UniPa verso un centro antimafia, l’intervento di Giurisprudenza: «Attenzione alle forme vuote: anche i nazisti parlavano di legalità»

Riceviamo e pubblichiamo l’intervento di Armando Plaia e Aldo Schiavello, rispettivamente direttore ed ex direttore del dipartimento di Giurisprudenza di UniPa, in merito all’articolo del collega Costantino Visconti su MeridioNews.

Gentile Redazione,
abbiamo letto con grande interesse, su questo giornale, le considerazioni del collega Costantino Visconti, direttore del dipartimento di Scienze politiche dell’università di Palermo, in merito all’idea dell’ateneo di Palermo di istituire un Centro dedicato ai temi della criminalità mafiosa e della memoria delle vittime della mafia. Come direttore ed ex-direttore del dipartimento di Giurisprudenza riteniamo doveroso raccogliere le sollecitazioni di Visconti e contribuire al dibattito che porterà, auspicabilmente, alla fondazione del Centro in questione.

In primo luogo, ci sembra importante ribadire che, se non si vuole partire col piede sbagliato, un centro di ateneo su questi temi non possa nascere frettolosamente sull’onda emotiva di un generico e sterile anelito antimafioso sui temi della legalità e della mafia, ma debba essere un progetto culturale e scientifico e, come tale, avere la veste formale di un Centro interdipartimentale di ricerca, che coinvolga, come prevede lo statuto del nostro ateneo, studiosi afferenti a dipartimenti diversi, storici, sociologi, economisti, giuristi e antropologi che a quell’ambito tematico hanno dedicato la loro ricerca e che sono unanimemente riconosciuti come esperti della materia. È bene dunque che il processo di creazione nasca da questi studiosi, ai quali spetta anche alimentare un dibattito che auspicabilmente coinvolga anche le migliori energie culturali e civiche della città. Le imprese che hanno maggiore chance di riuscita sono quelle frutto di un processo bottom up e non top down e questo vale a maggior ragione nel contesto universitario. Molto meglio prendersi del tempo e realizzare una casa con fondamenta solide piuttosto che essere preda della frenesia e esporsi al rischio di crolli repentini.

Anche per questa ragione, venendo al secondo punto, ci sembra convincente la proposta di Costantino Visconti di dedicare il centro in questione alla memoria di Paolo Giaccone, che tra l’altro è stato l’unica vittima di mafia docente dell’ateneo di Palermo. Come si intuisce dalle parole di Visconti, la memoria, se statica e rituale, è il modo migliore per far sì che una vicenda venga dimenticata o, comunque, esaurisca in fretta gli effetti di cambiamento che sarebbe auspicabile producesse. Una targa è fatalmente aggredita dalla polvere e, in breve tempo, viene inglobata dall’arredo urbano. Un centro interdipartimentale è invece un progetto che si alimenta di idee, studio, confronto scientifico e condivisione degli esiti con la società.

Un’ultima considerazione desideriamo dedicarla al valore della legalità, spesso evocato per onorare il sacrificio di persone che, come Paolo Giaccone e pochi altri, non hanno chinato la testa. Come il termine memoria anche legalità va maneggiato con cura. Ci limitiamo a ricordare che se, da un lato, è il valore della legalità ad avere condotto individui come, tra gli altri, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Paolo Giaccone ma anche, ad altre latitudini, Giorgio Ambrosoli alla morte, dall’altro lato è il medesimo valore a essere stato evocato da Adolf Eichmann e dagli altri gerarchi nazisti per giustificare la solerzia e la precisione con cui hanno condotto alla morte milioni di uomini e donne. Noi giuristi sappiamo che, in molti casi, la forma è sostanza. Esistono però delle volte in cui la forma non è altro che l’involucro che ricopre il nulla. Evitiamo che il costituendo centro di ricerca sulla criminalità mafiosa, sulla memoria delle vittime della mafia e sulla legalità faccia questa fine.


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