanna: come sia potuto accadere l’orrore, l’avvento della più bieca bestialità nel cuore della civilissima Europa, con il suo retaggio illuministico e cristiano, umanistico e filosofico, sotto gli occhi increduli o indifferenti del mondo.  Il conto con questo passato non è chiuso, né mai lo sarà. Quest’interrogativo che agita la coscienza moderna sin dall’epoca dei lumi – “El sueño de la razon produce monstruos”, intitolava profeticamente una sua incisione Francisco Goya – è ancora senza risposta, anche se le motivazioni di ordine storico, politico, sociale sono state individuate, quanto meno per ricostruire la successione allucinante degli eventi. Ma sul piano puramente antropologico non esiste risposta soddisfacente. Al di là del ribadire quel principio individuato da Freud nell’istinto di morte, non sarà mai possibile comprendere le pulsioni della più bieca barbarie organizzata con la perfezione di un meccanismo di imperdonabile efficienza. Ecco perché serbare la memoria, tramandata a frammenti, per testimonianze parziali e atroci, è l’unica forma di contributo alla civiltà del domani che l’uomo d’oggi può dare. Con il decennale lavoro di ricognizione di testimonianze individuali si è costituito un archivio della memoria collettiva che è nostro dovere serbare: la memoria del passato è l’unico strumento che ancor oggi può consentirci di interrogarci e capire inauditi e assurdi scontri di civiltà. Certo non giovano le genericità dell’innominabile obbrobrio, ma l’individuazione di specifici valori da ricostruire e serbare in un archivio collettivo proprio in quanto vilipesi e negati dalla storia del nostro passato: il senso della civiltà, il dialogo fra etnie diverse, la dimensione dell’alterità quale patrimonio imprescindibile della convivenza sociale e motore propulsore della cultura su cui si fonda il mondo del nostro tempo e di ogni epoca, la rinuncia alla violenza, la rifondazione della cultura umanistica come patrimonio in grado di riconsegnare all’uomo quei principi superiori che la brutalità dei tempi rischia di cancellare. Il recupero delle testimonianze artistiche dell’epoca della barbarie assume sotto questo profilo la funzione memoriale e fondativa di un archivio di valori che si sono conservati anche nell’epoca della cecità e della follia. Quella che il Reich definì come entartete Kunst, arte degenerata, è la fiamma dello spirito rimasta accesa, parafrasando e capovolgendo le conclusioni del tragico testamento poetico di  Georg Trakl, sugli altari della storia, testimonianza di un umanesimo imperituro, per un umanesimo a venire.


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