Lo chef del locale palermitano di Moltivolti, con l'aiuto del titolare e tanti amici, è vicino all'obiettivo: arrivare alla somma di diecimila euro per «strappare dal pericolo» sei donne due bambini e due uomini
Una raccolta fondi per realizzare il sogno di Shapoor «Salvare la sua famiglia dal pericolo dell’Afghanistan»
Valentina ha donato 10 euro, Rocco 5, un anonimo invece ne ha versati 350. Ognuno secondo le proprie possibilità con un unico obiettivo: portare la famiglia di Shapoor, lo chef afgano di Moltivolti, a Palermo. Di euro ne servono diecimila tra visti da ottenere, biglietti aerei e spese quotidiane di vitto e alloggio. Sono in dieci: la sorella di Shapoor e i nipoti. Sei donne, due bambini e due uomini. Già in Pakistan, grazie all’intermediazione dell’ambasciata italiana e del comune di Palermo. Tra loro anche un noto giornalista. Sono partiti senza niente, dopo la presa talebana, lasciando un paese in fiamme nell’angoscia di vivere una dittatura sanguinaria.
«Senza tanti soldi, un appoggio politico – spiega Shapoor a Vanity Fair – di qualche ambasciata di un Paese confinante, un pezzo di famiglia pronta ad accoglierti da qualche parte nel mondo e che riesce a inviarti denaro, è impossibile lasciare l’Afghanistan. Noi stiamo procedendo con una regolare richiesta di visti attraverso l’ambasciata italiana in Pakistan e con un regolare ingresso in Europa, acquistando un biglietto aereo. Sarebbe stato impossibile fare tutto questo da solo». A prendere l’iniziativa, senza nemmeno pensarci un po’, il locale per cui Shapoor lavora da più di sette anni: Moltivolti. «Shapoor in quei giorni ci raccontava che la sua famiglia era in estrema difficoltà – spiega Claudio Arestivo, co-fondatore di Moltivolti, a MeridioNews – avevano paura, si nascondevano, lì ci siamo detti “proviamo a fare qualcosa”».
Mohamed Shapoor arriva a Palermo nel 2009. Ex comandante dell’esercito afgano, lascia il suo paese nel lontano 2000. Da Kabul arriva in Pakistan, poi in Turchia, Calabria e, prima di stabilirsi a Palermo, gira anche il nord dello stivale. «Il suo percorso migratorio – racconta Arestivo – lo ha visto cucinare nelle cucine dei paesi che ha dovuto attraversare per arrivare in Italia. Si è pagato il viaggio così: lavorando nelle cucine. Viaggio che poi si è concluso con una traversata in barcone». Uomo dalle mille competenze, Shapoor entra a far parte della squadra di Moltivolti sin da subito come tuttofare. «Ne sa di falegnameria, di elettronica, è veramente un tutto fare – spiega il co-fondatore di Moltivolti – abbiamo colto al balzo la possibilità di assumerlo. È diventato aiuto cuoco e poi negli anni, con un percorso di apprendimento sul campo, chef». A Palermo tantissima gente conosce e stima Shapoor. «È una persona di enorme cuore – spiega Arestivo – sempre disponibile. Negli anni ha coltivato tante relazioni, è sempre disposto a dare una mano su tutto. In tantissimi a Palermo gli vogliono bene».
L’amore sembra corrisposto anche dal cuoco di Moltivolti, che ammette: «Io ho deciso di restare a Palermo per Moltivolti. Senza, la mia vita non sarebbe la stessa. Qui ho trovato una casa e una famiglia. il calore di questa città con chi è diverso o ha bisogno di un aiuto è grandissimo. Ballarò e il centro storico sono dei luoghi in cui l’integrazione multiculturale esiste davvero e non solo a parole». Non sono solo parole, e a dimostrarlo è la partecipazione alla raccolta fondi, che ad oggi conta oltre mille condivisioni. Manca veramente poco al raggiungimento della somma prevista. «Con l’entrata dei talebani le nostre televisioni sono state invase di immagini terribili – osserva il co-fondatore di Moltivolti – tutti noi siamo rimasti colpiti. Adesso, oltre che piangere per la tragedia, possiamo fare qualcosa di concreto, in questo momento possiamo strappare dieci persone dal pericolo». Un gesto concreto, attivo, quello richiesto a chi manifesta sensibilità per il tema. «C‘è bisogno che le singole persone si attivino, anche con poco – conclude Arestivo – in questo momento con cinque euro si ha la possibilità di mettere in salvo delle persone».