Ascanio Celestini: la politica, la Sicilia e l’Islam «Sicurezza a discapito della libertà è di destra»

«Cosa penso della Sicilia? Che è un laboratorio fondamentale per comprendere il valore della multiculturalità». Parola di Ascanio Celestini, l’attore romano che domenica sera si è esibito a Catania con lo spettacolo Storie e controstorie da Zo-Centro culture contemporanee, dopo aver fatto tappa anche al teatro Garibaldi di Enna. Davanti a un pubblico che ha seguito con interesse i racconti narrati dalla voce, a tratti ipnotica, dell’artista, Celestini ha alternato momenti di divertimento – attingendo a piene mani dalla tradizione orale legata al personaggio di Giufà – ad altri in cui a prevalere è stata la riflessione, amara, su ciò che oggi è il presente. Con i turbamenti che appesantiscono l’esistenza: «L’ansia? È come un palloncino che ti si gonfia in testa. Dentro c’è solo aria, ma intanto cresce, cresce e ti occupa la mente».

I personaggi di Celestini sembrano tutti soffrire dell’instabilità che deriva dalla mancanza di appigli. Non avere punti di riferimento porta a dubitare non solo di ciò che ci circonda, ma anche di noi stessi. Sempre che – e qui entra in gioco il tema del doppio dai richiami pirandelliani – si riesca a stabilire chi siamo. Nella vita reale, tuttavia, Celestini sembra avere le idee più chiare: «Sempre nel caos generale si intende – dichiara l’attore a MeridioNews a fine spettacolo – ma ce le ho. Sono un uomo di sinistra, anche se sempre più spesso si dice che destra e sinistra non esistono più». Per l’autore romano, però, la realtà è ben diversa: «Ce lo dimostra l’attualità, i recenti fatti legati al terrorismo – continua -. Una differenza tra destra e sinistra sta per esempio nella relazione tra libertà e sicurezza. Ultimamente sembra che stiamo tutti chiedendo più sicurezza a discapito della libertà. Beh, questa è una visione di destra». 

Anche se poi, a conti fatti, la politica di risposte ne dà sempre meno: «Oggi i partiti hanno esaurito la funzione per cui sono nati e non parlo della più o meno onestà dei protagonisti – specifica -. Dall’Ottocento e per tutto il secolo scorso, il partito aveva una cornice ideologica e culturale ben precisa: segretario e ultimo degli iscritti guardavano dalla stessa parte. Oggi invece la maggior parte di essi non riesce più a richiamare visioni collettive». La soluzione ai mali nostrani, comunque, non passa per il grillinismo: «Tutt’altro – replica l’attore -. Penso proprio il contrario: affermare il superamento delle differenze tra destra e sinistra, pensare di stare oltre, è molto pericoloso. Si rischia di avere una visione che non è per niente politica. Come dice Edoardo Sanguineti, anche le ideologie più astratte agiscono nel concreto. Prendiamo il cattolicesimo: ecco, se pensiamo al Vangelo sembra che stiamo su Marte, ma se guardiamo la vita del credente, ci accorgiamo che quella ideologia ha riflessi concreti nei suoi comportamenti».

In uno dei suoi racconti, i protagonisti vivono chiusi in una stanza «grande, molto grande» ma che trasmette comunque una sensazione di claustrofobia. Privi della possibilità di uscire, in un modo o nell’altro desiderano la libertà, salvo poi voltarle le spalle non appena scoprono la porta che dà all’esterno: «Credo che oggi siamo un po’ tutti come loro – commenta Celestini -. Quei personaggi non se ne fanno nulla della libertà. Non gli serve proprio, se non come narrazione». Mentre sarebbe il caso di iniziare a rapportarsi con la libertà in maniera più diretta. In tal senso, l’attore ha recentemente indetto sui social una sorta di contest alla ricerca della bestemmia più originale e «sostenibile»: «Non è una mancanza di rispetto per la spiritualità e la religiosità – commenta -. Se pensiamo che una delle regioni dove si bestemmia di più è il Veneto, che ha una percentuale altissima di credenti, si capisce che la bestemmia è parte integrante della cultura nei paesi cattolici. Non accade, per esempio, in quelli protestanti né in quelli, come la Francia, che sono stati segnati dall’Illuminismo». La spiegazione, secondo Celestini, sta nel rapporto diretto con la divinità – «una relazione rabbiosa, quasi viscerale» – che merita di essere approfondita: «Pensare che le bestemmie non possano essere oggetto di studio antropologico e sociologico è una follia», dichiara.

Chiusura sulla Sicilia, terra che sembra naturalmente predisposta a fare da ambientazione per le storie raccontate da Celestini: «La vostra è una regione che storicamente ha subito le contraddizioni del vivere all’incrocio tra culture diverse. Questo però – sottolinea – è un punto di forza, poiché oggi la mescolanza tra persone è indispensabile. Dopo gli attentati di Parigi ho scritto che non possiamo che essere completamente aperti all’Islam, non inteso come cultura, ma come rapporti con le persone di religione islamica. Fanno parte del nostro mondo, che oggi – conclude – è diverso, ma non per questo meno meritevole di essere vissuto».


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