Rosario Castelli insegna Cinema, fotografia e televisione all'università di Catania. Vagando di aula in aula alla ricerca di una abbastanza capiente e dotata di un videoproiettore. O almeno di un computer. Fino a lunedì quando, di fronte all'ennesimo malfunzionamento dell'attrezzatura, minaccia di sospendere le lezioni. Allarme rientrato, ma gli studenti si chiedono: «Non sappiamo dove finiscono le nostre tasse, ma i nostri diritti?». Il professore risponde: «La situazione generale italiana è grave. E oscura anche per noi che ci lavoriamo dentro»
Unict, lezioni di cinema senza proiettore Il docente: «Pochi soldi, troppa burocrazia»
Le attrezzature che non funzionano mai, un docente che minaccia di sospendere le lezioni e gli studenti che si chiedono che fine abbiano fatto i propri diritti. Quella di lunedì, all’università di Catania, è stata una giornata come le altre. Con un lieto fine, che però non riesce a nascondere le difficoltà. «Abbiamo già chiesto dove finissero le nostre tasse, risposta non è stata data; chiediamo ora al nostro professore – e all’intera università degli studi di Catania – perché rinunciate a consegnarci i nostri diritti?», chiede uno studente sul blog Vocidateneo. E la risposta del docente non si fa attendere: «La situazione per fortuna si è risolta e le lezioni riprenderanno il 3 aprile, salvo ulteriori intoppi spiega Rosario Castelli, docente di Cinema, fotografia e televisione del dipartimento di Scienze umanistiche di Catania – Ma la situazione, è vero, è difficile. Ed è diventato tutto molto oscuro e complicato da comprendere anche per noi che ci lavoriamo dentro».
Tutto inizia a mezzogiorno di lunedì 25 marzo quando gli studenti attendono puntuali la loro lezione. Più volte rimandata. «All’inizio il problema era trovare un’aula abbastanza capiente per i circa 200 ragazzi del corso. Un’affluenza non prevista spiega Castelli Poi è diventato difficile, tra le aule con più posti, trovare quelle con l’attrezzatura necessaria funzionante». Un’accoppiata su cui il docente non poteva cedere. «Anche perché insegnamenti come cinema, fotografia e tv non possono prescindere dall’uso di videoproiettori e computer dice – Non posso fare solo una lezione teorica». Ma la fortuna non è dalla sua né lo stato delle strutture di Unict. «Per ovviare al problema ci siamo spostati di aula in aula racconta Castelli Ma, dove un giorno il computer era utilizzabile, quando andavamo noi non funzionava più».
Fino a ieri. Quando alla classe viene affidata l’aula Santo Mazzarino. L’aula magna dell’ex monastero dei Benedettini, sede di lezioni e soprattutto di sedute di laurea. E dove il videoproiettore c’è, ma non funziona. «Di fronte all’ennesima difficoltà ho detto agli studenti che avrei sospeso le lezioni», spiega il professore. Niente abbandono del corso o dell’insegnamento stesso, come capito da alcuni studenti, rassicura Castelli. E nemmeno lezioni in videoconferenza, «come ho detto scherzando, perché sicuramente avremmo meno problemi da casa che a lezione, ma resto convinto che la possibilità di interagire in aula sia il metodo d’insegnamento migliore», sottolinea il docente. Che, intanto, si è già attivato per risolvere la situazione. «Ho subito avvisato il direttore del dipartimento, il professore Carmelo Crimi, che si è già attivato. Ci è stata riservata un’aula dove il vecchio pc, non funzionante, è stato sostituito. Se tutto va bene, il 3 aprile riprenderemo le lezioni, intensificando il calendario per recuperare».
Tutto bene, dunque, ma il lieto fine non era affatto scontato. «La situazione è ormai grave, come quella di molti atenei italiani, dopo le ultime manovre economiche che hanno reso impossibile l’ordinaria amministrazione dell’università. La colpa non è del dipartimento, che vive con un bilancio dimezzato», spiega Castelli. E non può nemmeno disporre in autonomia dei propri scarsi beni. «La centralizzazione amministrativa ha fatto sì che il dipartimento abbia meno autonomia gestionale continua Ogni intervento di manutenzione va segnalato all’ateneo, c’è una burocrazia da rispettare e, se mi permettete di estremizzare, per cambiare una lampadina o una batteria possono passare anche tre settimane». Gli studenti lo sanno benissimo, tanto da essersi proposti di portare un videoproiettore da casa. «Il loro voleva essere un contributo alla soluzione di un problema e questo è lodevole. Ma i ragazzi pagano le tasse per avere un servizio, reclamano giustamente che si svolgano le lezioni, vengono per questo all’università conclude Rosario Castelli Mi sembra assurdo che debbano portare le attrezzature da casa. Se si creasse un precedente del genere, verrebbe leso il diritto allo studio».
[Foto di romecamp2008]