Il valore del patrimonio che passa alla gestione dello Stato ammonta a 300mila euro. L'uomo, riconosciuto vertice di Cosa nostra a Paternò, avrebbe continuato a impartire ordini dal carcere, contestando anche il comportamento del figlio Domenico
Mafia, sequestro di beni a Salvatore Assinnata Sigilli a terreni, rapporti finanziari e una bottega
Beni del valore di circa 300mila euro sono stati sequestrati perché riconducibili a Salvatore Turi Assinnata, 49 anni, originario di Paternò e ai suoi familiari. Assinnata è ritenuto un uomo di elevatissimo spessore criminale, inserito nel gruppo di Paternò della famiglia di Cosa Nostra etnea dei Santapaola-Ercolano all’interno del quale ricopriva incarichi di vertice.
Il provvedimento di sequestro, notificato dai carabinieri, riguarda: una bottega nella zona centrale di Paternò, numerosi terreni e vari rapporti finanziari. Dalle indagini, negli anni, è emerso il ruolo di spicco e il prosieguo dell’appartenenza al clan mafioso di Paternò di Assinnata confermati anche dal fatto che dal carcere di Asti, dov’è stato detenuto, ha continuato a impartire ordini, direttive e a muovere contestazioni al figlio primogenito Domenico Junior. Particolarmente significativo è il biasimo da parte del padre, al comportamento del figlio nel 2015, in occasione dei festeggiamenti della festa patronale a Paternò, quando era stato fatto un doppio inchino con la statua di Santa Barbara sulle note de Il Padrino, dinnanzi all’abitazione della famiglia. La riconducibilità della figura di Assinnata come elemento direttivo del gruppo di Paternò è riferita a vario titolo anche dai collaboratori di giustizia Giuseppe Alleruzzo, Santo La Causa e Mirko Presti.