1 Maggio a Roma

Dopo un viaggio in macchina di 10 ore, attraverso le note tortuose strade di Calabria, Campania e Lazio, eccoci a Roma.

 

Arrivo alle 14 di sabato 30. La situazione è già critica. Le varie bancarelle e camioncini dei panini costeggiano già le strade adiacenti a piazza San Giovanni, dove si terrà il consueto concerto dell’1 maggio. Centinaia di ragazzi si godono il sole sui prati e parchi attorno al palco, con il soundcheck dei vari gruppi come sottofondo.

 

Centinaia di ragazzi, che domenica 1 diventano migliaia, provenienti da tutte le parti d’Italia (e d’Europa). La folla occupa tutto lo spazio occupabile, rompendo così l’idillio del giorno prima. Confusione e delirio crescono ancora e ancora, e dopo qualche ora dappertutto si formano cumuli di immondizia. Lattine, bottiglie, carte: qualunque cosa potesse essere gettata via. Magari non a terra, però. E’ difficile camminare senza venire schiacciati, o senza rischiare di pestare cose e persone. E il concerto, presentato da Claudio Bisio, va avanti fino a circa mezzanotte, quando nella piazza restano solo cumuli e cumuli di rifiuti di tutti i tipi, poco rassicuranti, per niente piacevoli da vedere.

Il lato B di una festa che resta pur sempre bella e apprezzata da molti.

 

In ogni caso, anche l’1 maggio ha una contro-festa, quella organizzata dal Forte Prenestino, uno dei centri sociali più grandi e belli d’Italia. Musica techno e concerti live per allietare un pubblico in cerca di qualcosa di diverso dal concerto ufficiale.

 

Ma dalla mia breve gita romana è emerso qualcos’altro di poco confortevole, ossia la condizione degli studenti fuori sede a Roma. Si, perché parlando con alcuni studenti catanesi in trasferta, è emerso che, fra gli altri, troviamo studenti che, a Roma, non hanno trovato una situazione facile. Al di là del caro affitti e del problema “stress da trasporti pubblici”, comuni un po’ a tutte le città, compresa Catania, troviamo chi si rammarica del ben noto problema della “fuga delle menti” verso il nord. Giovani che, finiti gli studi, vorrebbero tornare volentieri in Sicilia, “bellissima, paradisiaca terra” invidiata da molti. Giovani che però sanno che, una volta tornati, sarà difficile trovare un lavoro inerente al proprio titolo di studi, e che quindi alla fine non tornano. Non ora, perché “le risorse in Sicilia ci sono, i giovani talenti pure. Ma la pigrizia, la poca ambizione e mille altri problemi a volte frenano qualunque passo avanti”.  

 

E i ragazzi cercano “fortuna” altrove. Più su.

Valentina Miraglia

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