Vangelo 2.0

«Va bene parlare di Gesù Cristo, morto e risorto, ma nemmeno la Chiesa può scappare alle regole della comunicazione». Dal canale Youtube del Vaticano al successo su Facebook del cardinale Crescenzio Sepe, passando per i rapporti con le testate nazionali, comunicare la cristianità è tutto un gioco di equilibrio. Lo sa bene don Davide Milani, capo dell’ufficio comunicazione della Diocesi di Milano e portavoce del cardinale Dionigi Tettamanzi, che ha incontrato ieri gli studenti di giornalismo della scuola Walter Tobagi di Milano.

Modi affabili, linguaggio diretto e Blackberry alla mano, ché «l’Iphone serve a giocare»: è questo il volto della Chiesa che comunica. «Io ho la fortuna di lavorare in un’azienda di cui condivido la filosofia» scherza il sacerdote-giornalista. Perché, proprio come un’azienda, anche l’istituzione ecclesiastica deve ricorrere a strategie comunicative per stare sui giornali e, magari, andare in prima pagina. «La Chiesa non deve comunicare se stessa, ma le sue fondamenta» è la regola dell’arcivescovo Tettamanzi. Pochi eventi e opinioni, molti valori. «Ma non abbiamo un pillolone di Vangelo da fare assumere alla gente, – ha spiegato don Milani – bisogna parlare di cose concrete». Pane, pesci, soldi e malati, insomma. La dura legge dei media vale per tutti e, con un occhio al contenuto, don Milani la presenza su giornali, radio e tv deve anche contarla. E’ il ruolo pubblico della Chiesa di cui tanto si parla, il peso delle sue opinioni presso cittadini e politici, «che in Italia, e soprattutto a Roma, è davvero originale».

Facile comunicare sui propri mezzi: la Chiesa dispone di siti, partecipazioni in televisioni locali, radio recepite ovunque, quotidiani e mensili. Da contrattare con vere doti comunicative è invece il rapporto con i giornalisti esterni. Pane quotidiano per don Milani, che li divide in tre categorie: gli zerbini, «che ti chiedono di suggerire addirittura il titolo»; i “contro” per linea editoriale o per esperienze personali; e i puntigliosi, «quelli che più ti stimolano». Il tutto col rischio costante della sovresposizione, «che soffoca il vero messaggio», il Vangelo.

Come ogni battaglia, a volte si vince e a volte si perde. Due gli esempi su tutti: il “caso Boffo” e le schermaglie con la Lega Nord.

«L’attacco a Dino Boffo è stato un martello, dato in testa a lui come ad altri», commenta il sacerdote-giornalista. Un regolamento di conti che non si è ancora arrestato.
Un successo mediatico per la Chiesa, invece, un famoso e infelice commento di Roberto Calderoli. «Tettamanzi con il suo territorio non c’entra proprio nulla. Sarebbe come mettere un prete mafioso in Sicilia» si era lasciato sfuggire il ministro. Un caso montato dai giornalisti, secondo don Davide Milani, ma che ha visto arrivare al cardinale la solidarietà di molti nemici storici. «Una vittoria comunicativa, senza dubbio, ma che era meglio evitare: così si divide la gente e si isolano nelle parrocchie i simpatizzanti di quel partito», specifica. Capo ufficio stampa sì, ma pur sempre un sacerdote.

C’è poi la svolta digitale della Chiesa, che tanto ha fatto discutere. Youtube e Facebook: un po’ incarnazioni del male, un po’ mezzi per arrivare alla gente. «Non esistono strumenti buoni né cattivi, anche il pulpito non è neutrale» è l’idea di don Milani. L’importante è che il messaggio sia chiaro e calibrato, con la consapevolezza che questo verrà in parte deformato dal canale.

E’ stata proprio la Diocesi di Milano ad avviare per prima l’esperimento: una sorta di video-catechesi tenuta da Tettamanzi – asciutta secondo i tempi di Youtube – per arrivare anche a chi in Chiesa non ci va. Un tentativo poi interrotto, perché «la comunicazione istituzionale su Youtube è cambiata, è più curata. Per noi, che abbiamo iniziato in modo spontaneo, non avrebbe senso creare un messaggio costruito», spiega Milani. Va bene Internet, quindi, ma non a tutti i costi: il messaggio cristiano passa solo se la comunicazione è reale. «Alcuni modi sono anacronistici: se crei un tuo profilo su Facebook, devi poi curarlo personalmente. Non puoi prendere tre persone che rispondano al posto tuo». Una frecciatina a chissà chi.

La Chiesa su Internet dovrebbe così arrivare anche ai giovani. Il problema, però, restano sempre i contenuti: su tutti, la sessualità. E’ qui che l’apertura mentale di Milani, sacerdote e comunicatore, si fa evidente. «La Bibbia è piena di riferimenti sessuali, ma con il passare del tempo, non so perché, è passata un’immagine diversa». Un tema che andrebbe quindi rivalutato, con le dovute distinzioni nelle esperienze. Non parla di sesso libero don Milani, ma della sessualità cristianamente intesa come unione con l’assoluto. Così, un po’ sacerdote un po’ giornalista, sicuramente comunicatore, conclude: «Abbiamo nascosto la cosa più bella al mondo».


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