Circa trecento persone, per lo più donne, si sono riunite davanti all'ingresso della villa Bellini per dare vita ad un corteo in occasione della Giornata internazionale della donna. La manifestazione Libere da violenze e militarizzazioni si è conclusa presso piazza Università, dopo la recitazione di alcune poesie da parte di alcune attiviste, un girotondo e una breve performance teatrale. «Ancora nel 2014 c'è necessità di scendere in piazza per tutelare la libertà di espressione del corpo della donna», afferma Alessandro Motta dell'Arcigay etnea. Guarda le foto
8 marzo, no al Muos e alla violenza di genere «Questa è una giornata di lotta, non di festa»
«Manifestiamo contro ogni forma di violenza sulla donna, rivolgendo un pensiero particolare alle migranti intrappolate nei centri di accoglienza per i richiedenti asilo e alle mamme che combattono a Niscemi contro l’installazione del Muos». Con queste parole Elena Maiorana dell’associazione Gapa spiega i motivi che hanno portato diverse associazioni etnee a celebrare con un corteo la giornata internazionale della donna.
I manifestanti si sono raccolti intorno alle undici presso l’ingresso principale della villa Bellini e hanno sfilato lungo via Etnea con bandiere e striscioni fino ad arrivare in piazza Università. Qui alcuni attivisti hanno recitato poesie sui problemi legati alla figura della donna, hanno dato vita ad un grande girotondo, improvvisando infine una performance teatrale sulla manifestazione No Muos dello scorso 9 agosto. A prendere parte al corteo intitolato Libere da violenze e militarizzazioni circa trecento persone, per lo più donne, tra cittadini e attivisti. Guarda le foto
«Ancora nel 2014 c’è necessità di scendere in piazza per tutelare la libertà di espressione del corpo della donna perché è importante che molti uomini capiscano finalmente che devono mettere in discussione il proprio sistema di valori, la propria patriarcalità e le costruzioni sociali dell’essere maschio oggi». A parlare è Alessandro Motta, trentaduenne presidente del comitato Arcigay etneo, del quale sventola la bandiera.
La parata di striscioni, slogan e musica si è svolta in maniera pacifica e ha visto la partecipazione di numerose associazioni: La Ragna-Tela, la onlus Coperazione Paesi emergenti, il Gapa, Le Voltapagina, l’Unione donne in Italia e il Comitato delle mamme No Muos di Niscemi.
Tanti i temi che hanno attraversato il corteo. Femminismo, violenza di genere, necessità delle quote rose, tratta delle donne africane, femminicidio e disparità tra uomo-donna, ma non solo. Angela Brega del comitato delle mamme No Muos di Niscemi spiega: «Oggi diamo voce anche alle donne che come noi hanno subito un diverso tipo di violenza a causa dell’installazione della mega antenna americana alla Sughereta. Perché da genitori abbiamo combattuto faccia a faccia contro i militari per il bene delle generazioni attuali e future». Tante testimonianze, ma lo spirito dei manifestanti è solo uno: «Fare di questa giornata un momento di lotta contro le discriminazioni e a favore di tutti i diritti che devono ancora essere conquistati – spiega Antonia Cosentino del gruppo Le Voltapagina – Perché l’8 marzo non è festa ma memoria».
Ma sulle quote rosa i pareri si dividono. «Vanno bene nella misura in cui siano funzionali a cambiare il retaggio culturale del nostro Paese che è prettamente maschile», dice Cosentino. «Non è solo un problema di cultura maschile – ribatte Valeria Gallitto, volontaria del Cope – Perché ci sono molte donne che utilizzano con consapevolezza il loro corpo in maniera inappropriata. Di cosa ci lamentiamo poi?»