Welcome to Malaga

Premetto che è la seconda volta che scrivo questa pagina, perchè questo computer pazzerello sta sfasando ORA, non fra due minuti, ora.
Ma ok.
Quindi eccomi qui a Malaga. Ce l’ho fatta, sana e salva.
Dal primo momento in cui ho messo piede qui, cioè il 23 settembre, appena fuori dall’aereoporto, ho capito la vertià disarmante: studiare spagnolo per tre anni non sembra essermi servito più di tanto.
Sarà perchè qui parlano a velocità supersonica, sarà perche si mangiano parole intere o pezzi, ma io ho subito cominciato a non capire nulla. E tuttora ho difficoltà ad esprimermi/capire. Anche perche’ in ostello ho parlato piu’ in inglese che altro. Ma ok.
Malaga è una città stupenda, piena di cose da vedere, di gente, di turisti. Chiaro, ci sono anche i pazzi che girano a piede libero, ci sono anche i quartieri poco affidabili. Ma e’ una città assolutamente da vedere.
Stradine che si incrociano al centro, centinaia e centinaia. Strade enormi che si fiancheggiano (ma esiste questo verbo?) e su cui i veicoli procedono con ordine.

Semafori rispettati da tutti, semafori pedonali simpatici con animazione (cioè c’è un omino che, al verde, inizia a camminare, mentre accanto scorrono i secondi che ti restano per attraversare prima che le auto abbiano il diritto di stirarti). E ancora tanto da vedere, davvero tanto.
Ho girato e rigirato, chilometri a piedi, in cerca di una casa.
Ho visto cose che voi umani non avete visto, ma voi fuori sede di sicuro potete capire (stanze senza finestre ragazzi…).
Ma alla fine ce l’ho fatta. Ho una casa. In centro.
Divisa con una mia amica (in doppia), due chicas francesi, un tipo francese anche lui e una ragazza italiana che ancora non conosco.
Sono stata all’università, che è decisamente lontana dal centro, ma è grandiosa. Tipo città universitaria, un edificio per ogni corso. Le lezioni iniziano martedì.
Intanto nient’altro da dire, inutile scrivere che qui ogni sera è festa e ogni sera c’è delirio e panico nelle strade e nelle piazze. Mi sto divertendo tanto.
Io sto bene, grazie.

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Valentina Miraglia

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