Unict, ritratto in chiaroscuro di un Ateneo Pignataro annuncia cambiamenti allo statuto

«Un Ateneo che, come ben sapevo, ha tanti problemi, ma anche tante potenzialità». È passato poco più di un anno dall’insediamento di Giacomo Pignataro come rettore dell’Università di Catania. Un’eredità scomoda, con una comunità accademica reduce dalla traumatica riforma dello statuto, decisioni impopolari, veleni e casi giudiziari. E una crisi economica senza precedenti che ha colpito pesantemente il mondo dell’istruzione. I problemi catanesi «derivano dalla situazione generale del sistema universitario, in particolare quelli non trascurabili legati alla riduzione del finanziamento statale e alla mancata possibilità di rinnovamento generazionale», spiega il docente di Economia. «Su questo fronte, pur con le limitate risorse a disposizione, stiamo cercando di investire e di recente abbiamo bandito 36 posti di ricercatore a tempo determinato e 28 assegni di ricerca. Significa – chiarisce – più di 60 persone di cui possiamo finanziare l’attività di ricerca». E, inoltre, «abbiamo appena emanato il bando del finanziamento della ricerca, con criteri totalmente innovativi. Siamo tra i primi in Italia ad adottare questo meccanismo di finanziamento interno», tiene a sottolineare il magnifico. «Non distribuiamo sulla base dell’attività scientifica svolta nel passato, ma guardiamo al merito del progetto – prosegue – Lo faremo valutare da persone di altri atenei, incentivando ricerche di gruppo».

Altro nodo cruciale è la didattica. «Stiamo cercando di intervenire su alcuni aspetti che la riguardano, per migliorare la qualità dei servizi». Con un duplice punto di vista. «Da una parte lavoriamo con le scuole per l’orientamento, quest’anno siamo intervenuti con corsi zero, un esperimento lo abbiamo fatto con la matematica». Dopo l’iscrizione ai corsi di area scientifica, infatti, la materia si è confermata un vero e proprio ostacolo per numerose matricole. Sul fronte dei colleghi più anziani «stiamo cercando, attraverso l’attività avviata dal Presidio di qualità, di intervenire sulle questioni di blocco degli studenti». Come confermano i dati Almalaurea, «il problema fondamentale nel caso dei corsi triennali è il ritardo nella laurea». Un aspetto da non sottovalutare, Giacomo Pignataro ne è cosciente. «Abbiamo necessità assoluta di migliorare, non soltanto per la performance d’Ateneo, ma soprattutto per garantire che i nostri studenti non si laureino troppo tardi e perdano opportunità». Per questo sono già state individuate quelle che il rettore chiama «materie-tappo» e assieme ai docenti titolari delle cattedre «cercheremo di migliorare i risultati di questi corsi».

Per venire incontro alle esigenze degli iscritti, sono allo studio «forme di iscrizione più flessibili, part time, in modo che possano essere impegnati solo per una parte dell’anno». E in vista c’è anche un intervento sul regolamento didattico, in particolare «sul numero delle ore da collegare ai crediti formativi per evitare che gli studenti siano impegnati per tutta la giornata nella frequenza delle lezioni». Un argomento da non sottovalutare «in una città dispersiva come Catania, rischia di essere nocivo per mantenere il ritmo giusto». E, infine, «abbiamo bisogno di rafforzare il sistema di monitoraggio per garantire che i servizi agli studenti siano regolarmente effettuati».

Nota dolente, sempre testimoniato dai dati nazionali, è la scarsa internazionalizzazione degli iscritti. «Stiamo cercando di muoverci anche su altri progetti diversi da quello Erasmus, come Beyond frontiers per andare in università extracomunitarie. È un aspetto importante – riconosce Pignataro – nel quale però troviamo un forte limite delle risorse».

