Tutto quello che resta da chiarire sull’infanticidio di Elena Luogo, arma e movente. «Indagini sul coinvolgimento di altri»

Alcune cose sono state chiarite e altre restano ancora da ricostruire nella vicenda dell’infanticidio di Elena Del Pozzo. La bambina di quattro anni di Mascalucia che è stata uccisa a coltellate dalla madre 23enne Martina Del Pozzo che da ieri si trova nel carcere di piazza Lanza a Catania, accusata dell’omicidio volontario pluriaggravato e dell’occultamento del cadavere della figlia. A farlo ritrovare, dopo un lungo interrogatorio durato tutta la notte, è stata proprio lei che dopo il delitto aveva inventato un rapimento fatto da quattro uomini incappucciati e armati. L’arma (presumibilmente un coltello da cucina in base alle ferite sul corpo, ma comunque un’arma da taglio) non è ancora stata ritrovata e non è ancora chiaro nemmeno dove sia stata uccisa Elena. Se – come sostiene la madre – nel terreno incolto dove il corpo senza vita è stato ritrovato parzialmente interrato in una buca precedentemente scavata e dentro cinque sacchi di plastica o nell’abitazione in via Euclide a Mascalucia che è stata sequestrata e dove nei prossimi giorni, proprio per questo, saranno eseguiti i rilievi da parte dei carabinieri del Sis del comando provinciale di Catania. 

Gli accertamenti tecnico-scientifici effettuati la stessa sera hanno escluso che l’auto della donna possa essere il luogo del delitto. «Da chiarire resta anche l’eventuale coinvolgimento di altre persone nel delitto o nell’occultamento di cadavere – ha riferito a MeridioNews Salvatore Mancuso, il capitano del nucleo investigativo del comando provinciale dei carabinieri – Abbiamo fatto verifiche su tutti i familiari stretti, ma al momento non si sono evidenziate anomalie». 

Nell’obitorio dell’ospedale Cannizzaro di Catania, intanto, si trova il corpo della bambina in attesa che venga effettuata l’autopsia. Venerdì ci sarà l’interrogatorio di garanzia fissato per Patti davanti al giudice per le indagini preliminari che dovrà decidere sulla convalida del fermo. Stando a quanto emerso, la strategia difensiva per la donna – assistita dall’avvocato Gabriele Celesti – sarà quella di una perizia psichiatrica, tanto che è già stato individuato anche lo psichiatra Antonino Terranova. «Noi faremo accertamenti del caso con uno specialista per vedere se ci sono rilievi di profilo psichiatrico che possono avere influenza sul fatto», ha spiegato il difensore. 

«Ha agito come se non fosse in lei, come se avesse avuto una forza sovrannaturale alla quale non ha potuto resistere e non c’è stato un pensiero che l’ha potuta frenare», ha aggiunto il legale riportando quanto riferito dall’indagata durante la confessione. Nessun movente è stato ancora indicato, anche se per gli inquirenti si sarebbe trattato di «gelosia dovuta al timore che la bambina potesse affezionarsi alla nuova compagna del padre». A tracciare un primo profilo di Martina Patti sono stati i genitori e la sorella del suo ex compagno e padre della bambina, Alessandro Del Pozzo, che l’hanno definita «fredda e non empatica». Una descrizione confermata in parte anche dagli inquirenti. «In un primo momento era distaccata – ha detto il capitano Mancuso – ma dopo le contestazioni mosse, ha fatto delle precisazioni, ha fornito elementi che sono stati riscontrati e ha ammesso alcune responsabilità. A un certo punto – ha concluso – ha anche avuto un cedimento e ha pianto».


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