Originaria di San Cristoforo, si trasferisce giovanissima al Nord per insegnare. Ma lì aderisce anche come volontaria alla Resistenza. Trovata armata da un gruppo di tedeschi, viene uccisa il 24 marzo del 1945. Dal 2003 l'associazione dei partigiani etnea si batte per intitolarle una strada. Impossibile perché esiste già una via Fratelli Giuffrida, dedicata a lei e al fratello. Senza nomi né descrizione
Il ricordo della partigiana Graziella Giuffrida «Questa giunta dia un segnale di diversità»
Via Fratelli Giuffrida è una traversa di via Plebiscito, a 50 metri circa dalla chiesa dei Cappuccini. La targa non riporta nient’altro e così sono in pochi i catanesi a sapere che quella strada è in realtà intitolata a Graziella e Salvatore Giuffrida, due giovani etnei uccisi durante la lotta di liberazione dal nazifascismo. Una polemica cominciata nel 2003 e mai sopita con le diverse amministrazioni comunali catanesi che si sono succedute negli anni, ma ancora più viva oggi nell’anniversario della morte della giovane, uccisa il 24 marzo 1945. Impossibile, nonostante le cinquemila firme a sostegno della proposta, intitolarle una strada perché ne esiste già una, seppure quasi anonima, dedicata a entrambi i fratelli. «Ma il Comune potrebbe almeno avere cura di prendere uno scalpellino per fare aggiungere i nomi dei due e spiegare chi sono: martiri per la libertà», commenta Domenico Stimolo, per diversi anni responsabile organizzativo dell’Anpi Catania.
Graziella Giuffrida era nata nel quartiere San Cristoforo nel 1924. A vent’anni lasciò Catania per andare a fare la maestra al Nord, dove si unì come volontaria alle squadre di Azione partigiana. Ma un incontro ravvicinato con un gruppo di soldati tedeschi su un tram le costò la vita. «Lei bella e giovane, loro stronzi e basta cominciarono ad importunarla e lei reagì e loro, stronzi e vigliacchi, le misero le mani addosso e addosso le trovarono una pistola – racconta il docente in pensione e scrittore etneo Elio Camilleri nella sua scheggia dedicata alla donna – Gli stronzi e vigliacchi larrestarono e la torturarono e la violentarono e poi gli stronzi e vigliacchi e, ora anche assassini, lammazzarono e la buttarono in un fosso». Era il 24 marzo 1945. La stessa sorte toccò anche al fratello Salvatore.
La vicenda, mai dimenticata da alcuni catanesi, torna di attualità nel 2003 quando l’allora giunta di Umberto Scapagnini propone una rosa di tre nomi per l’intitolazione di altrettante strade. Tra questi c’è il nome di Filippo Anfuso, «braccio destro di Galeazzo Ciano, il ministro degli Esteri che trattava con la Germania fino all’aprile del ’45», spiega Stimolo. L’associazione dei partigiani catanesi non ci sta e propone tre nomi alternativi di concittadini, con cinquemila firme a sostegno: Graziella Giuffrida, Giuseppe Di Stefano – tenente della IX armata in Grecia che collaborò con i partigiani ellenici – e Francesco Martelli – maggiore di cavalleria che organizzò il movimento partigiano in Friuli. «Ma l’amministrazione proseguì sulla sua linea e la richiesta rimase congelata», racconta Stimolo.
Qualche anno fa, fu lo stesso assessore all’Ambiente e alla mobilità Saro D’Agata, allora all’opposizione, ad avanzare di nuovo la richiesta per Graziella Giuffrida. In quell’occasione si scoprì come fosse impossibile realizzare un presunto doppione con la via Fratelli Giuffrida. Che, in ogni caso, resta ancora senza nomi né descrizione. «In generale, se l’amministrazione volesse scegliere dei nuovi concittadini per dedicare loro delle strade, vorrei far presente che basterebbe attingere alla lapide che c’è nell’atrio del chiostro del palazzo comunale che riporta una trentina di nominativi di partigiani catanesi che morirono per la Resistenza – conclude Domenico Stimolo – Sarebbe davvero un segnale di diversità, specie in vista del 25 aprile».