Maltempo, scuole chiuse in caso di allerta rossa Protezione civile: «Se è sicura non è necessario»

«Davanti a un’allerta rossa, se una scuola è sicura e non ricade in zone soggette a rischi non c’è motivo per chiuderla». Lo scandisce con fermezza Calogero Foti, dirigente generale della Protezione civile regionale, che già a poche ore dal rientro dell’emergenza maltempo dello scorso fine settimana, metteva pure il concetto nero su bianco. In una nota infatti – inviata dal Dipartimento non solo a tutti i sindaci dell’isola, ma anche a ex Province, prefetture e Ufficio scolastico regionale – si legge che «non può sussistere un diretto rapporto tra l’emanazione dell’avviso e la conseguente chiusura delle attività didattiche».

Una posizione che potrebbe spiazzare l’uomo della strada, in realtà ben chiara agli addetti ai lavori perché l’assetto normativo vigente parla chiaro: «La legge individua negli enti locali i soggetti chiamati a svolgere sul territorio di competenza le funzioni fondamentali dell’attività di protezione civile», ricorda la Protezione civile in una ulteriore nota di ieri per le amministrazioni locali. Decidono dunque i sindaci, autorità locali di protezione civile, seguendo quanto i relativi piani comunali d’emergenza stabiliscono – o dovrebbero stabilire – riguardo gli scenari di rischio, cioè l’eventualità che su un certo territorio o centro abitato gravi appunto un rischio di tipo idrogeologico ma anche vulcanico, idraulico, sismico e così via.

«Ribadendo che gli avvisi hanno pur sempre un valore di previsione e non di certezza – scrive ancora la Protezione civile – si ritiene che la chiusura delle scuole debba essere determinata esclusivamente sulla base dell’esame del rischio esistente». Non solo sul luogo dove sorgono i plessi, ma anche in riferimento alle strade che alunni e famiglie si trovano a percorrere per raggiungerli. «Le nostre previsioni sono state rispettate almeno nell’80 per cento dei casi – precisa il dirigente – e comunque, quando è accertato che non ci sono rischi, perché arrivare a sospendere le lezioni? In edifici sicuri, dovessero verificarsi precipitazioni straordinarie, le norme comportamentali suggeriscono ad esempio di salire ai piani alti». «Abbiamo fornito chiarimenti, senza scendere in polemica – chiarisce Foti – perché proprio i sindaci sono una parte fondamentale del sistema e a me interessa che il sistema migliori nel suo complesso». Porta chiusa dunque alle polemiche e a coloro che fra Comuni e Protezione civile scorgono un dualismo che sempre più di frequente, davanti alle emergenze, si risolve in uno scaricabarile. Il Dipartimento regionale chiama invece gli enti locali a una assunzione di responsabilità e, sempre nella nota di ieri, ha chiesto di «comunicare lo stato dei piani di Protezione civile, le risorse umane, materiali, mezzi adeguati e attrezzature efficienti di cui ogni Comune dispone». 

La realtà dei territori racconta però di piani comunali non aggiornati e poco, o per nulla, conosciuti dai cittadini con difficoltà spesso a rimediarli online per poterli consultare. «Questo perché i Comuni non dispongono di fondi sufficienti per la protezione civile e soprattutto di personale idoneo a redigere uno strumento così prezioso», ricorda Nino Borzì, sindaco di Nicolosi, centro del Catanese che negli ultimi mesi ha avviato la procedura di aggiornamento del proprio piano, adesso anche fruibile online. «La nostra è una situazione che fa eccezione in senso positivo – ammette il primo cittadino -. In realtà credo che la Protezione civile dovrebbe andare incontro ai Comuni, fornendoci il supporto dei tecnici». Sullo stop alle lezioni, Borzì va sul pragmatico: «Vero che ciascun ente potrebbe agire in maniera diversa e non chiudere le scuole, ma ricordiamoci che il peso delle responsabilità alla fine ricade sul singolo sindaco», conclude.


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