«Le istituzioni non riescono a tutelare i beni pubblici e i cittadini cercano di prendersene carico, facendo un lavoro di supplenza che dovrebbe essere riconosciuto». Lo dice Christian Raimo, giornalista, scrittore e docente, che è stato invitato dall'ateneo di Catania a discutere di cultura. Ma non soltanto
Unict, dialogo sui luoghi e sugli spazi cittadini Raimo: «Occupare? Può essere una soluzione»
Un incontro sulla riappropriazione degli spazi e dei luoghi darà il via, oggi alle 11 nell’aula 3 del Palazzo centrale dell’università di Catania, agli eventi di Porte aperte: Unict 2016. Un dialogo – organizzato da Catania Lab (Radio Lab e Radio Zammù) e moderato da Giuseppe Lorenti – con Roberto Alajmo, autore di Palermo è una cipolla e alla guida del teatro Biondo per il quinquennio 2014/18. Ad affiancarlo in Questo posto è nostro – Dialogo sulle città, sarebbe dovuto esserci anche il collega Christian Raimo, giornalista che cura la sezione reportage di Internazionale e coordina il blog collettivo Minima & moralia, costretto a rimanere a Roma per via degli impegni scolastici. Insegna infatti filosofia e storia al liceo classico Dante Alighieri ed è stato trattenuto da scrutini e riunioni prima degli esami di maturità. «Mi dispiace non esserci – dice a MeridioNews – perché quando vado fuori più che raccontare le mie cose ascolto e imparo».
E per affrontare la chiacchierata con il pubblico catanese, Raimo si è informato sulle realtà cittadine più interessanti dal punto di vista artistico, tra cui quella del teatro Coppola, per lui «un caso emblematico di come da una parte le istituzioni non riescano a tutelare i beni pubblici e dall’altra i cittadini cerchino di prendersene carico, facendo un lavoro di supplenza che dovrebbe essere riconosciuto anche a livello istituzionale». Il discorso tocca anche il caso del teatro Stabile, una vicenda seguita dall’esterno dallo scrittore romano, secondo cui a livello nazionale «è stata fatta una legge farlocca che non risponde ai reali bisogni dei teatri, con la conseguenza che invece di aiutarli ad autosostenersi fa sì che debbano piegarsi a logiche di tipo commerciale». Bisognerebbe provare a investire senza aspettarsi un immediato ritorno economico e fare degli stati generali sul teatro coinvolgendone i veri protagonisti. «Forse un’altra legge – aggiunge Raimo – e una soluzione che faciliti tutte le forme di associazionismo culturale e che si impegni non solo a lanciare semplici bandi, ma a dialogare e valorizzare le iniziative dal basso».
A Roma, Milano e in giro per l’Italia, tra la presentazione di un libro e una manifestazione culturale, Christian Raimo vede sempre di più come «i soldi delle politiche culturali siano pochissimi e il welfare culturale, che si traduce in biblioteche e teatri, è ridotto all’osso». A porre rimedio a tutto questo sono sempre più le persone che non ricoprono ruoli istituzionali. Una mossa che può funzionare ma solo «come ponte verso una forma di istituzionalizzazione diversa». Occupare uno spazio può essere un modello temporaneo, soprattutto se non si intravede un riconoscimento futuro. «Nonostante tanti problemi – conclude Raimo facendo un riferimento alla propria città – a Roma ci sono spazi occupati che funzionano benissimo, ma sarebbe giusto che non venissero più considerati illegali, ma recuperati. E non sono così ottimista rispetto a quello che accadrà dopo le elezioni, sia a Roma che altrove».