Sono le novità nel caso della vedova trovata morta al cimitero lo scorso 7 gennaio annunciate da Giuseppe Lipera, legale di Fabio Matà, figlio della vittima e tra gli indagati. Per approfondire i nuovi dettagli il legale ha chiesto questa mattina la riesumazione del corpo della donna. Non senza polemica sui lunghi tempi burocratici per le analisi degli oltre 50 reperti prelevati dalla scena del delitto, il silenzio delle autorità su un caso che resta misterioso e il nome del suo assistito trapelato da ambienti giudiziari: «Per tutti è già il mostro», tuona l'avvocato
Caso Velardi, tracce di graffi sul cadavere «Almeno due assassini, tra cui una donna»
Dei graffi sulla schiena. Segni lasciati da unghie dalla forma appuntita. Forse femminili. E’ l’esistenza di almeno due assassini, tra cui una donna, la nuova pista seguita da Giuseppe Lipera, legale di Fabio Matà, il figlio di Maria Concetta Velardi, la vedova trovata morta al cimitero di Catania lo scorso 7 gennaio. Dallo studio delle immagini dell’autopsia sul corpo della vittima, il pool di legali e di esperti coordinati da Lipera avrebbe scoperto non pochi dettagli finora trascurati e che questa mattina ha chiesto di approfondire tramite la riesumazione del cadavere. Non senza polemica sui lunghi tempi burocratici delle indagini e sull’iscrizione del figlio della vedova nel registro degli indagati.
«Attraverso l’esame delle fotografie della salma c’è un dato inconfutabile che ci porta a pensare che una donna abbia potuto partecipare all’assassinio di Maria Concetta Velardi – spiega Lipera – Si tratta di graffi. E di altri dettagli che ci fanno ipotizzare come il corpo sia stato martoriato da almeno due persone». Tra cui appunto un presunta assassina. «L’immagine delle unghiate sembra più verosimilmente compatibile con il profilo di una donna – aggiunge il medico legale Antonella Milana – Perché hanno un tratto appuntito e non tondo, come di solito si riscontra sugli uomini. Adesso sarà necessario verificare eventuali tracce biologiche sul cadavere». Tra cui i capelli «che ho visto con i miei occhi stretti nel pugno della vittima – continua Lipera – Nei telefilm vediamo che queste analisi si risolvono in poche ore, noi invece dobbiamo aspettare marzo».
Quando è fissato il prossimo appuntamento per i nuovi accertamenti sugli oltre 50 reperti prelevati dalla scena del delitto. Cominciati a Catania nei giorni successivi all’omicidio, gli esami proseguono adesso a Palermo. Tranne che per alcune analisi non ripetibili, come quelle se si terranno a febbraio presso la polizia scientifica etnea. Tempi troppo lunghi, secondo Lipera, che critica anche il silenzio delle istituzioni su un caso tutt’ora misterioso. «Dal 7 gennaio chi frequenta il cimitero ha paura perché non si scopre questo benedetto assassino – si scalda il legale – Eppure al funerale della signora Velardi nessuna autorità si è alzata per dire “Stiamo provvedendo alla sicurezza del cimitero”».
Un silenzio che non corrisponde a quello che dovrebbe essere imposto alle indagini, si arrabbia ancora di più l’avvocato. Dal 24 gennaio, Fabio Matà non è più solo l’uomo che ha trovato per primo il corpo senza vita della madre, colpita da un pesante masso. Per gli inquirenti è anche un sospettato, uno dei tre indagati delle indagini. «Ma a venire fuori è stato solo il suo nome – tuona l’avvocato Lipera – Fabio Matà per tutti è già il mostro». Gli altri due indagati sono un 37enne, Agatino Dottore e M. M., 57 anni. Rispettivamente, secondo le prime informazioni, il giovane di San Giorgio interrogato la notte dopo l’omicidio per aver incontrato la vittima quella mattina al cimitero e il signore di bella presenza che è stato presto ribattezzato l’uomo delle caramelle per la sua abitudine ad offrire dolciumi alla signore che frequentano il campo santo etneo, tra cui la vedova Velardi.
«Così io mi ritrovo ad essere in contemporanea il legale che difende l’indagato e quello che rappresenta la parte offesa. In 40 anni di carriera non mi era mai successo», commenta Lipera. Che aggiunge: «Data per scontata l’estraneità di Matà, gli altri due indagati sono incompatibili tra di loro. E’ insomma impossibile che siano stati complici, quindi uno di loro non c’entra niente». «Li conosco entrambi – ammette Fabio Matà, che ascolta in silenzio il suo legale, seduto alla sua sinistra – Un normale rapporto di conoscenza dentro al cimtero». Dove tutto comincia e, per il momento, si ferma.
[Nella foto, da sinistra: il medico legale Antonella Milana, l’avvocato Giuseppe Lipera e il figlio della vittima Fabio Matà]