La proposta è arrivata ieri sul tavolo della Regione, che si riserva il diritto di effettuare altre audizioni. Intanto c'è l'Ok di Invitalia, che si è detta disponibile a svolgere un ruolo di accompagnamento al progetto
Un polo tecnologico nell’area Blutec di Termini Imerese Un Investimento complessivo di oltre 200 milioni di euro
L’ennesima nuova vita per l’ex Fiat di Termini Imerese? Palazzo d’Orleans ci spera. Arriva all’esame della Regione siciliana il Progetto Sud, che punta a creare un polo tecnologico nell’area Blutec di Termini Imerese. Ieri la commissione Attività produttive dell’Assemblea regionale siciliana ha ascoltato in audizione il consorzio Smart City Group, rappresentato dal presidente Giancarlo Longhi.
Al centro dei lavori proprio il Progetto Sud – Smart Utility District, già presentato all’amministrazione straordinaria Blutec Spa e al ministero dello Sviluppo economico. Allo stato attuale la proposta vede un investimento complessivo di oltre 200 milioni di euro per i 18 progetti previsti da parte di oltre 20 imprese, tutte italiane. «Ciò consentirà di rilanciare l’intero territorio e di assicurare l’occupazione necessaria per risolvere l’annosa questione del personale in cassa integrazione», spiegano dal Consorzio Smart City Group.
Il progetto del distretto tecnologico Sud intende essere «inclusivo e aperto al sistema d’impresa che opera nell’economia circolare e nell’implementazione delle nuove tecnologie a servizio del cittadino. In un recente incontro di Scg con lo Sviluppo Economico, l’amministrazione straordinaria Blutec e Invitalia è emersa la disponibilità di Invitalia a svolgere un ruolo di accompagnamento al progetto».
La commissione si è riservata di effettuare a breve altre audizioni sia per approfondire i contenuti del progetto sia per coinvolgere i diversi responsabili a livello regionale e locale interessati alle attività del distretto. Il vicepresidente del consorzio, Stefano Rolando, ha sottolineato «la necessità e l’urgenza di procedere alla risoluzione della crisi, che costituisce, ormai da dieci anni, un importante problema occupazionale, ma anche economico e sociale del nostro Paese».