In occasione dell'incontro dedicato alla Giornata della memoria è stato presentato presso l'ex Monastero dei Benedettini il saggio di Bruno Maida, ricercatore di storia dell'università di Torino. La storia della persecuzione ebraica vista dagli occhi dei bambini considerati di razza ariana. Il volume è servito da spunto per una riflessione sui temi dell'intolleranza e la ricerca del nemico, tra memorie e note storiche. Con un unico monito fornito alla platea: «Non dimenticare gli abomini del nazifascismo»
Unict, presentato La shoah dei bambini Dibattito sulla memoria e l’Olocausto
«Una storia vista dagli occhi dei piccoli italiani educati secondo l’ideologia della diversità, dell’ordine, della paura e della militarizzazione all’interno dei nazi-fascismi». E’ La Shoah dei bambini, volume presentato all’auditorium dell’ex Monastero dei Benedettini e descritto con le parole dello stesso autore Bruno Maida, ricercatore di Storia dell’università degli studi di Torino. Presente al dibattuto insieme ai vertici di Unict e dell’amministrazione etnea, ma anche di numerosi studenti e insegnanti universitari e di scuole superiori. Il libro racconta la persecuzione ebraica tra il 1938 e il 1945. I «sette anni del terrore» analizzati dall’autore, attraverso una prospettiva storica e culturale, nello scritto edito da Einaudi. «Anche i bambini considerati di razza ariana vissero in un clima di colpa – specifica Maida – Isolamento, punizione, espulsione e indebolimento psicologico e materiale, quest’ultimo dovuto alle miserie provocate dalla guerra».
Rosario Mangiameli, ordinario di Storia contemporanea dell’Università di Catania parla di «raffinatezza artistica, storica e intellettuale in uno scritto sulla Shoah che acquisisce un punto di vista particolare», riferendosi alla prospettiva infantile adottata nel libro da Maida. L’incontro per la presentazione del saggio ha fornito lo spunto per un dibattito incentrato sui temi del genocidio, dell’annientamento della cultura, del negazionismo relativo alla persecuzione razziale e dell’importanza dell’istituzione della Giornata della memoria. Il rettore di Unict Giacomo Pignataro ha così aperto i lavori: «Sconfiggere le radici del silenzio e incentivare la memoria è l’obiettivo di iniziative del genere». Dello stesso avviso anche l’assessore comunale etneo alla Cultura Orazio Licandro: «L’istituzione mondiale della Giornata della memoria favorisce una calda riflessione su una delle pagine più brutte della storia del mondo, dell’Europa e dell’Italia. Ma – ammonisce – non deve servire a celebrare le vittime ma a fornire alle nuove generazioni gli strumenti affinché non si ripetano rischi abominevoli come quello che è stato l’Olocausto».
Sul tema dell’istituzione per legge della Giornata della memoria si è espresso anche Mangiameli. «Quando si parla di questo argomento spesso ci si sofferma a ragionare solo sull’Olocausto ebraico – spiega il docente – Ma l’intolleranza e la ricerca del nemico venne attuata dai fascismi e dai nazismi anche nei confronti di altre categorie». Slavi, disabili, soldati dell’Armata rossa, omosessuali, testimoni di Geova, anti-fascisti, rom e partigiani deportati nei campi di concentramento.
A prendere la parola all’interno della discussione è anche Giovanni Strazzulla, direttore dell’Osservatorio astrofisico di Catania. Dopo aver introdotto la figura di Azeglio Bemporad, direttore dell’Osservatorio etneo durante il regime fascista ed allontanato dallo stesso a causa delle sue origini ebraiche, ha commentato gli eventi in questione con un pensiero alla scienza. «Mi viene il freddo soltanto a pensare a cosa è successo durante i regimi nazi-fascisti anche grazie al contributo di alcuni scienziati», ha affermato il fisico. Dopo il ricordo di Bemporad, Mangiameli ha introdotto la figura di Carmelo Salanitro, professore etneo di latino e greco presso il liceo Cutelli durante il regime fascista. «Ha combattuto il terrore e l’orrore del totalitarismo scrivendo bigliettini e infilandoli nelle tasche dei suoi alunni – e prosegue- Ma dopo essere stato denunciato dal preside della scuola venne condannato a diciotto anni di carcere e finì i suoi giorni in un campo di concentramento».