Ad inaugurare la stagione 2010 di "Librinscena" un'ospite d'eccezione, Daria Bignardi, che mercoledì, all'ex Monastero dei Benedettini di Catania ha presentato il suo primo romanzo, "Non vi lascerò orfani"
«Una storia che si è scritta da sola»
È stato un dialogo tra uno scrittore ed una collega la presentazione di “Non vi lascerò orfani”, prima fatica narrativa della giornalista e conduttrice televisiva Daria Bignardi. All’ex Monastero dei Benedettini, in un Coro di Notte gremito, Pietrangelo Buttafuoco, all’interno della rassegna “Test – Librinscena” organizzata dal Teatro Stabile di Catania in collaborazione con la facoltà di Lettere e Filosofia, ha intervistato un personaggio che con le interviste (ricordiamo “Le invasioni barbariche” e “L’era glaciale”) ha ottenuto alcuni dei più importanti risultati della sua carriera professionale.
Spazio alle emozioni e ad aneddoti autobiografici in un libro che, secondo Buttafuoco, «corre come un film e manifesta tutto il fragore dei veri sentimenti». La storia di una famiglia, quella della Bignardi, appunto, raccontata dopo la morte della madre: «È un libro che è uscito da solo, prepotente e casuale», ha approfondito l’autrice. «Quando perdi una persona cara passi diverse fasi. Prima c’è la mancanza, quell’assenza dura e pesante quasi ti mancasse un braccio, o una gamba. Poi c’è l’innamoramento, la mitizzazione di chi ti ha lasciato. In questo momento della mia esperienza, il direttore del giornale col quale collaboro (Vanity Fair, ndr) mi ha chiesto di scrivere un articolo sugli orfani adulti. Ho cominciato e non ho più smesso, finché non ho finito il mio primo romanzo, anche se di romanzo propriamente detto non si può parlare».
Probabilmente perché un romanzo ha in sé una componente fantasiosa, irreale, «mentre “Non vi lascerò orfani” è tutto verità, è sfacciato», è intervenuto Buttafuoco. È reale l’immagine della stanza vuota in una casa abitata, «stanza che avrebbe dovuto essere di mia madre – ha spiegato la Bignardi – perché speravo che prima o poi sarebbe venuta a vivere con me, anche se sapevo che non avrebbe mai accettato di rinunciare a parte della sua indipendenza».
Così come è reale, e quasi allegra, la descrizione dei fiori finti che non emanano alcun profumo in un cimitero col sole, ed è reale ed allegro ogni pezzo di racconto, perché «schiva la solitudine, e riesce a non essere triste, nonostante tutto». Ma in una realtà in cui è più importante apparire, non è controcorrente raccontare ciò che si è? Non è strano parlare così intimamente di famiglia?
«Proviamo a tradurre la domanda», ha sorriso la Bignardi a Buttafuoco. «Mi stai chiedendo se mi sono resa conto, io, che appartengo ad una certa cultura di sinistra, di aver scritto un libro di destra». Dopo un vivace scambio di battute a sfondo politico (Buttafuoco: «Tu che sei di quelle parti, sai che il fascismo è di sinistra»), s’è arrivati al centro della questione: parlare di famiglia al di là di qualsiasi appannaggio politico.
«Perché famiglia è una bella parola, che non ha niente di politico. E anche per la parola “rispetto” vale lo stesso», ha argomentato la conduttrice. «Per molti anni con quella famiglia di cui parlo ci ho litigato, a causa delle mie scelte. Ma sono sempre rimasta devota. Quando perdi i genitori ti rendi conto che non potrai mai far felice nessuno così come facevi con loro, semplicemente esistendo».
E’ la quotidianità del rapporto di un figlio con un padre ed una madre a dargli calore, a nutrirlo, «e “Non vi lascerò orfani” si riferisce proprio a questo. Io ho perso i miei, ma non mi sento vuota, anzi. Mi sento piena di tutto quello che loro mi hanno lasciato e che io, a mia volta, voglio lasciare ai miei figli». Una sorta di testamento emotivo.