Vale la pena di investire a Catania?

Il Sole 24 ore arriva a Catania con il suo direttore, Ferruccio de Bortoli, a moderare l’incontro intitolato “Catania tra la riscoperta del mare e le nuove sfide dell’Hi-tech” e che fa parte di un’inchiesta sul territorio curata dal quotidiano milanese.

La conferenza, al Centro Culture Contemporanee Zo,  dove ieri sono intervenuti esponenti dell’Università, dei sindacati e dell’imprenditoria, ha visto anche una massiccia presenza di pubblico catanese (parecchia gente ha dovuto assistere all’incontro in piedi).

 

Centro focale della conferenza è stato in settore imprenditoriale e delle professioni che, apre de Bortoli, “reagisce alla crisi e guarda con fiducia e speranza alle sfide del futuro, grazie anche ad una nuova classe dirigente, composta da giovani ai quali è stato negato troppo a lungo l’accesso”.

Riferendosi in termini più generali al Mezzogiorno, lo stesso direttore parla di “battaglia culturale che dia il senso di quanto si perda a non dare attenzione alle eccellenze del Sud”.

 

Tornando a Catania, Ettore Artioli, vice presidente di Confindustria per il Mezzogiorno, tenta di rispondere ad una domanda fondamentale: “vale la pena investire in questo territorio?”

Assumendo il punto di vista dell’imprenditore siciliano asserisce che “ abbiamo bisogno che il contesto (le istituzioni) comprenda che i tempi per fare impresa non sono quelli di cinque anni fa. Mentre una pratica si smarrisce nei meandri della burocrazia – prosegue Artioli – i rapporti internazionali si sviluppano in tempo reale ed è necessario che la pubblica amministrazione riesca a stare al passo con i tempi ed è anche necessario – conclude – qualcosa di chiaramente competitivo (affiancato alla fiscalità di vantaggio, che è già qualcosa) per rendere più conveniente la produzione in questo territorio”.

 

Il professore Salvatore Nigro, della Scuola Normale Superiore di Pisa, che ha girato per la città negli scorsi giorni per scrivere la “puntata catanese” dell’inchiesta Polis, denuncia un ulteriore aspetto negativo che caratterizza una città che “un tempo vantava una grossa realtà editoriale di livello nazionale”.

 

“Una delle cose che mancano a questa città – prosegue il professore –  è la densità culturale che fa da supporto. Nessuno può aspirare a posizioni di avanguardia senza questa base. Non c’è più un’attività editoriale e tutto ciò impoverisce la cultura e la città stessa, il che è facilmente riscontrabile soprattutto per il centro storico, ricco di beni architettonici ignorati e deturpati. Sembra quasi – conclude Nigro –  che la città tenti di autodistruggersi. L’80% dell’importantissima Biblioteca Regionale è inaccessibile da dieci anni e da oltre 35 anni non c’è una cattedra di Storia dell’Arte all’Università, il che spiega perché ci siano anche delle difficoltà nel far interagire Università e città”.

 

Per fortuna “l’ecatombe” del territorio è mitigata da proposte e progetti, alcuni già in fase di realizzazione, che sono stati esposti alla platea, come il caso della Grid, esposto da Roberto Barbera, professore dell’Università di Catania e dell’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) che presenta il progetto di digitalizzazione del mondo industriale e della ricerca.

 

“La Grid  – spiega Barbera – è una griglia di comunicazione che vede collegati diversi centri di calcolo attraverso una rete che permette la computazione di dati in tempo reale e la possibilità di archiviarne una mole immensa. In Italia la Grid già esiste, ma quella che si sta attuando in Sicilia, grazie anche alla collaborazione degli Atenei di Catania, Palermo e Messina, rappresenta il primo progetto interamente regionale. L’importanza e l’efficacia della Grid, conclude Barbera, “sta nel fatto che si rivolge alla ricerca e anche alle piccole e medie imprese. Esse potranno ricevere in tempo reale il calcolo richiesto, elaborato da quasi 2.000 processori, e potranno usufruire dei dati raccolti collegandosi alla griglia regionale, a sua volta collegata alla griglia nazionale e a quella europea”.

 

Ma il problema non è solo quello del calcolo dei dati, come spiega il professore Barbagallo dello Studio Associato Ingegneri Riuniti, che parla del problema della mobilità indicandolo come “il più grosso problema per lo sviluppo del territorio”. Soprattutto a Catania che “è crocevia di viabilità verso Messina e Palermo, nel centro abitato ci vogliono ore e ore per fare pochi chilometri”. Per Barbagallo quindi “un progetto fondamentale è quello che riguarda la ristrutturazione ferroviaria e i collegamenti tra treni, metropolitane e circumetnea per restituire il mare e il centro cittadino alla città, localizzando le strutture a Bicocca”.

 

Insomma, dall’inchiesta de Il Sole 24 ore e dall’incontro di ieri, al quale ha partecipato anche il Presidente di Confindustria Catania Fabio Scaccia, sono emerse alcune delle problematiche profonde che limitano la voglia e le possibilità di sviluppo di una metropoli imperfetta, che ancora troppo poco riesce a prendere sul serio le proprie potenzialità.

 

Gli esempi positivi certo non mancano, come l’St Microlectronics o la SAT che ha aperto un corridoio privilegiato Catania-Casablanca e, attraverso il suo Amministratore delegato Antonio Puleio, auspica “uno sviluppo che guardi all’Africa, delocalizzando la produzione di prodotti a basso valore aggiunto e mantenendo nel nostro territorio quelli ad alto valore aggiunto” . Non mancano i progetti in fase di realizzazione e le idee, ma forse più di tutto servirebbe, come affermano in chiusura de Bortoli e Nino Milazzo, che “la politica faccia un passo indietro o, meglio, due avanti”.

 

Sono solo chiacchere al vento e buoni propositi? U liotru, che ne ha vite tante e che – se lo guardi fisso – scopri che sorride un po’ come Monna Lisa, resta a guardare.

Michele Spalletta

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