Wind Jet, dubbi su Aero Linee Siciliane L’esperto: «È solo una manovra elettorale»

Voci, smentite e polemiche si susseguono sul futuro della Wind Jet, la compagnia aerea etnea che ha smesso di volare lo scorso 12 agosto. Per il presidente Antonino Pulvirenti tornerà in cielo il 5 dicembre con un nuovo nome e una nuova compagine sociale che vedrà la partecipazione dell’Irfis, l’istituto finanziario della regione Sicilia, e di un socio della grande distribuzione del Nord Italia. Se non fosse che l’Enac ha dichiarato di non aver ricevuto alcuna richiesta «né per la ripresa delle operazioni né per il rilascio di una nuova licenza e di un nuovo certificato di operatore aereo». Francesco Maiolini, presidente dell’Irfis, ha detto che «se l’operazione andrà in porto, sarà comunque solo dopo le elezioni regionali. E deve essere d’accordo anche l’Unione europea». E la Coop, che si vociferava fosse il socio del Nord, ha smentito ogni suo coinvolgimento nella vicenda. «Sembra sempre di più una mossa elettorale in cui si annuncia un socio importante pronto a mettere dei soldi per far credere alla possibilità di rinascita e rispondere a determinate esigenze politiche», dichiara Andrea Giuricin, professore di Finanza pubblica all’università Bicocca di Milano ed esperto del settore aereo. «Ma se anche fosse tutto vero, la soluzione sarebbe comunque pessima», afferma.

«La regione Sicilia ha dei seri problemi di bilancio e i soldi dei siciliani dovrebbe spenderli meglio. Fa sorridere amaramente questa gestione allegra del denaro dei contribuenti da parte dei politici», afferma Giuricin. «Ed è triste perché il problema Wind Jet è serio: ci sono lavoratori che sono rimasti a casa, passeggeri che hanno perso dei soldi e creditori che non verrebbero ricompensati in maniera equa. Perché – continua – con la nuova società il vantaggio è di Pulvirenti e non dei creditori». L’unica certezza, al momento, è infatti che la società ha depositato al tribunale di Catania la domanda di concordato preventivo. Una mossa che permetterebbe la nascita di una newco in cui il socio maggioritario resterebbe il patron del Calcio Catania, che però lascerebbe i debiti alla vecchia compagnia. Una vicenda che al professore ricorda tanto quella della vecchia Alitalia nel 2008, quando Berlusconi si fece difensore a tutti i costi dell’esistenza di una compagnia di bandiera. «Sembra non si voglia comprendere l’esperienza passata e che si vogliano fare gli stessi errori: far pagare i contribuenti, in questo caso siciliani, per tenere in vita un’azienda che non ha le forze e le capacità. E anche nel 2008 il motivo per cui si optò per la soluzione all’italiana è stato elettorale», spiega.

Eppure l’esperienza lo dimostra: la creazione di compagnie di bandiera regionale non ha dato buoni frutti. È finita con un nulla di fatto per la Meridiana in Sardegna e con il fallimento della compagnia Spanair in Catalogna. «È ridicolo voler mettere una bandiera, che sia sarda, catalana o siciliana a una compagnia aerea – dichiara Giuricin – Avere un vettore di un determinato luogo non vuol dire che si fanno gli interessi di quel posto. In Spagna e in Gran Bretagna non ci sono più i grandi vettori nazionali eppure i loro mercati sono i due che si sono sviluppati di più». L’esperienza insegna quindi che non c’è bisogno di avere una compagnia del luogo, l’importante è avere vettori che facciano gli interessi dei viaggiatori siciliani. «Per questo – per il docente – la soluzione prospettata per la Wind Jet è un modo clientelare e fintamente nazionalistico, campanilistico in questo caso, di gestire la situazione».

La soluzione migliore, secondo Giuricin, è un’altra. «La compagnia è andata male, non ha più le capacità per stare nel mercato – spiega – Si venda allora ciò che le resta all’asta e al miglior prezzo e si utilizzino i soldi per pagare il più possibile i vecchi creditori». Anche in questo caso comunque non ci sarebbero molte speranze per i viaggiatori. Che però avrebbero altri vantaggi. «Con la vendita degli asset si svilupperebbero altre compagnie: Ryanair, Alitalia, EasyJet – dice Giuricin – I collegamenti verranno fatti da altri perché il mercato esiste, quello siciliano è forte e in crescita e le prime rotte nazionali sono proprio quelle verso la Sicilia».

La risposta del mercato, che colma i vuoti e cura se stesso, si sta già realizzando. Meridiana ed Air One hanno aumentato la loro offerta sullo scalo etneo e la Ryanair ha annunciato un piano di sviluppo che prevede altre cinque basi in Italia, tra cui Catania e Comiso. Sulla vicenda dello scalo ragusano  l’esperto ha le idee chiare: «Il gestore è la Sac, la stessa società che gestisce l’aeroporto di Catania e non ha alcun interesse a far sviluppare quello scalo – afferma – Finché l’azionariato rimarrà in mano alla Sac sarà difficile risolvere il problema di un aeroporto pronto ma chiuso». Sull’arrivo di Ryanair nello scalo etneo tutto dipenderà da come sarà gestito. «In linea di massima l’entrata di nuove compagnie è positivo – dice Giuricin – Bisogna vedere poi a quali condizioni. Se a contrattare andranno dei politici incapaci, Ryanair potrebbe spillare loro tanti soldi dei contribuenti». Perché la seconda compagnia europea per numero di passeggeri può diventare una risorsa per lo sviluppo solo se utilizzata bene. «E lo è diventata in molti casi – afferma il professore – In altri, invece, come nel caso di Verona, è stata causa di problemi, perché si è approfittata dell’incapacità dei politici».

Qualcuno potrebbe dire, però, che non si possono guardare solo i numeri e non pensare che far morire la Wind Jet vuol dire abbandonare tanti lavoratori. Gli stessi a cui in questi giorni stanno arrivando i modelli per il pagamento diretto della cassa integrazione ma che ancora non hanno ricevuto un soldo. «Da un punto di vista sociale i lavoratori non vengono tutelati dando sussidi alla compagnia, ma facendoli lavorare in aziende serie ed importanti del trasporto aereo», risponde Giuricin. Caratteristica che la Wind Jet non sembra avere: il bilancio presenta un debito tributario, per ritenute anche nei confronti di dipendenti non versate, di circa 8,2 milioni di euro. E un debito nei confronti dell’Inps di circa otto milioni. «I debiti tributari e con l’Inps fanno capire bene che non è tanto importante da dove venga la compagnia e che si chiami Wind Jet, ciò che conta è che sia seria – conclude Giuricin – e la Regione non mi sembra che abbia esperienza nella gestione di compagnie aeree. Lo Stato in senso ampio non è in grado di fare l’imprenditore».

Agata Pasqualino

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