Vincenzo Monti poeta voltagabbana dell’opportunismo?

IN OGNI CASO, LA SUA GRANDE VENA POETICA LO RISCATTA DALLE SUE PESSIME FIGURA IN POLITICA

di Giovanni Albanese

Vincenzo Monti, il poeta voltagabbana dell’opportunismo? Nato in provincia di Ferrara, egli per tempo diede prova di quella sua agile versificazione, che poi sarebbe culminata nelle grandi opere, nelle quali si dimostrò un vero mago della padronanza della lingua e del bello stile.

Adolescente, ancora in seminario, compose la “Visione d’Ezechiello”, traendo spunto dalla poesia e dal dantismo d’Alfonso Varano, allora in voga. Questo poema piacque al Cardinal Scipione Borghese che lo chiamò a Roma.

Divenuto abate – un titolo che allora spettava a tutti quanti, fossero essi sacerdoti o no, soggiornavano nella curia pontificia – egli aderì all’Arcadia.

Nel 1779 un busto di Pericle, reperto a Tivoli, gl’inspirò la vivace ode “La Prosopopea di Pericle”. All’incirca allo stesso torno di tempo risale la spumeggiante e concitata ode al “Signor di Montgolfier”.

Nel 1781 il poemetto “La bellezza dell’Universo”, scritto per le nozze del duca Luigi Braschi, nipote del Papa, con Costanza Falconieri, gli valse la nomina a segretario del summentovato duca.

De’ sentimenti antigallici, conseguenti alla rivoluzione, egli si fece interprete nel poemetto “La Basvilliana”. Sennonché il poemetto doveva finire con la preveduta sconfitta della rivoluzione, e l’autore lo interruppe.

Poco dipoi, l’ondata rivoluzionaria, abbattutasi su Roma, procurò che il Monti passasse al partito Repubblicano e bonapartista. Il triste voltafaccia del poeta fu aggravato da un eccesso di zelo.

Con un’epistola al Salfi, direttore d’un Giornale milanese, egli sconfessò la Bassvilliana e dedicò a Napoleone La Musogonia e ’l Prometeo.

Caduta la Repubblica Cisalpina, nella quale egli aveva pur avuto alcun incarico rilevante, per opera degli Austriaci e de’ Russi, egli si rifugiò a Parigi.

Com’erasi umiliato a’ demagoghi della Cisalpina, così egli adesso si umiliava innanzi a Napoleone.

Un’enfasi, tutta goduta con voluttà, pervade il “ Bardo della selva nera”, nel quale egli aderisce al preromanticismo allora messo in voga massime dalle versioni di Melchiorre Cesarotti delle poesie di Ossian.

Ma ecco che, persuaso che la gloria di Napoleone sarebbe stata transeunte, a Milano egli novellamente agli Austriaci indulse, e nel “Ritorno d’Astrea”– Astrea nella mitologia antica era la Dea della giustizia – tanto svillaneggiò nella polvere Napoleone, quanto prima sull’altare l’aveva osannato e incensato!

Eppure io non sarei incline a giudicare il Monti come un voltagabbana: egli fu un poeta, e alla stregua d’un poeta, non già d’un politico, va valutato. Egli fu il mago della vesificazione.

Nella sua versione dell’Iliade, la più popolare delle sue opere, fece, in endecasillabi sciolti, un ampio uso dell’ipotassi, anziché della paratassi. Gli endecasillabi sciolti della Feroniade sono i più eleganti della letteratura italiana.

Insomma la sua grande poesia lo riscatta dalle sue brutte figure in politica.

 


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