Tutte le riforme sono contenute in un documento importante, il piano strategico dell’Ateneo. «L’abbiamo varato, adesso il problema è monitorarne la realizzazione perché per noi è lo strumento che ci fa collegare quello che facciamo alla verifica dei risultati che otteniamo». Quella tracciata è «una strada lunga e difficile per mantenere e migliorare il nostro posizionamento nazionale». Definiti i punti-cardine. «Ha come obiettivo fondamentale la qualità della didattica, con particolare riferimento al miglioramento dei risultati negativi. Poi – prosegue – abbiamo il potenziamento dell’attività di ricerca». Centrale diventa il rafforzamento dell’autonomia dei dipartimenti. «Devono avere la capacità di darsi una propria identità, un proprio progetto sia formativo che scientifico. E, allo stesso tempo, vogliamo dare loro gli strumenti per realizzarlo». E il rettore Pignataro annuncia una novità: «Proprio in questi giorni stiamo discutendo le modifiche statutarie e una di queste potrebbe essere la possibilità di avere tutti i direttori in Senato accademico per coinvolgerli nelle scelte di governo». Maggiore partecipazione, ma anche un aumento del «grado di responsabilità». Soprattutto sul fronte economico. «Abbiamo adottato criteri di allocazione delle risorse che valutano i bisogni e i meriti dei dipartimenti. Non ci sono state attività del rettore di pura mediazione tra i dipartimenti – chiarisce – È stata un’attività di individuazione dei criteri, che stiamo sperimentando e cambieremo laddove emergano criticità importanti. Ma la strada è tracciata – ripete – si ragiona in base a bisogni e meriti».

Lo statuto, quel documento definito al momento del suo varo quasi intoccabile, subirà a brevissimo le prime modifiche. «Abbiamo tracciato qualche mese fa le linee di indirizzo e pochi giorni fa abbiamo avuto una prima riunione informale per discutere come applicarle e quindi i cambiamenti da apportare alle norme». Il prossimo passaggio, operativo, si svolgerà in questi giorni. «Spero entro l’estate che potremo aver varato i cambiamenti che riguarderanno la composizione del Senato accademico, il meccanismo di designazione del Consiglio d’amministrazione, la revisione di una più sostanziale autonomia gestionale, l’istituzione di una consulta degli studenti solo per citarne alcuni», annuncia il docente.

La gestione amministrativa, infatti, è risultata problematica con le nuove norme introdotte due anni fa. Con troppi poteri affidati al direttore generale. Pignataro non entra nella questione che lo ha visto coinvolto nello scontro con l’ex dirigente Lucio Maggio, ma indirettamente dà un giudizio sull’applicazione della riforma portata avanti e difesa strenuamente dal suo predecessore Antonino Recca. «Con il nuovo direttore generale – Federico Portoghese, ndr – abbiamo individuato un chiaro programma di interventi proprio per realizzare alcuni mutamenti nell’organizzazione amministrativa che possano dare maggiore efficienza e maggiore effettività alla nostra attività». Un aspetto, questo, «strettamente complementare alla didattica e alla ricerca».

La macchina elefantiaca dell’ateneo è diventata un ostacolo ai suoi membri. «Il nostro è un mondo che ha bisogno di velocità e rapidità – analizza il magnifico – Da una parte offriamo servizi agli studenti e non possiamo sprecare il loro tempo; dall’altra offriamo servizi ai docenti per la ricerca». Un’esigenza non più derogabile, Pignataro è categorico. «A volte avere successo, riuscire a pubblicare un articolo, è questione di giorni – racconta – Se perdi tempo per acquistare un reagente chimico per il tuo esperimento, tarderai di 15 giorni l’invio dell’articolo, qualcuno lo avrà fatto prima di te e ti avrà strappato il risultato». Un’organizzazione «rapida, veloce, efficiente. E che dia soprattutto grande capacità di valorizzare i meriti delle persone che lavorano per l’ateneo. Le persone vanno premiate per quello che fanno».

Sono molteplici le sfide poste ai vertici di palazzo Centrale, molte avranno un forte impatto sulla vita dei docenti, ma non solo. Giugno è tempo per le aspiranti matricole di guardarsi attorno e decidere dove iscriversi. Perché un diciottenne dovrebbe scegliere Unict? «L’Università di Catania, pur con alcuni aspetti problematici, continua a garantire livelli di successi nel mondo del lavoro paragonabili a quelli di altri atenei nazionali», afferma il docente. «L’attrattività del territorio catanese è notevolmente bassa, ma l’indicatore dove ha la migliore performance è proprio l’istruzione universitaria». L’Ateneo catanese, garantisce Giacomo Pignataro, «continua ad avere una qualità buona che dà buone prospettive».


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