Unict, illegittimo lo statuto voluto da Recca Sentenza del Cga a due anni dal ricorso del Miur

È con una sentenza del 27 febbraio che il consiglio di giustizia amministrativa della Regione Sicilia mette fine alle polemiche sullo statuto dell’università di Catania approvato nel 2011 dall’ex rettore Antonino Recca. E che, sin dal primo momento, aveva causato numerose polemiche nel mondo accademico. Dei 43 articoli che lo componevano, ben 18 erano stati contestati da molti, a partire dal Coordinamento unico d’ateneo passando per illustri giuristi: in sintesi, sostenevano tutti che si sarebbero dati troppi poteri al rettore. Era dello stesso avviso il ministero dell’Università e della ricerca che, contro le modifiche statutarie della vecchia reggenza dell’ateneo, aveva presentato un ricorso al tribunale amministrativo regionale di Sicilia. Era il 2012, l’università guidata da Recca aveva presentato un controricorso e aveva vinto. Le modifiche, quindi, sono andate avanti. L’anno successivo, il Miur aveva impugnato la decisione del Tar e si era appellato al Cga. La cui decisione è arrivata due giorni fa: «Lo statuto dell’università di Catania risulta essere viziato da illegittimità», scrivono i consiglieri. «In quest’occasione possiamo certamente dire che noi l’avevamo detto», dicono dal Coordinamento unico d’ateneo, commentando la sentenza.

Era il 30 novembre 2011 quando Antonino Recca, all’epoca al vertice dell’ateneo catanese, emanava il nuovo statuto che avrebbe dovuto regolare la vita dell’università di Catania. Ma il Miur aveva avanzato alcune obiezioni, contestando quasi la metà degli articoli statutari, sostenendo che fossero in contrasto con i dettami della legge Gelmini sull’università. Ma la nota del ministero non era firmata dal ministro in persona, bensì dal direttore generale Daniele Livon. Tanto bastava per Recca per stabilire che quelle osservazioni non avessero alcuna validità. A confortare il fu magnifico sulla correttezza della sua valutazione era stato il tar di Catania che, il 25 dicembre 2012, aveva rigettato la richiesta di sospensione dello statuto, dando torto al Miur e ragione a UniCt. Nel frattempo, in molti si erano pronunciati sulla carta statutaria etnea: «È indecente, va azzerato», aveva detto il giurista Vincenzo Di Cataldo. Ma il Miur si era appellato al consiglio di giustizia amministrativa. E a marzo 2013 Giacomo Pignataro è stato nominato nuovo rettore dell’università di Catania. E proprio Pignataro, del resto, ben prima di essere eletto, aveva espresso la sua perplessità sull’utilità di un balletto di ricorsi e contro-ricorsi.

È con uno scenario tutto diverso rispetto a quello iniziale che, adesso, arriva la dichiarazione di illegittimità dello Statuto. «Successivamente al mio insediamento, è stato avviato un processo di modifica dello statuto volto, tra l’altro, a intervenire proprio sulle norme contestate dal Miur», afferma oggi, con una nota, Giacomo Pignataro. Il processo di modifica dello statuto si è concluso, secondo l’attuale magnifico, «con una delibera del senato accademico del 30 settembre 2014 che ha approvato in via definitiva le modifiche statutarie: tali modifiche hanno ricevuto l’apprezzamento del ministero». Proprio per merito di questi cambiamenti l’ateneo, secondo il rettore, «risulta oggi tutelato dalle potenziali conseguenze negative sulla propria attività istituzionale». Conseguenze negative come, per esempio, l’azzeramento degli organi d’ateneo

«Francamente, io escludo uno scenario del genere», afferma il giurista Di Cataldo. Il quale, contestualmente, commenta: «Sono lieto, comunque, che si prenda atto di cose che mi sembravano palesi già allora». Uguale soddisfazione espressa anche da Ernesto De Cristofaro, docente del dipartimento di Giurisprudenza e membro del Coordinamento unico d’ateneo: «Capita spesso che una sentenza di primo grado venga ribaltata in secondo grado – spiega De Cristofaro – Noi avevamo detto che quello statuto era illegittimo ben prima che iniziasse il contenzioso. Ma non basta avere ragione, bisogna anche che qualcuno te la dia». Lui, però, al contrario di Di Cataldo e del rettore Pignataro non è certo che le riforme effettuate mettano tutti al riparo dall’azzeramento degli organi d’ateneo: «Queste modifiche, in un certo senso, sono figlie dello statuto vecchio. Non so quanto questo elemento possa essere invalidante, ma non mi sento di escluderlo in toto».


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