I Terroni? Salveranno l’Italia. Parla Pino Aprile

“Giù al Sud, perché i terroni salveranno l’Italia” è il titolo del nuovo libro di Pino Aprile che viene presentato domani a Termini Imerese nella pinacoteca del museo civico. Insieme all’autore saranno presenti gli scrittori Antonio Ciano, oggi assessore al demanio del Comune di Gaeta, e Tommaso Romano. Coordinerà l’incontro Fonso Genchi, portavoce dei comitati “La Sicilia e i siciliani per lo Statuto”.
I meandri della storia riescono a far giungere, talvolta, a delle conclusioni eccezionali.Già, perché la storia non è il corso naturale di una serie di avvenimenti umani, e la storiografia non è la ricerca scientifica che prova semplicemente ad ordinare tali avvenimenti di per sé accaduti. La storia non è composta da compartimenti stagni atti a dividere dei periodi: è un continuum, razionalizzato, per poter essere studiato, dalla storiografia. Se fosse davvero possibile costruire una narrazione storica priva di selezioni, suddivisioni periodiche e scremature, non esisterebbe neppure quella che chiamiamo, appunto, ‘storia’.
Ma la storia ‘canonica’, quella studiata per gradi di complessità dalle scuole elementari alle superiori, non è l’unica analiticamente ordinata possibile. Al suo interno esistono infatti numerose possibilità di descrizione, basate su un punto di vista differente, che se non insegnate insieme possono causare ciò che sta di fatto accadendo oggi in Italia e che non è escluso sia accaduto e possa accadere in altre parti del mondo. Inoltre, deve essere ricordato che tale storia ‘canonica’ non riguarda che determinate tipologie sociali, soprattutto d’alto rango, ovvero si parla di ‘storia di lunga e media durata’, per citare Fernand Braudel, ovvero di argomentazioni riguardanti la vita politica ed economica di una determinata zona geografica.
Molto meno spesso si parla, tra queste, della ‘storia di breve durata’, del contadino che per portare del pane a casa è costretto a spezzarsi la schiena sotto il pesante giogo dei gabelloti e dei despoti di turno, che molto spesso subisce soprusi e giudizi sommari e che ha a che fare con una realtà che scorre in una maniera ben differente da quella di chi si trova alcuni gradini sociali più in alto. La storia che ci viene raccontata è dunque molto più spesso quella dei re, dei nobili e dei potenti, e solo alcuni studi di matrice più specificamente accademica sono in grado di fare maggiormente luce anche su determinate condizioni di vita dello strato, cosiddetto, ‘popolare’.
Ma se è vero che, per quanto ad esempio riguardi il ‘Risorgimento’ (le virgolette non sono un caso), a scuola ci è sempre stata raccontata e descritta, talvolta anche quasi con le lacrime agli occhi degli insegnanti, la romantica eroicità di determinati personaggi quali Garibaldi, Vittorio Emanuele, Cavour, D’Azeglio, Bixio – e si potrebbe continuare – ecco che d’un tratto, come per magia, salta fuori una descrizione storica del tutto differente, quasi come se ci si stesse riferendo ad un altro contesto storico e non al medesimo. E allora si inizia a credere che queste ultime disquisizioni revisioniste siano solo una presa in giro, e che ciò che deve rimanere incrollabile siano i capisaldi in cui, sin da bambini, si è sempre creduto.
E invece Pino Aprile, ex vicedirettore di Oggi e direttore di Gente, nato a Gioia del Colle di Bari, con quello che sarebbe poi diventato il suo Best seller, ovvero il libro Terroni. Tutto quello che è stato fatto perché gli italiani del sud diventassero ‘meridionali’, è riuscito realmente ad agitare le acque su questi scottanti temi: temi che in Italia assumono le dimensioni di un vero e proprio mostro che si credeva fosse stato seppellito da tempo e per sempre proprio grazie alla travolgente propaganda, anche e soprattutto scolastica e poi mediatica, volta all’eliminazione dalla cultura e dalla memoria popolare di qualcosa che ancora oggi è spudoratamente taciuto, a partire proprio dai piani alti della politica nazionale. Terroni risulta così un punto di partenza che, in effetti, tale è solo per quanto riguarda, ancora una volta, il clamore mediatico, mentre non si tiene generalmente conto di altrettanto importanti autori come Nicola Zitara, Gigi Di Fiore, Antonio Ciano e molti altri, senza escludere Antonio Gramsci già nei primi del Novecento, autori che hanno tentato di dimostrare, con un’innumerevole quantità di documenti alla mano, alcune delle controversie più importanti riguardanti quello che ancor oggi chiamiamo ‘Risorgimento’.
Si sta parlando di attestazioni e documentazioni di stragi arbitrarie da parte di garibaldini e soldati sabaudi ai danni di inermi cittadini siciliani e napoletani; di demitizzazioni di false vittorie epiche – si pensi alla falsità della tanto decantata vittoria di Garibaldi a Calatafimi, in seguito ad una battaglia in realtà mai avvenuta –; di deportazioni di soldati e civili nel primo campo di concentramento in Europa, a Fenestrelle, in Piemonte, dove le persone venivano lasciate morire di freddo o squagliate nella calce. Si parla, insomma, di un altro ‘Risorgimento’, che permette di domandarci da cosa e come si sia ‘risorti’, se parliamo del Meridione italiano.
Ma Pino Aprile non si accontenta di scrivere un solo libro su questo argomento, scottante quanto appassionante e ricco di interesse anche per approfondimenti di carattere più particolarmente accedemico. A distanza di quasi due anni nasce infatti Giù al Sud. Perché i terroni salveranno l’Italia, che viene proprio presentato domani a Termini Imerese, alle 16,00, nella pinacoteca del Museo Civico. L’evento è stato organizzato dall’associazione culturale Termini d’Arte di Rita Elia, nell’ambito dei seminari “Cultura e Identità Siciliana – L’Isola e il Risorgimento” il cui programma durerà fino a dicembre. Insieme all’autore sarà presente il già citato scrittore Antonio Ciano, oggi assessore al demanio del Comune di Gaeta, insieme ad altre personalità di rilievo come il professore Tommaso Romano. Coordinerà l’incontro Fonso Genchi, portavoce dei comitati “La Sicilia e i siciliani per lo Statuto”.
Pensiamo valga la pena partecipare, se non altro per mostrarci finalmente almeno un po’ interessati alle motivazioni, che ci riguardano, per cui lo Stato italiano si ostina ancor oggi a tacere su determinati argomenti, forse per paura che possano ancora far male a qualcuno.

 


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