A seguito del bell'articolo del Professor Granozzi su "Bella ciao", Toni Piccini da Trieste ci invia questa cronaca- "Bella ciao": storia di una canzone
25 Aprile a Trieste
Sono le 12.35, il sole batte forte, ed iniziano le note di “Bella Ciao”. Una decina di minuti prima era stata l’Auschwitz di gucciniana memoria a occupare quello spazio vuoto e pretendente rispetto e memoria.
E inizia lì “Bella ciao”, eseguita dal coro partigiano Pinko Tomazic, inizia lì esattamente sul bordo, segnato per terra, di quello che fu il forno crematorio (fatto saltare dai nazisti durante la fuga) di Stalag 339, meglio conosciuto come Risiera di San Sabba, a Trieste, unico campo di sterminio in Italia, pur se in quel periodo, durante la Repubblica di Salò, Trieste ed il su territorio vennero ufficialmente annessi alla Germania nazista, con il nome di Adriatiche Kuestenland.
Era lager di transito per gli ebrei, poi destinati ai lager di Auschwitz, Ravensbruck e Bergen Belsen, e luogo di sterminio per partigiani ed oppositori politici: italiani, sloveni, serbo-croati; circa quattromila di questi furono ridotti in cenere, spesso dopo torture, ed attraversarono il camino del forno crematorio per poi perdersi nel vento, come descritto nella canzone di Guccini.
Ed è alla fine di “Bella ciao” durante l’esibizione di questo coro, escluso dalle celebrazioni ufficiali, che scoppia l’applauso più lungo e forte di tutta la mattinata. Celebrazioni ufficiali che hanno visto gli interventi del sindaco di Trieste, del sindaco d’un comune limitrofo a maggioranza slovena, e i riti religiosi celebrati dal vescovo di Trieste e da due esponenti della chiesa ortodossa, uno dal parroco serbo e l’altro dall’archimandrita greco orientale.
A chiudere la cerimonia ufficiale un lungo salmo in ebraico letto dal rabbino della città, seguito dallo struggente canto d’un esponente della comunità ebraica (comunità letteralmente decimata dal 1943 al 1945). Presenti esponenti di vari partiti, associazioni e organi istituzionali (regione, provincia etc…) non è passata inosservata la totale assenza di esponenti (istituzionali o meno) di Alleanza Nazionale.
In questa mattinata, che ha visto la presenza di migliaia di persone, è alla fine di “Bella ciao”, cantata da molti presenti, che viene vissuto il momento di maggior partecipazione, con poi più persone a deporre un fiore sulla base di quello che fu il camino del forno crematorio.
In silenzio, una dopo l’altra, i singoli fiori deposti accanto a corone e ghirlande ufficiali.
E’ la gente.
Semplicemente la gente.
La gente senza nome e carica, come senza carica ufficiale erano i quattromila passati per il camino.
“…e questo è il fiore del partigiano morto per la libertà “.
P.S. “perché è la gente che fa la storia, la storia siamo noi, nessuno
si senta escluso” (F. De Gregori)
RISIERA – STALAG 339
Niente più riso qui dentro
fra grida in tedesco
ed italiano venduto.
Guardo questa finestra,
pezzi di cielo rovesciati
imprigionati
fra sbarre e grate
e solo un odore di fumo
mi riporta i passi,
le scarpe di gente mia
ormai solo nel ricordo.
Si vergognano le pietre
del camino, si vergognano
per quel fumo che passa
fra loro incatenate
a terra e bagnate
dalle proprie lacrime.
Cosa pensare, fare ?
Solo sperare che finisca
e forse farcela, uscire
da qua con i miei piedi
e ritrovare quella finestra
quelle coltri di casa,
e passi dietro la porta.
Toni Piccini
*Stalag 339 – Risiera di San Sabba: ex stabilimento per la pilatura di riso, a Trieste. Trasformata dai tedeschi, durante la seconda guerra mondiale, in campo di sterminio (l’unico in Italia e nell’Europa meridionale) e transito verso altri lager. Si stima che per il camino del campo siano “transitate” dalle tremila alle cinquemila persone, verso altri lager alcune decine di migliaia.
Vi furono internati ebrei, oppositori politici e partigiani italiani, sloveni e croati, nonché per un periodo anche militari italiani fatti prigionieri dopo l’ 8 settembre 1943 (tra cui anche componenti della divisione Aqui). Il tutto grazie anche alla fattiva collaborazione dei fascisti aderenti alla repubblica di Salò e da almeno una quarantina di SS italiane, capitanate da uno studente d’Alessandria.