Windjet, i controsensi della mobilità per ex lavoratori «Siamo pagati per stare a casa. Stato? Non ci aiuta»

Le vicissitudini per gli ex dipendenti di Windjet sembrano non conoscere ancora la parola fine. Dopo la conclusione del periodo previsto per la cassa integrazione, dal 20 giugno scorso i lavoratori della compagnia catanese sono entrati in mobilità. Una misura prevista dalla normativa statale che, almeno nelle intenzioni del legislatore, dovrebbe attutire la caduta del personale licenziato e aiutarlo nella ricerca di una nuova occupazione. Un proposito che però, come raccontano i protagonisti della vicenda, si scontra spesso con una realtà dei fatti ben diversa. Fatta di procedure burocratiche inutili e ostacoli che, di fatto, rendono sempre più difficile l’inserimento nel mercato del lavoro

«Ogni mese dobbiamo andare al centro per l’impiego e fare vedere che stiamo cercando lavoro – spiega una ex dipendente a MeridioNews – una proceduta prevista dal testo di legge ma che si scontra con delle vere e proprie assurdità. Io, per esempio, sono residente ad Aci Castello – continua – e devono recarmi ad Acireale alle 7 del mattino e mettermi in fila per avere o depositare documenti che dovrebbero essere accessibili su Internet o acquisibili tramite posta elettronica certificata». Un disagio quotidiano che si inserisce in un controsenso più profondo, nel quale si trovano tutti coloro che hanno perso il lavoro e, invece che essere aiutati nella ricerca di una nuova possibilità, ricevono somme di denaro a titolo di sussidio

«Noi del settore aereo godiamo di sette anni totali di ammortizzatori sociali (quattro di cassa integrazione più tre di mobilità ndr.) per stare a casa senza fare niente. A me di fatto non conviene andare a lavorare. Lo Stato infatti mi versa un contributo senza poi obbligarmi a fare nulla perché di fatto questi centri non servono assolutamente a trovare un nuovo lavoro ma, al contrario, sono solo una perdita di tempo, tolto alla reale ricerca che sicuramente non avviene tramite questi canali». Secondo quanto previsto dalla norma che disciplina la materia, ai lavoratori di Windjet spettano infatti 36 mesi di mobilità che si interrompono solo nel caso in cui venga trovato un lavoro a tempo determinato, ma che poi riprendono al momento della fine del contratto. Il tempo rimasto viene quindi «congelato» in attesa del ritorno allo stato di disoccupazione. 

La mobilità è stata una misura prevista nell’accordo sindacale firmato nel 2012, al quale si aggiunge anche una parte di indennizzo versato dall’Inps. Tramite una cassa apposita, creata nel 2006 dopo il fallimento di Alitalia, chiamata fondo volo. Soldi che però, allo stato attuale, gli ex lavoratori della società etnea non percepiscono per problemi legati al cambio di natura giuridica del fondo. «L’accesso a questa parte di denaro è attualmente bloccato perché a partire dal primo di luglio da fondo speciale la cassa è diventata un fondo di solidarietà. Il cambio ha comportato dei rallentamenti perché  per iniziare di nuovo a deliberare il fondo deve ricostituire tutti i suoi organi». Grazie a questo contributo, unito a quello previsto dalla mobilità, i lavoratori licenziati percepirebbero la stessa somma prevista dalla cassa integrazione, ovvero l’80 percento dell’ultimo stipendio ricevuto. 

Continuano intanto i lavori delle indagini che vedono protagonista Nino Pulvirenti, patron della compagnia, protagonista nel caso del crack di Wind Jet con l’accusa di bancarotta fraudolenta. L’ex vertice della società per viaggi low cost era stato arrestato lo scorso 29 gennaio dai magistrati della procura etnea insieme all’amministratore delegato Stefano Rantuccio e al fratello Biagio. Tra gli indagati anche alcuni professionisti collegati alle società del patron del Calcio Catania: Agatino Vitaliti (componente del consiglio d’amministrazione di Wind Jet ed ex vicepresidente della società), Vincenzo Patti (presidente del collegio sindacale per le due imprese) e Paola Santagati (consulente fiscale di entrambe le società). Secondo gli inquirenti quando la società aerea era in crisi, il gruppo avrebbe distratto ingenti quantità di denaro con operazioni ritenute fraudolente. Tra queste la vendita del logo della compagnia alla Meridi spa. Società della galassia di Pulvirenti che si occupa della gestione dei supermercati a marchio Fortè


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