Sono trascorsi 40 giorni dall’inizio del conflitto in Ucraina e non ho capito se è un argomento capace di smuovere ancora il nostro interesse, se contestualmente abbiamo maturato giusta consapevolezza sugli altri conflitti disseminati per il mondo o se, alla fine, abbiamo derubricato tutto tra le cose non essenziali rispetto all’urgenza di vivere.
Vale anche il metodo dottor Grant di Jurassic Park: se non ti muovi, non ti vedono.
Funziona con tutto, oltre ai T-Rex. Se qualcosa non sa che esisti come potrebbe mai venirti
a trovare? E, all’inverso: se una cosa non la consideri, perché preoccuparsene? Certo
sarebbe bello vivere nella bolla dell’hic et nunc senza preoccuparsi troppo di cose su cui non
è possibile avere un diretto controllo. Ci pensavo proprio ieri, mentre la home di Facebook
mi restituiva le immagini di due ragazzi ritratti il giorno delle loro nozze, tra i palazzi
sventrati e le macerie della città di Kharkiv. Indossano entrambi un chiodo e hanno i capelli
rasati ma lei ha una corona di fiori in testa a cui è attaccato un piccolo velo da sposa; il
fotografo ha cannato qualsiasi regola della composizione estetica e normalmente ci
troveremmo davanti a foto trash da meme sui social se non fosse che, in mezzo, c’è la
guerra e tutto assume una nota grottesca.
Io scrivo sempre da Palazzolo Acreide, Comune di poco più di ottomila abitanti in provincia
di Siracusa che dista esattamente 3710 km da Kharkiv; 3867,4 chilometri da Mosca e una distanza
incalcolabile per Google maps da Washington Dc. Con i miei soci, quasi tre anni fa,
abbiamo avviato una cooperativa di comunità per defibrillare i territori delle aree interne
dall’apatia e abbandono di cui spesso sono vittime e, da qualche mese, gestiamo un centro
culturale nella piazza centrale del paese; si chiama Spazio San Sebastiano dal nome della
parrocchia che ce lo ha affidato e che è compagna in questa avventura. Domenica
prossima, alle 17 del 10 aprile, ci apprestiamo ad inaugurare la prima mostra che
accogliamo; una fortuita congiunzione astrale ci permette di ospitare per diversi mesi il
Miserere del pittore espressionista George Rouault, opera considerata il suo testamento
morale, ispirata dalle urgenze emerse con la Grande Guerra.
Quando abbiamo chiesto il
prestito alla Cittadella della Pro Civitate Christiana d’Assisi – galleria d’arte nota per
accogliere opere contemporanee dedicate al soggetto sacro – la guerra in Ucraina non era
nemmeno nella mente di Dio; oggi, si rivela una scelta molto pertinente al contesto in cui
viviamo. Le 58 tavole in cui è suddivisa la mostra, raccontano i dolori antichi di tutta
l’umanità ma, nonostante la crudezza delle immagini, da quando si è aperto il cantiere dei
lavori per l’allestimento museale, abbiamo potuto assistere ad un piccolo miracolo che si
rinnova ogni giorno in vista dell’apertura: l’operoso aiuto che ci arriva, spontaneo, da tante
parti della comunità per donare al territorio una mostra di livello internazionale.
È
incredibile che, a questa speranza di futuro, contribuisca un’opera che parla di sentimenti
così opposti.
Mi chiedo se, al giro di giostra del taglio del nastro, chiunque verrà a visitare la mostra sarà
in grado di cogliere, dietro all’umanità afflitta ritratta da George Rouault, l’affetto maturato
dal donarsi aiuto reciproco; se da qualche parte, all’interno dello spazio, resterà l’eco di tutte
le parole di incoraggiamento di cui avevamo bisogno o l’entusiasmo esploso dall’essere riusciti a mettere in piedi – finalmente! – delle pesantissime strutture autoportanti. Se un
luogo e delle persone animate da buone intenzioni possano essere di per sé sufficienti a far
sentire comodi i fruitori lenendo, anche solo momentaneamente, tutti i conflitti che ci portiamo silenziosamente dentro. E se, alla fine, i ringraziamenti di rito, non suoneranno
come un’arida formalità ma riusciranno ad avere il suono di una luminosa dichiarazione
d’amore verso un territorio a cui vorremmo donare ali grandi per spiccare il volo.
E mi pare di averla davanti a me la coppia di Kharkiv, camminano mano nella mano lungo
il percorso museale, lei con la sua corona di fiori in testa e il piccolo velo da sposa; quanto
sarebbe bello potere rendere giustizia al loro giorno, senza detriti e macerie, confinando la
guerra dentro una cornice, ricordo di una cosa passata che non accadrà mai più. E mi scuso
per la vena romantica da cui mi sono lasciata prendere ma, forse, i buoni sentimenti sono
l’unico scudo che possiamo alzare per difenderci da tutte le brutture del mondo.
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