Aveva stretto un rapporto di amicizia con un 28enne tunisino per trovare protezione dai datori di lavoro e dai caporali che la ricattavano e la sfruttavano. Trovando però un nuovo carnefice. Le indagini della polizia sono partite dalla denuncia dello stesso giovane che si è rivolto a un'associazione
Vittoria, bracciante rumena abusata e ricattata L’amico la violenta e poi finge un rapimento
Sfruttata a lavoro, pagata 25 euro al giorno per dieci ore, abusata sessualmente. Tradita dall’amico che lei pensava potesse proteggerla. È stata la squadra mobile di Ragusa a mettere fine all’incubo che stava vivendo una donna rumena nelle campagne di Vittoria. La polizia, dopo complesse indagini durante le quali gli agenti si sono finti braccianti agricoli per entrare nel mondo chiuso e ostile delle serre, ha arrestato un uomo tunisino di 28 anni residente a Gela ma domiciliato in un’azienda agricola di Vittoria. Secondo gli investigatori, approfittando del rapporto di amicizia creato con la donna, l’avrebbe violentata sotto la minaccia di una pistola, poi rivelatasi finta. È accusato di atti persecutori.
Le indagini partono su segnalazione di un’associazione che si occupa della tutela dei lavoratori, in particolar modo delle donne, che denuncia la scomparsa di una bracciante rumena. L’associazione aveva ricevuto la notizia proprio dal ragazzo tunisino che si era presentato come amico della donna e sosteneva che probabilmente lei era stata rapita dal suo datore di lavoro. Scattate le intercettazioni telefoniche sui soggetti potenzialmente coinvolti nella vicenda, emerge un quadro molto diverso da quello descritto dal 28enne.
Entrando nelle serre come braccianti agricoli in cerca di lavoro durante le fasi di raccolta delle melanzane, i poliziotti apprendono notizie a proposito della donna e, dopo pochi giorni, riescono a trovarla nascosta a casa di un suo connazionale amico. Sana e salva ma impaurita. Assistita da una psicologa, la giovane racconta la sua storia. Si è trasferita a Vittoria un anno e mezzo fa, invitata da una connazionale. Ma subito le condizioni di vita sono apparse durissime: pagata 25 euro al giorno per dieci ore di lavoro, costretta a dormire in una baracca realizzata all’interno di una serra. Lontana dal centro abitato, tutta la sua vita si svolge all’interno di poche centinaia di metri. La donna è anche vittima di ricatti sessuali da parte dei datori di lavori e dei caporali. Secondo quanto ricostruito dalla polizia, a volte cambia azienda, altre cede. La bracciante avrebbe raccontato di episodi risalenti a più di sei mesi fa, ma senza presentare formale denuncia.
Per sottrarsi alle violenze e ai ricatti, stringe amicizia con un cittadino tunisino, sottolineando di volere rimanere solo amici. Ma l’uomo ben presto chiede di più e una notte, dopo aver bevuto, la violenta dopo averla minacciata con un’arma finta. Infine qualche giorno fa, all’ennesima richiesta di un rapporto sessuale, la donna fugge e viene aiutata da un connazionale. Dove la trova la polizia. Il 28enne tunisino, che nel frattempo si era rivolto all’associazione fingendo un rapimento, scopre la donna e continua a perseguitarla, ad aspettarla nella serra dove lavorava e a telefonarle chiedendole un rapporto sessuale. Fino a quando viene arrestato dagli agenti vicino al luogo di lavoro.