Continuità territoriale, quello che la Sicilia non ha fatto Assessore: «Servirebbero 200 milioni, meglio il Ponte»

«Ma quale continuità territoriale, alla Sicilia serve il ponte sullo Stretto». L’assessore regionale ai Trasporti Giovanni Pistorio, una vita nell’Udc, non ha dubbi. Per abbattere i costi dei collegamenti tra l’Isola e il resto d’Italia non serve l’intervento pubblico per calmierare i prezzi dei voli, piuttosto è necessario realizzare la grande opera, rilanciata nei giorni scorsi dal presidente del consiglio Matteo Renzi. «Solo così ci sarebbe una reale concorrenza tra treno e aereo», precisa l’esponente del governo Crocetta. 

Tuttavia di continuità territoriale – o meglio di una sua lontana parente, come spiegheremo a breve -, in relazione alla Sicilia, si parla da mesi al ministero dei Trasporti. E se ne tornerà a discutere nei prossimi giorni, perché è prevista una conferenza dei servizi che metterà attorno allo stesso tavolo i soggetti coinvolti. Oggetto della discussione è il finanziamento di 20 milioni, approvato nell’ultima finanziaria nazionale, destinato alla Sicilia «per garantire un completo ed efficace sistema di collegamenti aerei». Di questi soldi, 5 milioni verranno usati per garantire la continuità territoriale alle isole di Lampedusa e Pantelleria, già operativa dal 2001, e che verrà rinnovata fino al 2019 sulla base di 36 milioni di euro, due terzi messi dallo Stato, un terzo dalla Regione Sicilia. Gli altri 15 milioni se li spartiranno gli scali di Comiso e Trapani, rispettivamente 2,5 milioni di euro all’anno per un triennio. Le società che gestiscono i due aeroporti minori apriranno dei bandi di gara per assegnare alcune rotte sociali. A Comiso le destinazioni scelte dovrebbero essere Roma, Torino, Bologna e Venezia. 

Si può parlare di continuità territoriale? No, sia per la natura del finanziamento (una tantum e approvato con un emendamento in Finanziaria), sia per il suo importo. Cosa serve affinché la Sicilia usufruisca di una reale continuità territoriale, come avviene in Sardegna da 15 anni? Per prima cosa un iter legislativo lungo e complesso. Una legge apposita – come quella approvata nel 1999 per garantire il servizio alla Sardegna – dovrebbe essere discussa e approvata dal Parlamento nazionale per poi essere sottoposta al vaglio della Commissione europea. «In passato – afferma l’assessore Pistorio – l’Unione europea si è già pronunciata non riconoscendo alla Sicilia le caratteristiche di perifericità e insularità alla base della continuità territoriale». 

Dal punto di vista economico, tutti i soggetti competenti concordano che servirebbero tra i 150 e i 200 milioni di euro all’anno. «Per la Regione è molto difficile trovarli», spiega Pistorio. Dal 2006 il finanziamento della continuità territoriale in Sardegna è sulla spalle della Regione, a seguito di un accordo di ampio spettro con Roma, in base al quale alcune tasse – come i nove decimi dell’Iva – rimangono a Cagliari che sostiene autonomamente le spese della sanità e, appunto, della continuità territoriale. Perché la Regione Sicilia non ha mai pensato a una cosa simile? «Recentemente – risponde l’assessore – abbiamo chiuso un accordo con lo Stato che aveva in ballo molti nodi importanti e che permetterà alla Sicilia di avere molte più risorse nei prossimi anni, si può sempre cercarne un altro ma la strada è in salita».

In realtà un’alternativa più facilmente percorribile esiste ed è rappresentata dalla strada che ha intrapreso la Regione Calabria. Che si appresta a usare 14 milioni di euro di fondi europei per garantire alcune rotte sociali (a prezzi calmierati) dagli aeroporti di Lamezia Terme, Reggio Calabria e Crotone. La possibilità è stata posta al vaglio della direzione generale della concorrenza della Commissione europea, che deve valutare se si incorre nel rischio di aiuti di Stato, non tollerati dall’Ue. Se ci sarà il via libera di Bruxelles, verrà pubblicato un avviso di manifestazione d’interesse e lasciata la possibilità alle compagnie di presentare le proprie offerte. Un tipo di investimento che la Regione Sicilia al momento non sembra aver preso in considerazione. 

«In Sicilia – replica l’assessore Pistorio – i collegamenti ci sono, Catania è il terzo aeroporto d’Italia per traffico di passeggeri. Il problema sono le tariffe, perché mancano alternative reali al traffico aereo. Con il ponte sullo Stretto avremmo ferrovie all’avanguardia e potrebbe nascere quel polo logistico intermodale per far viaggiare verso Nord le merci che arrivano via mare. Non capisco – conclude – perché ci si scandalizza per un’opera da quattro miliardi di euro, quando per l’alta velocità Torino-Lione se ne stanno spendendo venti miliardi».


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