Trentacinque anni dalla morte di una delle icone più importanti del rock. Step1 offre un ricordo personale di quel 'the end'
3 Luglio 1971: ‘la fine’ di Jim Morrison
Questa è la fine, splendido amico. Questa è la fine, mio unico amico. Quanto pesarono queste frasi nella mia notte accaldata di quel giorno lì, lontano da tutti e da tutto, e lontanissmo da me. Morrison le intonava con la sua voce morta di poeta morto. In volo, in viaggio, non più sulla terra. La poesia lo aveva portato lontano dal suo corpo verso chissà quali bolle di sapone mentali. Quando ri-spolverai la bellissima e sepolcrale The End per la prima volta dopo anni, ero in macchina. Era estate, un po’ come questa. C’era caldo ed insoddisfazione, c’era un mare penosamente piatto e menefreghista del cazzo. Ma la canzone no. Quella era irresistibile, penetrava, ti schiaffeggiava. Soprattutto perchè, nonostante, in quella notte, cadesse, invadente, una pioggia bollente che non provava vergogna a insozzarmi il parabrezza di fango lei, The end, andava avanti senza sosta ormai tuttuno con gli interni della mia auto. Quella notte era il 3 Luglio di cinque anni fa. Quando scrivo è ancora il 3 luglio. E il 3 Luglio del 1971 moriva Morrison dentro una vasca, come una specie di Marat, a Parigi, il luogo dei suoi idoli poeti simbolisti francesi. Ma durante quella mia notte morivo anch’io ogni volta che Jim pronunciava solennemente le parole: “This – is – the – end”. Con quella chitarrina autolesionista che tagliava come lama l’aria densa e appiccicosa delle strade di notte. Trentacinque anni dalla morte di Morrison – dunque. Una non-morte, secondo alcuni. Una rinascita secondo altri. C’è chi ancora crede nella leggenda secondo cui Jim stia da qualche parte con la sua barba (ormai color perla) a scrivere liriche. C’è chi ipotizza che Jim non sia, in realtà, mai esistito e che quello che calpestava i palchi di tutto il globo, che volteggiava come un gladiatore, che molto spesso entrava a contatto con la polizia e che mimava fellatio con l’asta del microfono, era solo la ‘parte’ che diversi attori interpretavano – secondo un copione di successo – per impersonificare il più grande mito del rock. C’è, poi, chi va ancora a trovarlo, al cimitero di Père Lachaise a Parigi, magari a lasciare lì un “fiore del male”, magari solo una carezza, molto piu probabile qualche foto digitale, scattata da qualcuno con addosso una di quelle t-shirt rigorosamente con la stampa del viso del Cristo-Jim. C’è chi indaga ancora sulla maledizione del ’27’: morti a ventisette anni Morrison, Joplin, Hendrix, Jones. E c’è, infine, chi non può far a meno di tentare, con pirotecniche parafrasi, di decifrare i suoi versi allucinati, finendo come sempre con un pugno di parole sparse in mano. Beh c’è poco da aggiungere. Il 3 Luglio di trenticinque anni fa moriva uno degli artisti più importanti del penultimo secolo. E morivo un po’ anch’io quel 3 Luglio di cinque anni fa, mentre ascoltavo Jim intonare “the end” su una ‘strada-serpente lunga sette miglia’. Quella era la mia fine o il mio inizio. Intendo quando seppellii per sempre la mia adolescenza.
Questa è la fine
magnifico amico
questa è la fine
mio unico amico, la fine
mi fa male liberarti
ma tu non mi seguirai mai
la fine delle risate e delle dolci bugie
la fine delle notti in cui tentammo di morire
Questa è la fine