Castelvetrano, l’ombra dello scioglimento per mafia Fava: «Non si incontra il cugino di Messina Denaro»

«Sciogliere il Comune di Castelvetrano? È legittimo». Non usa mezzi termini il vicepresidente della commissione nazionale Antimafia, Claudio Fava, a pochi giorni dalla diffusione della notizia riguardante le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Lorenzo Cimarosa sulla campagna elettorale che, nel 2012, portò alla vittoria di Felice Errante. Cimarosa, deceduto a metà gennaio, era cugino acquisito del presunto capo di Cosa nostra Matteo Messina Denaro. Arrestato nel dicembre 2013, nell’ambito dell’operazione Eden, Cimarosa – fino a quel momento considerato il bancomat della mafia castelvetranese – aveva iniziato a collaborare con i magistrati.

Ed è proprio durante uno di questi colloqui – confluiti nell’ordinanza che ha portato al sequestro dei beni degli imprenditori Giovanni ed Enrico Adamo – che Cimarosa parla di un incontro avuto con l’attuale primo cittadino. Era il 2012, quando Errante avrebbe incontrato il cugino di Messina Denaro in una casa in costruzione degli Adamo. «Enrico Adamo – ha raccontato ai pm – ha detto che c’era questo signore che si era messo alle elezioni per sindaco e se gli potevo dare una mano per i voti, siccome era un amico. Gli dissi: io non posso votare, lo sai, però ho 30 operai, posso parlare con loro e vediamo cosa posso fare».

Un colloquio confermato oggi dal sindaco a MeridioNews. «È vero, ho incontrato Cimarosa, come tante altre persone in campagna elettorale – dichiara Errante -. Il problema è capire cosa ho detto a lui: se mi voleva dare il voto bene, se no non ci faceva nulla. Voglio sottolineare che non c’è stata alcun intesa». Parole che però per Fava non tolgono le ombre attorno al Comune di Castelvetrano. «Il sindaco è persona troppo esperta per non sapere che incontrare il cugino di Messina Denaro, fosse anche per parlare del meteo, è scelta politicamente impegnativa», commenta il deputato di Sinistra italiana. 

Secondo il vicepresidente della commissione Antimafia, il fatto che nel centro del Trapanese le elezioni sono fissate a maggio non esime dalla possibilità di valutare il commissariamento. «Un Comune non si scioglie per mandare a casa l’amministrazione, quanto per capire se ci sono stati atti di condizionamento della macchina amministrativa e prendere i dovuti accorgimenti per bonificarla – continua Fava -. Non dimentichiamoci che di recente sono emersi altri fattori: dalla sospetta pervasività della massoneria nella politica locale alle rivendicazioni di amicizie mafiose da parte di consiglieri comunali». Il riferimento è alla vicenda di Lillo Giambalvo – il consigliere arrestato a novembre 2014 con l’accusa di associazione mafiosa e poi assolto – che, intercettato dagli inquirenti, si vantava con il collega Francesco Martino di aver incontrato Messina Denaro. «Se io dovessi rischiare 30 anni di galera per nasconderlo, rischierei», diceva Giambalvo, parlando della latitanza del boss. Dopo che il caso è finito su tutti i media e le dimissioni di quasi tutti i consiglieri, l’assemblea cittadina è stata commissariata.

Del caso si è occupato anche l’organo parlamentare sul fenomeno mafioso. «Abbiamo ascoltato anche Errante durante le audizioni – ricorda Fava -. Se ci avesse fatto sapere di avere incontrato il cugino di Messina Denaro, la sua figura apparirebbe meno reticente». Da parte del deputato, poi, un commento sulla notizia della denuncia sporta nelle scorse settimane dalla sorella del boss, in seguito a un furto avvenuto nella propria casa. «Mi atterrei ai fatti, senza ipotizzare significati particolari», chiosa il deputato. Tuttavia, dell’episodio di recente ha parlato in commissione anche Teresa Principato, sostituta procuratrice di Palermo che dà la caccia al boss latitante, chiedendo di secretare questa parte di audizione.

Chi smentisce con decisione l’ipotesi infiltrazioni è Errante. «A Castelvetrano non c’è alcun condizionamento della mafia nelle pubbliche amministrazioni, lo scioglimento mi sembra una boutade giornalistica. E poi si vota a maggio», replica il primo cittadino. Assicurando che questa volta non sarà della competizione. «È una decisione che non ha nulla a che vedere con le questioni giudiziarie, ho fatto l’amministratore per 20 anni ed è giunto il momento per lasciare spazio ad altri». 

Tornando invece alle elezioni del 2012, Errante chiarisce di non essere stato a conoscenza dell’identità della persona che avrebbe incontrato a casa di Adamo. «Non sapevo che avrei parlato con Cimarosa, se no non ci sarei andato. Ad Adamo ho detto che non mi interessava incontrare certi personaggi». Anche se, come detto, sul momento l’ipotesi di ricevere il voto non l’avrebbe rifiutata. «Se volevano votarmi, potevano farlo, ma non ho mai promesso nulla a nessuno. Sapevo che Cimarosa era un soggetto che aveva avuto esperienze negative con la giustizia – ammette Errante -. E comunque la mia posizione contro la mafia era risaputa, basti pensare che Cimarosa neanche al figlio disse per chi votare». 

Parole confermate da Giuseppe Cimarosa, il figlio di Lorenzo che, insieme al fratello, è stato tra le figure più incisive nel convincere il padre a collaborare con la Procura. «Mai ho sentito dire da bocca di mio padre che Felice Errante fosse implicato in qualcosa di illecito – ha scritto sulla pagina Facebook del primo cittadino -. Se ha incontrato mio padre per i voti, probabilmente prima e dopo avrà incontrato centinaia e centinaia di persone. E mai mio padre mi disse per chi dovevo votare». Lo stesso figlio di Cimarosa, tuttavia, conferma l’incontro tra il padre e il sindaco. «Io non c’ero, ma lui me lo diceva spesso parlando delle cose passate», spiega l’uomo a MeridioNews.


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