Domande sparse sul Lungomare liberato «Tra ciclisti e imprenditori, dov’è la città?»

Nel numero 287 di Dylan Dog un ingorgo autostradale sotto il sole d’agosto trasforma presto gli automobilisti in un esercito di rozzi esagitati pronti ad aprirsi il cranio a vicenda. Divisi in gruppi, tracciano confini, costruiscono accampamenti, si armano. Nulla di più vicino alla situazione creata a Catania dal Lungomare liberato. Il catanese, amante delle fazioni più della maglia rossazzurra, ha già disposto i pezzi bianchi e neri sulla scacchiera: da una parte la tribù dei ciclisti, dall’altra quella degli imprenditori; la tribù del Comune è alleata riluttante dei primi mentre l’opposizione parteggia per i secondi. Come in ogni guerra, in mezzo ci sono i civili: pur costituendo la maggior parte della popolazione, sono spettatori occasionali e passivi. A leggere i giornali, l’impressione, spiace dirlo, è quella di una invasione di tizi su due ruote, su una pista da decollo per aerei, sotto gli occhi inferociti di soggetti scornati per non potere vendere il loro panino quotidiano.

Per intenderci, e non me ne vogliate: mettere un paio di casse ululanti musica ad alto volume su una bici anziché su una Punto ad assetto ribassato farà comunque di te un indesiderabile rompicoglioni per molta gente in transito; egualmente, occupare uno spazio temporaneo a tempo indeterminato, senza bolli né assicurazioni, vendendo panini di gomma non fa di te un gastronomo né un rappresentante virtuoso del made in Sicily. Inutile, tra parentesi, pronunciarmi sul pestaggio, frutto più di una secolare mentalità basata sulla prevaricazione e sulla giustizia fai da te che sull’esasperazione: immagino conosciate la mia opinione, contornata da una valanga di parole assai volgari. Lungomare liberato, spiace dirlo, pur nelle buone intenzioni, è una iniziativa raffazzonata.

Vorrei pormi qualche domanda sparsa, cercando di essere quanto più oggettivo ed equidistante.

1) Basta fare a piedi l’attuale percorso pedonale per rendersi conto della bruttezza del tragitto. In direzione piazza Europa: marciapiedi stretti e sconnessi, ringhiere arrugginite, nessuna pista ciclabile, un campo da basket martoriato e un piazzale combattuto tra orrende camionette dei panini inchiodate al suolo alla faccia della nozione di vendita ambulante e un monumento utile al massimo come bersaglio per un cacciatorpediniere. In direzione Ognina, marciapiedi anche più stretti, quadrati e rettangoli di verde spelacchiato ricavati in mezzo al percorso, interi pezzi di strada sequestrati da malmessi giardinetti condominiali, siepi di pitosforo alte quanto i Buddha di Bamiyan, cordoli di cemento sbeccato, aree parcheggio, ingiallite collinette di contenimento, piazzette dalla funzione misteriosa. La domanda sorge spontanea: lasciate a disposizione della gente la strada perché i percorsi dedicati non esistono e costa troppo sistemarne lo scempio? Eppure proposte intelligenti erano state avanzate.

2) Esercenti e Comune, la rete che non c’è: sulla riviera romagnola, durante la famosa crisi delle mucillagine del 1989, gli imprenditori si riunirono, fecero squadra e inchiodarono i propri clienti organizzando decine di attività per non fargli rimpiangere il mare, in cui era impossibile immergersi. Frutto di mentalità secolare, certo, ma non solo da parte degli imprenditori, anche dei Comuni. Qui c’è questa disponibilità da parte degli attori coinvolti? Sui giornali, silenzio. Secondo i commercianti, le iniziative da organizzare per inchiodare la gente al Lungomare ci sono (quali per curiosità?) ma il Comune – dicono – fa ostracismo. Sarà vero? Sarà falso? Non è dato sapere.

3) L’acume imprenditoriale: area giostre nata ai tempi del Watergate, tabaccai, un negozio di tappeti, un negozio di lampadari e un numero imprecisato di luoghi dedicati allo strafogo. Dopo la dose quotidiana di trigliceridi e nicotina, che faccio? Due domeniche al mese compro uno scendiletto e le altre due paralumi? Non importa, perché il cliente tipo del Lungomare vuole mollare l’auto a un metro da sé e pretende di rimanere il tempo di un gelato, di un panino e di una sigaretta; non vuole viverlo e non gliene frega niente di farlo. Sono loro a costituire la percentuale maggiore della clientela dei locali e dalla loro prevedibile assenza i il dichiarato ammanco nei fine settimana. Alle spalle di questo campo di battaglia c’è San Giovanni Li Cuti, pedonalizzata e straripante di turisti. Perché gli esercenti non provano a vederla allo stesso modo dei vicini di casa pensando ai vantaggi della cosa e modificando la loro offerta?

4) L’acume elettorale degli esercenti: chi di voi votò il tandem Scapagnini – Stancanelli e la loro generosa supposta di centri commerciali in dote alla città, stava infornando la materia grigia assieme alle cartocciate?

5) Associazioni ciclistiche e Comune, un’altra rete che non c’è: giusto il vostro ritrovato piacere di pedalare scampanellando tra le carreggiate ma a chi della bici non importa o non ce l’ha? Quelli abituali e rituali popolano il lungomare, ma chi abita lontano e vuol prendere una bici senza doverla mettere a pezzi nel bagagliaio che fa? Perché non proporre un parco bici in loco?

6) Il parcheggio invisibile: quando commercianti e clienti hanno lamentato la mancanza di parcheggi agevoli in zona mi sono sentito preso un po’ per il culo. Quella magnifica opera sotterranea in piazza Europa, attiva dopo solo un decennio, cos’è? Il dopolavoro dell’Anas? A proposito, perché non crearlo là dentro il parco biciclette, lontano da vandali e ladri?

7) I ciclisti, più o meno legati ad associazioni, fanno rete e sono felici per quanto ottenuto; i commercianti, più o meno legati ad altre associazioni, fanno rete e boicottano. Tutti quelli in mezzo che dicono? Sono le persone normali, quelle senza bici, che mentre girano a piedi vorrebbero vedere spuntare un campo da basket coi canestri integri, una libreria, un cinema, una vineria, un concertino, una fumetteria, una salumeria artigianale, un negozio di cessi laminati oro, uno spaccio per alieni infiltrati, sotto forma di stand temporaneo o di negozio vero e proprio. A loro cosa risponde il Comune? E gli esercenti? E i ciclisti? Non credete che tutti ne gioverebbero rompendo il circolo decennale del consumo prendi e scappa?

Il Lungomare è diventato il regno alterno del ciclismo e del binomio panino-gelato. I primi contro i secondi. Dialogo, manco a parlarne. Per i giornali poi, niente, al di fuori di questo epico scontro, sembra discutibile.

Gherardo Fabretti


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