In Sicilia il meeting internazionale degli arrampicatori Da San Vito Lo Capo a Castelmola, le pareti più amate

Sicilia e alpinismo. Un accostamento apparentemente improbabile, ma è in realtà un binomio vincente vista l’importanza dell’isola nel mondo degli scalatori. Sono in tanti a preferire le ripide pareti rocciose siciliane ad un tradizionale tuffo in mare, possibile già in primavera. Il 6 e il 7 maggio San Vito Lo Capo ospiterà, infatti, il Meeting internazionale di arrampicata delle guide alpine. La sua falesia a strapiombo sul mare, denominata la Cattedrale nel deserto, farà da scenario ad un’avvincente sfida che vedrà contrapporsi 200 tra i più famosi climber a livello mondiale.

Un appuntamento di prestigio, nuovo capitolo di una storia iniziata quasi un secolo fa. La Sicilia ha aperto le proprie porte agli arrampicatori all’inizio degli anni Cinquanta, fu l’etnografo Fulvio Maraini (padre della famosa scrittrice Dacia) tra i primi a scegliere le vette sicule per praticare l’alpinismo, dando il via inconsapevolmente a un fenomeno in continua crescita.«L’arrampicata – spiega Carmelo Ferlito, docente di Vulcanologia dell’università di Catania – si può considerare una specializzazione dell’alpinismo praticata già a fine Ottocento dagli inglesi che amavano scalare una natura selvaggia e incontaminata, raggiungendo cime inviolate. Negli anni Venti del secolo scorso l’arte di arrampicarsi sulle rocce diventa invece predominante. In Sicilia si inizia alla fine degli anni Settanta con l’arrivo di scalatori provenienti dalla regioni settentrionali, desiderosi di confrontarsi con un contesto completamente diversoda quello alpino. È il Monte Pellegrino di Palermo la meta più gettonata in quel periodo, un ambiente suggestivo e molto meno insidioso rispetto alle catene montuose europee». In poco tempo la Sicilia fa registrare numeri importanti.«Negli anni Ottanta – racconta Ferlito – l’Isola entra nel grande mercato dei produttori di materiale tecnico. Si è partiti da un migliaio di sportivi, ma nel giro di un decennio il numero di scalatori attivi lungo le pareti rocciose siciliane è cresciuto in modo esponenziale».

Attualmente l’isola vanta decine di luoghi privilegiati dagli appassionati. L’arrampicata si pratica maggiormente nell’entroterra siracusano e ragusano. Centri come Floridia, Rosolini, Sortino, Modica e Ispica offrono scenari particolarmente adatti a questo sport. In provincia di Messina risultano molto scelti i paesi dei Nebrodi come Alcara Li Fusi e San Fratello. Merita una menzione a parte Castelmola considerata la Regina delle Falesie, vista la suggestiva posizione appena sopra Taormina. Tuttavia negli ultimi anni la località messinese risulta off-limits per gli arrampicatori. La parete rocciosa posta sul versante sud di Monte Ziretto, infatti, si trova su un terreno privato il cui proprietario non sembra gradire la presenza degli arrampicatori. E proprio per questo motivo, lo stesso Meeting internazionale del 6-7 maggio è stato spostato a San Vito Lo Capo. «La località trapanese – sottolinea Ferlito – rappresenta fedelmente lo stereotipo che i visitatori stranieri hanno del paesaggio siciliano. Trovano il mare da cartolina, la falesia e la vita tranquilla di un piccolo centro. Sono elementi importanti per chi pratica l’alpinismo, una disciplina che si fa prima di tutto con la fantasia, ci si immagina nella propria mente i territori da esplorare, le vette da conquistare».

Il prossimo Meeting internazionale verrà preceduto dall’assemblea dell’Unione internazionale delle Guide Alpine che quest’anno si terrà sull’Etna. «Dall’1 al 5 maggio saremo sul vulcano più alto d’Europa – spiega Cesare Cesa Bianchi, presidente del Collegio nazionale delle guide alpine -. È molto bello venire a praticare l’arrampicata in Sicilia, una terra che ci offre numerosi spunti. E poi c’è l’Etna con l’escursionismo affidato alle guide vulcanologiche, figure che è possibile trovare solo in Italia la cui competenza attira ogni anno tantissimi alpini provenienti da ogni nazione. Occorre, infatti avere una formazione specifica per visitare le aree attive dell’Etna, ci sono insidie da non sottovalutare, non si può scherzare né con i pericoli della neve sulle Alpi, né con le esplosioni legate all’attività vulcanica».


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