Una chiesa per sperare

San Giovanni Galermo – “Lo scheletro è già pronto”, dice padre Giuseppe alzando un po’ il tono, quasi con fierezza, poi continua dicendoci: ”Ma abbiamo ancora un bel po’ da lavorare”. Sono state queste le sue parole più tranquille, forse il pensiero lo ha fatto rallegrare un attimo, e per un attimo ci ha parlato con più voglia, nonostante i suoi mille impegni sull’organizzazione della parrocchia e sulla preparazione della Pasqua. Va sempre di fretta Don Giuseppe Catalfo, si aggira per il quartiere senza fermarsi un secondo, sempre a disposizione di chi ha bisogno, forse perché sa che qui a San Giovanni Galermo molta gente ha bisogno di lui.

San Giovanni Galermo è un grande quartiere periferico, più o meno a mezz’ora di strada dal centro di Catania, che parte dalla via Galermo, una delle traverse della Circonvallazione, e continua salendo fino al confine con San Pietro Clarenza da un lato, Mascalucia e Gravina dall’altro. Un quartiere pieno di stradine, strade disastrate dove i lavori in corso sembrano non finire mai. Prima di arrivarci lunghi stradoni con macchine tranquillamente in fila. Nel cuore del quartiere, invece, le strade si restringono sempre più, motorini sfrecciano ovunque, un po’ per la fretta, un po’ per capriccio, perché qui non tutti amano rispettare le regole. “Qui è un mondo a parte, non è brutto starci, devi solo adattarti”, ci dice Rosy, una ragazza della zona, di 23 anni, alla moda e con un atteggiamento fiero di sé, tipico di qua. Mentre Antonio, 22, ci racconta: “A noi piace fare a gara con i motorini, oppure riunirci nelle piazzette con la comitiva, per farci quattro risate e stare un po’ insieme”: lo raccontano così “il loro mondo” i ragazzi del quartiere.

La signora Assunta R., 54 anni, invece ci dice preoccupata: “Bisognerebbe dare una bella sistemata a questi giovani, che fanno chiasso in continuazione e corrono e suonano con questi motorini dalla mattina alla sera. Non c’è un attimo di pace!”. In realtà qualcuno sta già facendo qualcosa, ma ancora non tutto il quartiere è al corrente di quello che padre Giuseppe, nel suo piccolo, ha in mente di realizzare per tutti. Lui dirige la piccola Chiesa Madre di San Giovanni Galermo, ma tempo fa si è adoperato per realizzare un progetto che ormai per lui e per tutti sembra paradossalmente vicino. “Verso la fine del 2008 dovrebbe essere già disponibile” dice mentre ride fiero. Il suo progetto è costruire una chiesa ben più grande della sua parrocchia, che possa ospitare molta più gente e possa invogliare, perciò, più persone possibile a venire. Padre Giuseppe ci parla di 700 posti. Non è lontana dalla chiesa Madre, ma la si trova con un po’ di difficoltà perché è internata tra grandi palazzi. Nel cuore del quartiere, circondato da case popolari da un lato e villini di proprietà dall’altro, c’era un grande terreno inutilizzato, ma nessuno immaginava che sarebbe stato la base della nuova chiesa. “Percorrendo la via Immacolata la si intravede”, ci dice ancora padre Giuseppe. Dall’esterno si vede che ancora una parte mostra i suoi mattoni, mentre la facciata principale sembra quasi completa. Ha una forma triangolare, con quattro pilastri di vetro a sinistra della facciata principale e tutto il resto è simile a una grande casa, semplice ed accogliente. Sicuramente più illuminata e più spaziosa della Chiesa Madre. Ma ancora c’è tanto da fare. Giace lì ancora spoglia tra tante erbacce, in quel terriccio che quando piove è solo fango, lo stesso a cui da sempre è abituata la gente di qua, che vive in condizioni non proprio ottimali.

Lo stesso fango che troviamo anche in un’altra piazzetta poco più avanti della chiesa Madre, la cosiddetta ‘‘piazza della Madonnina’’, dove fanno capolinea gli autobus, luogo di ritrovo dei ragazzini, da anni trascurata, con delle buche sull’asfalto ormai troppo evidenti e una vera e propria fognatura a cielo aperto, per le quali i “sangiovannoti” hanno già protestato più volte al Sindaco. Sono queste e molte altre le condizioni in cui crescono i bambini, soprattutto quelli che abitano nelle case popolari, come in via Androne o nelle Balatelle, le zone meno agiate del quartiere, dove questi bambini giocano per strada già dai 6-7 anni e non sempre vivono un’infanzia comune a tutti i loro coetanei, vengono a contatto molto precocemente con i vizi e i difetti dei più grandi e ne escono fuori, a volte, delle babygangs o dei piccoli spacciatori, come quel diciassettenne che il 23 marzo scorso è stato arrestato proprio davanti al sagrato della chiesa Madre, in flagranza di reato mentre riforniva di marijuana un quattordicenne e un altro diciassettenne.

Le mamme del quartiere restano sconvolte a queste notizie, ma sanno bene che questa realtà, qui a San Giovanni Galermo, è storia di ogni giorno. Ma padre Giuseppe ha pensato anche a questi ragazzi, soprattutto ai più giovani ed è per loro che nella nuova chiesa sta inserendo delle attrezzature sportive, la prima delle quali è già in funzione, cioè il campetto di calcio, diventato in poco tempo un punto di riferimento per i ragazzini “che vengono ogni giorno a bussare alla mia porta per chiedermi le chiavi del campetto”, ci dice il parroco. Per il resto, i servizi e le strutture aggiuntive, dovremmo solo aspettare, continua a dirci, “stiamo lavorando per tutti, per risollevare San Giovanni Galermo, per attirare l’attenzione di più gente possibile della zona”.

Corre di nuovo ai suoi impegni e non ci dice nient’altro. E’ l’unico organizzatore del progetto e deve gestire i mille incontri con il geometra, con l’architetto, deve celebrare le sue Messe in chiesa Madre e organizzare gli esercizi spirituali in vista della Pasqua. “Siamo impegnati tutti in questo progetto, più lavoriamo e prima finiamo, e per realizzare tutto ciò l’Assessorato ai lavori pubblici si occupa del finanziamento, e in minima parte contribuiscono anche i nostri parrocchiani, che hanno molto a cuore la realizzazione del progetto, dando versamenti liberi, in base alle loro possibilità”.

Queste le sue ultime parole e poi ci congeda. Ragazzini, signore, professionisti ed enti pubblici: sono tutti alle prese con la realizzazione di questa chiesa, tutti uniti nell’intento di sollevare un quartiere che da troppo tempo vive ormai nell’ombra dell’isolamento dal resto della città, che soffre più che la distanza materiale quella mentale, dal centro di Catania. Le difficoltà economiche e sociali qui sono all’ordine del giorno, lo si vede dai bambini che crescono per strada, che seguono cattive compagnie e abbandonano presto la scuola, lo si vede dagli adulti che spesso senza lavoro sono costretti a sbagliare credendo di poter risolvere i loro problemi. Tanti bisogni, poca gente disponibile, un solo prete, che si divide in quattro per riuscire ad aiutare chi può.

Debora Di Sano

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