Wim Wenders e gli odori perduti

«In occasione del decennale dell’istituzione della nostra Facoltà, abbiamo proposto l’assegnazione a Wim Wenders della laurea honoris causa per averci offerto, attraverso le sue opere, immagini di luoghi che, in rapporto all’architettura, mettono in evidenza il “saper vedere” – condizione propedeutica per la realizzazione dell’architettura e per la sua capacità di coinvolgimento»Con queste parole il professore Carlo Truppi, ordinario di Progettazione ambientale della facoltà di Architettura, spiega nel corso della sua laudatio, il motivo della consegna della Laurea specialistica honoris causa in Architettura a Wim Wenders.

A consegnare la pergamena al celebre regista tedesco è stato il rettore Antonino Recca, durante la cerimonia tenutasi sabato 9 ottobre nell’aula magna del Palazzo Centrale. La seduta però si è svolta in una veste più sobria rispetto a quella tradizionale, in segno di lutto per la scomparsa del prof. Giuseppe Dato, preside della facoltà di Architettura, a cui è stato dedicato un minuto di raccoglimento.

Durante la laudatio il prof. Truppi, riguardo all’opera di Wenders, ha affermato: «I suoi film sono radicati in una simbiosi con i luoghi, che sembrano manifestare il desiderio di farsi raccontare, di confidarsi. I personaggi sembrano influenzati dai posti in cui vivono e l’architettura influenza il loro modo di vivere. Con le sue pellicole ci conduce in luoghi che aiutano a “vedere”, a cogliere la realtà». È toccato poi al regista de “Il cielo sopra Berlino” tenere la sua lectio doctoralis.

Wenders comincia raccontando della sua infanzia trascorsa nella Düsseldorf dei tardi anni Cinquanta – dove viveva in un piccolo appartamento in un sobborgo –, del suo primo incontro con l’architettura, dell’arrivo della modernità proprio alla soglia di casa sua, con la costruzione del primo grattacielo di Düsseldorf, della sua prima esperienza all’estero ad Amsterdam e dell’influenza che i pittori olandesi hanno avuto sulla sua formazione. È stato così che ha capito come l’architettura, il design e l’arte potevano cambiare il modo in cui le persone vivono.

Riguardo al presente, il regista ha sottolineato l’importanza della specificità di ogni luogo: «Viaggio molto e per questo ho sviluppato una sensibilità piuttosto acuta. Sono stato in America, in Giappone, Italia, ovunque, ma spesso ho provato una grande delusione. Le città si somigliano tutte, se si entra in un bar di Parigi sembra di essere a New York. Prima le città avevano il loro odore, trasmettevano delle sensazioni e attraverso queste si poteva capire dove ci si trovava. Oggi gli edifici, le macchine, le persone sembrano uguali in tutto il mondo. I posti come Las Vegas rappresentato l’inferno sulla Terra. I luoghi stanno perdendo la loro identità e le persone perdono il senso dei luoghi a causa del progresso». Il regista tedesco ha poi spiegato che «gli architetti non vanno incontro a questa perdita che serve loro per svolgere la loro professione. Essi devono immergersi nel territorio per progettare un edificio, perché questo deve appartenere a quel luogo».

Wenders, infine, ha puntualizzato che il “senso del luogo” è di primaria importanza per i suoi film, le cui trame non sono mai arbitrarie, in quanto non possono svolgersi ovunque, ma solo in determinati luoghi specifici, perché questi non sono mai anonimi, come non lo sono mai le persone. Ed è proprio per questo che gli architetti e i registi dovrebbero allearsi attraverso le loro professioni, perché sono tutti uomini innamorati della Terra e devono impegnarsi per proteggere la specificità dei luoghi.


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