Zaia punge Schifani: «Immorale la fuga dei pazienti siciliani». I numeri di un fenomeno in crescita

Zaia affonda e Schifani incassa. Nuova stilettata per il presidente della Regione Siciliana impegnato a ricucire i pezzi di una maggioranza a cui sembra sempre più necessaria la tecnica e la filosofia del Kintsugi. Luca Zaia, presidente del Veneto, usa il termine «immorale» per definire la fuga dei pazienti dalla Sicilia per farsi curare. La dichiarazione affidata da Zaia a un suo profilo social rappresenta una breve, ma incisiva, analisi che racconta di una sanità che in Sicilia spesso costringe alla fuga tanto i cervelli quanto i pazienti. E accade mentre la stessa maggioranza di governo regionale litiga sulle poltrone, sugli incarichi da assegnare, sui reparti da gestire.

I viaggi della speranza: la denuncia di Zaia

Zaia ha condiviso un episodio emblematico avvenuto all’ospedale di Treviso. «Ho trovato immorale – afferma Zaia – quanto mi ha detto un siciliano fuori dall’ospedale. (…) Quell’uomo, commosso, mi ha detto che da due anni è qui per curare sua moglie e in Ematologia le hanno salvato la vita» e prosegue «mi ha detto “Ho nostalgia della mia terra. Per curare mia moglie ho dovuto affittare casa qui”». Di fronte a questa testimonianza, Zaia commenta: «Trovo immorale e poco etico che i cittadini siano costretti a farsi la valigia per curarsi fuori regione. (…) Le Regioni da dove partono questi cittadini qualche domanda se la devono fare, perché non funziona così».

Il governatore veneto sottolinea quindi una dolorosa realtà: molti siciliani sono costretti a intraprendere viaggi della speranza verso il Nord per ottenere cure adeguate. Un’affermazione che suona come una pugnalata per Schifani, chiamato in causa implicitamente per le carenze del sistema sanitario dell’Isola. Zaia ha aggiunto un particolare ancor più amaro: il paziente siciliano gli ha confidato che «la cosa peggiore è entrare in ospedale in Veneto e trovare i propri conterranei, medici e infermieri siciliani, a curarlo. Non è che mancano i professionisti ma li trovo qui». Non solo i pazienti lasciano l’Isola, ma anche molti professionisti.

Mobilità sanitaria: costi record e destinazioni

Il fenomeno descritto da Zaia trova conferma nei dati sulla mobilità sanitaria interregionale. Nel 2022 il Servizio sanitario nazionale ha registrato oltre 5 miliardi di euro di spesa per cure erogate a cittadini fuori dalla propria regione, il livello più alto mai raggiunto e in crescita del 18,6 per cento rispetto al 2021. Gran parte di questa mobilità riguarda un flusso dal Sud verso il Nord: Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto sono le mete principali, raccogliendo da sole oltre il 94 per cento del saldo attivo, cioè delle risorse ricevute per curare pazienti di altre regioni.

La Sicilia è tra le regioni con il maggior saldo negativo: paga molto di più per i propri residenti curati altrove di quanto riesca ad attrarre pazienti da fuori. Insieme ad Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio e Puglia, l’Isola copre il 78,8 per cento del passivo nazionale. Secondo l’Assessorato regionale alla Salute, nel 2023 in Sicilia si è registrato ancora un forte saldo negativo nella mobilità sanitaria, sebbene in miglioramento rispetto al 2019. In termini economici, l’Isola ha accumulato un debito sanitario netto di circa 241,8 milioni di euro in un anno, il terzo peggior dato in Italia dopo Campania e Calabria. Questa cifra rappresenta i soldi che la Regione Siciliana versa ad altre regioni per pagare le cure ai propri cittadini altrove, drenando risorse che potrebbero altrimenti rafforzare gli ospedali locali.

Le destinazioni di questi pazienti in fuga non sono casuali: coincidono con le regioni percepite come più attrezzate e affidabili. Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto restano in testa alle preferenze dei siciliani in trasferta, accreditandosi come poli di eccellenza sanitaria nazionale.

Le cure più cercate fuori dall’Isola

Quali sono le terapie e gli interventi per cui un siciliano sente il bisogno di andare a curarsi altrove? I dati regionali indicano alcune aree critiche. «Figurano gli interventi di ortopedia – specialmente per la colonna vertebrale e le protesi – la chirurgia bariatrica per l’obesità, i trapianti di midollo osseo e gli interventi di cardiochirurgia». Sono procedure di alta complessità che, pur eseguibili anche in Sicilia, spesso scontano capacità insufficienti o liste d’attesa molto lunghe. Molti pazienti preferiscono quindi rivolgersi a ospedali del Centro-Nord. Come sottolinea Barbara Cittadini di Aiop Sicilia «molti pazienti scelgono di curarsi al Nord, dove le strutture garantiscono tempi di risposta più rapidi, ma a costi più elevati per la Regione Siciliana». Non a caso, a livello nazionale le patologie ortopediche (malattie muscolo-scheletriche) risultano il gruppo più numeroso di ricoveri in mobilità attiva verso le regioni più attrattive.

Cervelli in fuga e bisogno di investimenti

La diaspora sanitaria siciliana non riguarda soltanto i pazienti ma anche i professionisti. Negli ultimi anni molti medici e infermieri formati nell’Isola hanno lasciato la Sicilia, attratti da condizioni di lavoro migliori e strutture più avanzate altrove. Questa fuga di cervelli priva la sanità regionale di risorse preziose e alimenta un circolo vizioso: meno specialisti disponibili localmente significa servizi più deboli e attese più lunghe, dunque più pazienti che emigrano per curarsi, aggravando ulteriormente la sfiducia nel sistema sanitario siciliano.

Per spezzare questo circolo, occorre potenziare l’offerta sanitaria nell’Isola. L’Aiop Sicilia, che riunisce gli ospedali privati accreditati, ha ribadito la disponibilità a collaborare con le istituzioni regionali per ridurre la mobilità passiva. Già oggi diverse cliniche siciliane convenzionate eseguono centinaia di interventi complessi l’anno, ma spesso incontrano tetti di spesa che ne limitano l’attività. Sbloccando risorse e programmando meglio il fabbisogno, secondo gli esperti si potrebbe ridurre drasticamente questi viaggi della speranza. In definitiva, il caso sollevato da Luca Zaia ha riacceso i riflettori su una ferita aperta.


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